Musica dei versi

“Vorrei entrare nella musica dei miei versi e tenere le parole nel loro stato di nascita.” Lo scrive Mariangela Gualtieri, poeta e drammaturga che abbiamo incontrato a Roma al Teatro India in occasione dello spettacolo Misterioso concerto trio, scritto dalla Gualtieri per la regia di Cesare Ronconi.

Il video dell’intervista a Mariangela Gualtieri

Mariangela, parliamo di questo spettacolo, Misterioso Concerto Trio. Sulla scena siete in tre…
Si, la parola la porto io, da sola. Poi c’è un pianista, Dario Giovannini, che è anche un compositore ed ha composto parti delle musiche di questo Misterioso Concerto e Munia Mussie, una danzatrice che lavora con il Teatro Valdoca da molti anni, che apre questo spettacolo con un urlo, che come metafora è molto potente… porta immediatamente la Natura dentro la scena.

Senza polvere e senza peso. Parliamo di questo titolo…
E’ il verso di una poesia. E’ quasi un augurio. Io vorrei che la mia parola, specialmente quella che porto in teatro, non avesse la polvere e il peso che a volte ha la letteratura. La scena, ma anche la poesia stessa, dovrebbe incendiare la letteratura, e, come dice Mario Luzi, annientare la letteratura e inaugurare lo spirito.

Fuoco centrale, invece, è il libro pubblicato da Nicola Crocetti…
Fuoco centrale è un titolo largo. Ha dentro il falò, il faro, il fuoco dell’obiettivo, il fuoco delle lenti… E infatti, è stato molto difficile tradurlo in inglese. L’inglese per ognuno di questi termini ha una parola precisa, invece l’italiano ha questa bellezza, che lascia aperte tutte le immagini. Nella poesia non è che ti poni degli obiettivi e neppure parti con una volontà.
La poesia è un atto di estrema accoglienza e di completa attenzione e quindi quello che arrivato, io l’ho accolto e Fuoco centrale, in particolare, raccoglie tutti i testi scritti per il teatro. Invece, Senza polvere e senza peso che percorre lo stesso periodo, raccoglie testi diversi, che ho scritto per conto mio, lontana dalla scena.”

Qual è l’obiettivo che si propone con la spettacolarizzazione della poesia?
La poesia ha una parte razionale, che arriva alla mente, all’intelletto e questa parte la cogliamo nella lettura silenziosa. Poi però la poesia in quanto musica, ha una parte melodica e ritmica che viene data pienamente solo nell’oralità. Io penso la poesia come uno spartito musicale, e a un certo punto questo spartito vuole essere cantato, pronunciato… e quando tu lo pronunci, la melodia e la ritmica vengono date correttamente. Ecco che la poesia parla ad altre parti di noi, che non sono solo la comprensione individuale. Parla al nostro cuore, a parti più profonde, più interiori, e muove, la commozione, la comprensione. Comprensione che è anche una comprensione del corpo, dello spirito e dell’anima. Parole molto logore. Le butto lì perché non ne possiamo fare a meno. Però, insomma, la poesia parla a qualcosa di noi che noi non sappiamo definire con precisione. Quindi, penso che il teatro sia un luogo perfetto per la poesia perché è anche data alla poesia una coralità che la ascolta. E l’attenzione, l’ascolto del pubblico, entrano, fanno parte anch’essi del concerto.

Parliamo ora della voce di Mariangela Gualtieri. C’è un registro particolare nella sua voce quando legge i suoi versi…
Mi sembra che la mia voce basculi tra infanzia e vecchiaia, forse manca dei toni intermedi, ma io stessa mi sento così… a volte neonata, a volte molto vecchia. La voce rispecchia questo mio modo di sentirmi. C’è un grande lavoro che ho fatto con Cesare Ronconi sulla voce e anche con il nostro fonico. Ma è sempre un lavoro di spoliazione, di denudamento, non è mai un lavoro di costruzione o di aggiunta. La voce, come le nostre facce, ha innumerevoli maschere, tutte le maschere che noi ci mettiamo per funzionare – o per credere di farlo – nella vita. Quindi, poiché anche la voce assume queste maschere, quando leggo versi davanti a un microfono cerco di togliermi la maschera per arrivare alla filigrana, alla velatura nuda, della voce.

“Io che mi faccio ferire” (intervista a Cesare Ronconi di L. Sorrentino
)

“Che diremo a quelli che nascono ora? Che scusa troviamo per questo disastro umano?” E’ la prima domanda che si pone l’Oracolo in “Paesaggio con fratello rotto”, lo spettacolo scritto da Mariangela Gualtieri e diretto da Cesare Ronconi. Il regista e scenografo, formatosi alla scuola di Kantor e di Grotowski, in una impennata creativa realizza con Mariangela Gualtieri un’opera di ampio respiro. Una trilogia: “Fango che diventa luce”, “Canto di ferro”, “A chi esita”. Al centro di questi paesaggi sta il fratello rotto, ovvero un’umanità contraddittoria che è a un tempo vittima e carnefice, che dà la ferita e la guarigione.

Il testo di Mariangela Gualtieri, pubblicato da Luca Sossella Editore con dvd dello spettacolo incluso, è ricco di riflessioni, esortazioni, visioni. Nace dal vivo delle prove e si lascia guidare dalla forza creativa di Cesare Ronconi. Un sodalizio artistico, quello tra Ronconi e la Gualtieri, nato nel 1979, con la fondazione del Teatro della Valdoca, presente fin dalle origini, sulla scena internazionale. Caratteristica degli spettacoli della compagnia della Valdoca è la cifra poetica, molto forte. In quest’opera, in particolare, c’è il ritratto, l’istantanea, di un dolore che sembra riguardare soprattutto l’Occidente. (ls)

(tratta da Fuoco centrale)
Io sono spaccata, io sono nel passato prossimo,
io sono sempre cinque minuti fa,
il mio dire è fallimentare,
io non sono mai tutta, mai tutta, io appartengo
all’essere e non lo so dire, non lo so dire,
io appartengo e non lo so dire, non lo so dire,
io appartengo all’essere, all’essere e non lo so dire
io sono senza aggettivi, io sono senza predicati,
io indebolisco la sintassi, io consumo le parole,
io non ho parole pregnanti, io non ho parole
cangianti, io non ho parole mutevoli,
io non disarticolo, non ho parole perturbanti,
io non ho abbastanza parole, le parole mi si
consumano, io non ho parole che svelino, io non ho
parole che riposino,
io non ho mai parole abbastanza, mai abbastanza
parole, mai abbastanza parole
ho solo parole correnti, ho solo parole serie,
ho solo parole di mercato, ho solo parole
fallimentari, ho solo parole deludenti,
ho solo parole che mi deludono,
le mie parole mi deludono, sempre mi deludono
sempre sempre mi deludono, sempre mi mancano

io non sono mai tutta, mai tutta, io appartengo
all’essere e non lo so dire, non lo so dire, io
appartengo e non lo so dire, non lo so dire,
io appartengo all’essere, all’essere e non lo so dire

oh! ascolto!
oh! pazienza dell’udire!
oh! udire! udire!
oh! totalità!
oh! parola piena!
oh! perdita!
oh! perdita che mi caratterizzi!
oh! solitudine da cui parlo!
oh! essere! oh! esserci!
oh! cosa che non ti consumi!
oh! il tutto che ho dimenticato!
oh! discorso che non puoi essere tradito!
oh! discorso che non puoi essere tramandato!
oh! discorso che non puoi essere articolato!
oh! sapere! oh! verità!
oh! cangiante, tu, mutevole, tu sempre incinta!
oh! intelligenza dei sentimenti!
oh! il mondo della vita!

 

Bibliografia sintetica
Antenata (Milano 1992),
Fuoco Centrale (Bologna 1995);
Nessuno ma tornano (Cosenza 1995);
Sue Dimore (Roma 1996);
Nei Leoni e nei Lupi (Bologna 1996);
Nessuno ma tornano, con Cesare Ronconi, Centro Editoriale e Librario, 1995;
Chioma, Teatro della Valdoca, 2000;
Parsifal, Teatro della Valdoca, 2000;
Fuoco centrale e altre poesie per il teatro, Einaudi, 2003;
Senza polvere senza peso, Einaudi, 2006.

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