Eugenio De Signoribus ci aveva lasciato, nell’interlocutorio finale delle Poesie (1976-2007), davanti alle figurazioni delle Soste ai margini: figurazioni che mostravano uno stato di scorata paralisi («nell’acqua crescente e rognicosa / che immelma e strema») e di disperante alienazione dell’io e della lingua («sarei straniero a me come alla lingua / esterna e sfilacciosa»), ma che persistevano, anche, in un appello affratellante («qui vi vorrei, o rari comitanti, / uguali nel pulsìo della verità»), e volgevano infine quella stasi in un tempo dell’attesa («nella sosta sei scalzo e ti raccogli / nuda la nuca, vivi una vigilia»). Continua a leggere
Eugenio De Signoribus, Trinità dell’esodo
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