POESIA, TUTTI I VINCITORI DEL XIV CONCORSO INTERNAZIONALE DI POESIA E TEATRO “CASTELLO DI DUINO”

Duino, 11-24 marzo
Tre ex-aequo per il primo premio, che va al nigeriano Chinua Ezenwa-Ohaeto, alla sudafricana Sarah Lubala e al messicano Alan Bojórquez Mendoza. Vola in Messico anche il secondo premio, vinto da Daniel Alberto Pérez Segura. Terzo premio alla croata Ines Kosturin. Premio speciale della giuria all’ucraina Yuliia Kozhukhovska. Quasi mille gli autori che hanno partecipato alla più importante competizione letteraria internazionale per giovani autori, patrocinata dalla Commissione Nazionale UNESCO dal 2009.

Sono arrivate da 57 diversi Paesi, scritte in un caleidoscopio di lingue, le poesie che hanno partecipato quest’anno al XIV Concorso Internazionale di Poesia e Teatro Castello di Duino, la più importante competizione letteraria internazionale per giovani autori dello Stivale, che la Commissione Nazionale Unesco patrocina dal 2009. Anche quest’anno i lavori della giuria, di carattere internazionale e composta da poeti, critici e docenti di letterature comparate, hanno richiesto alcuni mesi, perché peculiarità del concorso è di valutare tutti i testi in lingua originale. Ai giovani poeti è stato chiesto di ispirarsi al tema di quest’anno: “Home/Casa”, intesa come luogo fisico o metaforico da cui si parte e a cui si ritorna, il proprio paese, la “patria”, ma anche un rifugio dell’anima, insieme di memorie, consuetudini, affetti. La competizione è riservata ai poeti fino ai 30 anni di età, con una graduatoria speciale per i giovanissimi, una sezione per le scuole e una sezione teatrale.

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Luigi Trucillo “Altre amorose”


La struttura dell’aria

 

La vita non vissuta,
desiderata
amata,
scoccata come una freccia
che centra l’inafferrabilità del lieto fine
è fatta di immagini e parole
molto più che di esperienza,
con alcune eccezioni
piene di comò e cassetti
che ogni tanto si aprono
e ci trovano
poggiati nella struttura dell’aria.

 

Davanti al tuo numero di telefono

Di notte
i corpi soli brulicano
senza interferenze,
e il tuo numero di telefono
affonda dentro le dita
che non si toccano.
Ma poi la tua assenza incombente
diventa un formichiere
che mi succhia dal petto
il brulichio delle cifre
come una moltitudine
del niente.

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La poesia è la migliore via per risolvere le tensioni

L’intervista a Tony Harrison di Tommaso Giartosio è presente nella sezione “Realtà migrante di Poesia del nostro tempo”, l’annuario di poesia 2016 della rivista Argo.

Confini è un libro a più voci, alcune delle quali migranti: Violeta Medina (Cile), Azam Bahrami (Iran), El Rass (Libano), Mohammed Amraoui (Marocco), Mario Bojorquez (Messico), Nataša Sardžoska (Macedonia), Christopher Whyte (Scozia), Lukman Derky (Siria), Selahattin Yolgiden (Turchia).

Intervista a Tony Harrison di Tommaso Giartosio

In occasione dell’undicesima edizione del festival “La punta della lingua”, la trasmissione di Radio 3 “Fahrenheit” ha ospitato, in collegamento telefonico dagli studi Rai di Ancona, il poeta inglese Tony Harrison, accompagnato dal suo traduttore, nonché scrittore e regista teatrale, Giovanni Greco, e dal codirettore artistico del festival, Valerio Cuccaroni.

Per gentile concessione dell’autore, del traduttore, di Rai Radio 3 e di Tommaso Giartosio, conduttore della trasmissione e scrittore, riproduciamo di seguito la conversazione andata in onda martedì 21 giugno scorso.

http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-0e4e8212-b77a-44e9-a9c6-08a9f100c7a6.html

Tommaso Giartosio (TG): Harrison è un autore, credo, non ancora abbastanza noto al pubblico italiano, ma di grande fama internazionale. Poeta e drammaturgo britannico, nato a Leeds nel 1937, proviene dallo Yorkshire, zona industriale e mineraria dell’Inghilterra, e ha contribuito a portare con la sua voce l’esperienza dei ceti bassi nell’atmosfera a volte asfittica della letteratura inglese. È un linguaggio misto quello che usa Harrison, spesso basso e gergale, ma accoppiato con forme poetiche della tradizione letteraria non solo inglese, con riferimenti colti. Spesso, anche parlando molto di frequente di temi legati ai drammi del mondo contemporaneo – la guerra in Iraq, i disastri ecologici, lotte sociali come quelle dei minatori inglesi negli anni Ottanta, la bomba atomica –, usa un linguaggio forte, che desta scandalo, ma al tempo stesso mantiene una grande attenzione alle forme della tradizione greca e latina, oltre che inglese.
Riguardo al rapporto con i classici, vorrei chiedere a Harrison se li considera un reagente che fa emergere per contrasto il grottesco contemporaneo oppure sono loro stessi un esempio di grottesco, come per esempio Plauto.

Tony Harrison (TH): Cerco di occupare le forme classiche, non mi faccio schiacciare: prendo le forme classiche e con queste leggo la contemporaneità. Continua a leggere

Isabella Leardini, “Una stagione d’aria”

Sono nata a pugni chiusi
e a pugni chiusi
rimango a fare muro alle stagioni.
Vorrei poter andare via con l’aria
come i turisti che sciamano leggeri
dentro la sera ferma dell’estate.
Ma stringo sempre meno, tra i capelli
raccolgo tutta l’acqua che non piove
e quando i fuochi impazzano mi pianto
contro le linee accese dei destini
come l’ultimo boato senza luce.

*

Sono quella che rimane a letto
dentro un buio di parole buie.
Mi aspettavo di trasfigurarmi
in un sorriso tanto perfetto
che forse non sarebbe stato mio.
Come si amano le ragazze strane?
Come uccelli che non scendono a patti
con il respiro fermo della terra.
Eppure non vorremmo nient’altro
che un passo più certo e banale.
Perché a noi tocca soltanto
di attraversarla tutta in un gemito
l’elettricità suprema dell’aria?
Quando spacca il cielo e il fiato in un richiamo
“prendimi”
stravolto e mai creduto. Continua a leggere

Marisa Caselli & Anita Fox

A Napoli, lo Studio49 VideoArte apre il suo spazio alla mostra “Uno Sguardo a due”, curata dalle storiche dell’arte Serafina Gruosso e Ilaria Sabatino. Antagoniste due artiste napoletane, Marisa Caselli e Anita Fox.

[…]Opere, quelle presentate che hanno un sapore arcano, spesso racchiuse in spesse cornici dorate rimandano la mente a certe icone russe immerse nell’ oro che catturano la luce e lo sguardo trascinando lo spettatore immediatamente in una dimensione sacra e sublimata. Volti, sguardi, simboli ed emozioni, imprigionate dai materiali più disparati plasmati e induriti dal colore cercano con forza di uscire fuori dallo spazio pittorico di protrarsi verso lo spettatore che, catturato da mille piccole sfaccettature diverse, si perde nell’ opulento mondo pittorico proposto dall’ artista.[…] È così che un ghigno, uno sguardo malinconico, il corrucciarsi di una fronte o il crepitio di una bocca socchiusa diventano mani tese verso lo spettatore che, attraverso il suo vissuto e la sua sensibilità, lascerà trasportarsi all’interno dell’impasto artistico di Anita Fox.

(Serafina Gruosso) Continua a leggere