
Francesco Maria Tipaldi
Nella poesia di Francesco Maria Tipaldi serpeggia da sempre una luce strana che fa pensare all’antipoesia. Ma il suo è desiderio di spiazzare, confondere il lettore al punto da creare nella sua un’interruzione, il disgusto, che gli faccia chiedere fino a che punto le parole si giocano in ogni momento la loro ampia malafede in cambio di una sublimazione.
PROFILASSI
L’ospedale era corallo e meduse, anguille
nelle sale parto.
“Dove sei”?
Arrivarono schiere
di levatrici con maglie alzate e seni come balene.
Il futuro è grande.
Chiediamo
di risorgere meno noi, di mangiare meglio. Continua a leggere