Laura Di Corcia, da “Diorama”

Laura Di Corcia

La borragine porta coraggio
l’ha scritto Jarman
io gli credo.

Il Medioevo è tutto nel Nord:
dalle campagne germogliano
le città, i borghesi stringono patti
e mani, si formano piani
i contadini stringono le cinture
e ammassano in un angolo buio
la speranza, la fede, i figli
continuano a credere nella terra
ascoltano solo la polvere.

Le città germogliano
bucano il tempo
dimenticano le chimere
ammassano nelle campagne
le paure.

I contadini rimangono a lato
la storia continua e li sfiora
loro pregano in ginocchio
sul ruvido
di fronte alla passiflora.

*

Il romanico aveva ragione:
si piegava sul vento
lo proteggeva

rifiutava il guizzo
metteva in esilio Dioniso
le screziature con cui irretiva il tempo.

Il romanico calava nella notte
la accarezzava con mano calda
ma ora non è più tempo:

la storia si nutre di memoria
l’ora il qui scappano
la corsa ha preso il sopravvento.

Non è più tempo di cose tonde.

*

All’incrocio fra il Tigri e l’Eufrate
una donna di argilla
mescolava il tempo.

Accanto a lei cadevano
foglie accatastate
pere, mele, milioni di libri.

Tutto si depositava
in silenzio, nel vuoto
si decomponeva subito dopo.

In mezzo alle gambe
appassivano le ultime stelle
fiorivano i predatori.

Laura Di Corcia, Diorama, prefazione di Filippo Tuena, Tlon, 2021 Continua a leggere

Mario Laghi Pasini, da “Album del venti”

Mario Laghi Pasini

ATTIMI

Mi aveva incantato il suo biancore
stagliato alto nell’azzurro
col sole netto dell’inverno
e il blu verde del mare.

Erano stagioni sapevo
di un breve vivere
prima di una misera fine
per una ferita o soltanto

per l’appesantirsi delle ali
nel distaccarsi ogni volta
della magica cedevolezza
dell’infinità su cui osava sostare.

Ma lui ora passa lento e regale
sopra di me che lo fissavo
l’orecchi teso a cogliere
ogni grido possibile

o la sua eco riflessa
dalle muraglie del borgo
e per quei lunghi attimi
si era fermato il respiro

cancellata l’inquietudine
– il futuro indicibile?
tutto il tempo sfuggito
velocemente dalle mani? –
restava come appesa a quel volo
che già svaniva nell’azzurro
col sole netto dell’inverno
e il blu verde del mare

una tenera malinconia
a cullare volti sguardi
sorrisi vivi ormai solo
nei miei ricordi accartocciati.

Poi il ritorno del respiro
e dello sguardo a terra
e tiu che mi chiedevi: – A che pensi? -.
Con un silenzioso bacio risposi.


MILLENIUM FALCON

Foglie morte concime di domani
replicare l’invincibile impulso
lasciare la semplicità del nulla
da cui anche noi siamo fuggiti

deserti miseria moltitudini
forse segni della fine che viene
pochi noi toccati dal privilegio
di piangere il dolore degli altri

e ogni volta affrontare il senso
insensato di una nostra colpa
chi cercando una difesa che sia
chi ad aiutare e chi con le illusioni

per esempio lentamente scrivere
poche righe avare come queste
e poi salire sul Millennium Falcon
e via! per il sempre di un’ora. Continua a leggere

Marino Santalucia, “Norma L’altra me”

Marino Santalucia

Marino Santalucia racconta in “Norma L’altra me”, Edizioni progetto cultura 2020, lo sguardo di una donna nei diversi momenti della vita. Una poesia che si posa sullo sguardo femminile e poi sul se stesso maschile, poi su altre donne e uomini che si interrogano su ciò che vedono, su ciò che vivono.

IL NIDO

Non parlano i miei slanci
assalgono il silenzio impigliandosi
alle tue reticenze fanno il nido.

 

FOSSI STATA ALMENO UNA CORDA

Chi ha scolpito
labbra e viso
per cantare la mia poesia?
Fossi stata almeno una corda
avrei vibrato all’infinito.

 

IL BRUNO ODORE DELLA TERRA

Dentro me non manchi mai
non svanisci nell’aria,
ovunque spandi
il bruno odore della terra
e canti eterne piramidi.

 

SAREI UN ORTO BELLISSIMO

Potrei essere rinchiusa in uno spazio infinito
bellissimo come un orto incolto
senza rumori
tranne il seme che sboccia
o il vento che scompiglia. Continua a leggere

La performer Carmen Berenguer

Huellas de siglo

1.

La química sirve para todo,
hasta para borrar manchas históricas

Orme di secolo

1.

La chimica serve a tutto,
perfino a cancellare le macchie storiche.

2.

Si Dios me dice ¡Hola!
Yo le contesto:
¿Y dónde estabas tú,
antes que el infierno lo devorara todo
dándose un opíparo festín?

2.

Se Dio mi dice Ciao!
Io gli rispondo:
E dov’eri tu,
prima che l’inferno divorasse tutto
con un lauto banchetto?

3.

Y al séptimo día
creaste al hombre
a semejanza tuya
y son millones de ediciones.

3.

E il settimo giorno
creasti l’uomo
a tua somiglianza
e in milioni di edizioni.

4.
Los héroes están en las plazas
para no dejarnos tan solitarios
frente al pasto.

4.

Gli eroi sono nelle piazze
per non lasciarci troppo soli
davanti all’erba. Continua a leggere

Mario Luzi (1914-2005)

Mario Luzi

La notte lava la mente

Poco dopo si è qui come sai bene,
fila d’anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo, chi quasi in catene.

Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita, figge un punto.
Raramente qualche gabbiano appare.

da “Onore del vero” Neri Pozza Editore, 1957

Come tu vuoi

La tramontana screpola le argille,
stringe, assoda le terre di lavoro,
irrita l’acqua nelle conche; lascia
zappe confitte, aratri inerti
nel campo. Se qualcuno esce per legna,
o si sposta a fatica o si sofferma
rattrappito in cappucci e pellegrine,
serra i denti. Che regna nella stanza
è il silenzio del testimone muto
della neve, della pioggia, del fumo,
dell’immobilità del mutamento.

Son qui che metto pine
sul fuoco, porgo orecchio
al fremere dei vetri, non ho calma
né ansia. Tu che per lunga promessa
vieni ed occupi il posto
lasciato dalla sofferenza
non disperare o di me o di te,
fruga nelle adiacenze della casa,
cerca i battenti grigi della porta.
A poco a poco la misura è colma,
a poco a poco, a poco a poco, come
tu vuoi, la solitudine trabocca,
vieni ed entra, attingi a mani basse.

E’ un giorno dell’inverno di quest’anno,
un giorno, un giorno della nostra vita.

da “Onore del vero”, Neri Pozza Editore, 1957

In due

«Aiutami» e si copre con le mani il viso
tirato, roso da una gelosia senile,
che non muove a pietà come vorrebbe ma a sgomento e a orrore.
«Solo tu puoi farlo» insistono di là da quello schermo
le sue labbra dure
e secche, compresse dalle palme, farfugliando.
Non trovo risposta, la guardo
offeso dalla mia freddezza vibrare a tratti
dai gomiti puntati sui ginocchi alla nuca scialba.
«L’amore snaturato, l’amore infedele al suo principio»
rifletto, e aduno le potenze della mente
in un punto solo tra desiderio e ricordo
e penso non a lei
ma al viaggio con lei tra cielo e terra
per una strada d’altipiano che taglia
la coltre d’erba brucata da pochi armenti.
«Vedi, non trovi in fondo a te una parola»
gemono quelle labbra tormentose
schiacciate contro i denti, mentre taccio
e cerco sopra la sua testa la centina di fuoco dei monti.
Lei aspetta e intanto non sfugge alle sue antenne
quanto le sia lontano in questo momento
che m’apre le sue piaghe e io la desidero e la penso
com’era in altri tempi, in altri versanti.
«Perché difendere un amore distorto dal suo fine,
quando non è più crescita
né moltiplicazione gioiosa d’ogni bene,
ma limite possessivo e basta» vorrei chiedere
ma non a lei che ora dietro le sue mani piange scossa da un brivido,
a me che forse indulgo alla menzogna per viltà o per comodo.
«Anche questo è amore, quando avrai imparato a ravvisarlo
in questa specie dimessa,
in questo aspetto avvilito» mi rispondono, e un poco ne ho paura
e un po’ vergogna, quelle mani ossute
e tese da cui scende qualche lacrima tra dito e dito spicciando.

da “Nel magma” Garzanti (1966)

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