“Oggi, se ci fate caso, non ‘è un solo fiordaliso nei campi di grano. Ne ho trovati pochi sulle Cesane, in un campetto vicino a una casa e mi hanno dato il senso di un tempo antico… Attraverso i fiordalisi ho ricordato la mia infanzia e la casa nel fosso, che è alla base della mia poesia. Mi sono anche immaginato che la luce della stella che vediamo oggi in realtà ‘è partita’ qualche migliaio o milione di anni fa. Ecco, la luce di quella stella è come la luce dei miei bei campi, che fissa per sempre in cielo e tra gli alberi della terra, i protagonisti di questa mia antica vita.”
Piersanti, parliamo di questo suo libro: “L’albero delle nebbie”, uno dei suoi più riusciti. Di quale albero si tratta?
“L’albero delle nebbie è lo scotano un arbusto che viene dai Balcani e ha attecchito solamente nella provincia di Pesaro-Urbino. Il suo colore rosso acceso è così forte che buca anche la nebbia. Metaforicamente anche la poesia che riesce a bucare le nebbie della vita.”
“Non sempre ho parlato di un mondo antico… Io sono noto come il poeta delle Cesane. Le Cesane sono un piccolo altopiano… allora uno dice: ‘E’ un poeta locale.’ L’importante è che un luogo diventi una patria poetica. ‘Locale’ – diceva Volponi – fa rima con ‘universale’. Si potrebbe avere Pascoli senza Romagna e Garfagnana? Carducci senza Maremma? D’Annunzio senza Abruzzo e Versilia? Saba senza Trieste? Montale senza la Liguria? Pavese senza le Langhe? C’è un pregiudizio antico nel nostro paese che è quello ‘del locale’… ‘localistico’ è una cosa… ma un poeta può fare di un luogo uno spazio poetico. Roberto Galaverni che ha scritto insieme a Massimo Raffaeli un libro conversazione con me: ‘Il canto magnanimo’, ha parlato delle Cesane proprio come di una patria poetica. Io racconto questo mondo antico, contadino, senza accenti neoralisti, senza una volontà di contrapposizione politica e sociale, ma nell’amore di un ricordo magico. Io non sono come Pasolini che contrappone l’antico mondo contadino alla contemporaneità. Io ricordo ciò che andrebbe irrimediabilmente perduto…”