
Giorgio Agamben
Zajin
E che compie questa esperienza della parola, chi è, in questo senso, poeta e non soltanto lettore della sua parola, ne scorge la segnatura in ogni minimo fatto, ne testimonia in ogni evento in ogni circostanza, senza arroganza né enfasi, Come se percepissi con chiarezza che tutto ciò che gli capita, commisurato all’annuncio, depone ogni estraneità e ogni potere, gli è più intimo e, insieme, remoto.
Lamed
Il campo del linguaggio è il luogo di un conflitto incessante fra la parola e la lingua, l’idioma e la grammatica. Occorre liberarsi dal pregiudizio secondo cui la parola sarebbe una messa in opera, una diligente applicazione della lingua, quasi che questa presi stesse da qualche parte come una realtà sostanziale e come se, per parlare, dovessimo ogni volta aprire una grammatica o consultare un dizionario. E’ evidente che la lingua esiste solo nell’uso. Che cos’è, allora, quest’uso, se non può essere un’esecuzione fedele e obbediente della lingua, ma, al contrario, un venire a capo di essa-o, piuttosto, dei suoi guardiani, dentro e fuori di noi, che vegliano e che ciò che ci diciamo sia ogni volta ricondotto alla forma e all’identità di una lingua?
Ajin
I nomi non dicono le cose: le chiamano nell’aperto, le custodiscono nel loro apparire. Le proposizioni non veicolano un messaggio: l’essere-La-neve-bianca non è il contenuto della proposizione: “La neve è bianca”, che noi non pronunciamo mai in questo modo neutrale. L’esser-la-neve-bianca è il suo improvviso, gioioso, immacolato apparire allo sguardo in un mattino invernale. E’ un evento, non un fatto.
Nei nomi e nelle proposizioni noi andiamo aldilà dei nomi e delle proposizioni, fino al punto in cui le cose ci appaiono per un istante senza nome nel loro aver nome, indelibate nel loro esser dette, come un dio sensibile e sconosciuto.
da: Quando la casa brucia, Giacometti e Antonello, Macerata, 2020
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Giorgio Agamben, filosofo e scrittore. La sua opera è tradotta e commentata in tutto il mondo. Con il progetto “Homo sacer”, che comprende nove volumi, ha segnato una svolta nel pensiero politico contemporaneo. Convinto che la filosofia non sia una disciplina, ma una intensità di verità che può percorrere tutti i campi, dal linguaggio alla religione, dalla poesia alla storia, negli ultimi tempi si è affermato come uno dei critici più autorevoli e inflessibili del comportamento dei governi di fronte alla pandemia. Fra i suoi libri recenti ricordiamo: “Che cos’è la filosofia?”(Quodlibet 2016); “Autoritratto nello studio” (nottetempo 2017); “Karman. Breve trattato sull’azione, la colpa e il gesto” (Bollati Boringhieri, 2017); “A che punto siamo? L’epidemia come politica” (Quodlibet 2020).