In memoria di Giovanni Giudici

In memoria di Giovanni Giudici
A cura di Luigia Sorrentino

Non ho mai incontrato di persona Giovanni Giudici e me ne dolgo. D’altra parte, come scrive Maurizio Cucchi oggi su La Stampa Giudici era assente da molti anni dalla scena letteraria e da altrettanti anni non uscivano più suoi libri. Tuttavia, precisa Cucchi nello stesso articolo,  […] “la sua presenza, l’importanza cruciale della sua opera nella nostra poesia del Novecento era un dato ormai acquisito, una certezza molto importante. Fin dal 1965, quando era uscita una delle sue opere maggiori (se non la maggiore in assoluto) e cioè La vita in versi, Giudici si era affermato per la sua straordinaria capacità di coniugare  un’attenzione costante per la realtà concreta, personale e sociale, con la viva attività del sentimento, muovendosi su percorsi narrativi articolati e scioltissimi e dimostrando una capacitò davvero magistrale di gestione dei materiali, della lingua, dello stile. In questo, Giudici  è stato un poeta dotato di un estro espressivo strepitoso, che gli consentiva di passare da toni bassi e prosastici a vere e proprie impennate liriche con naturalezza estrema.”

Ho chiesto a Nicola D’Ugo, poeta, narratore, saggista, comparatista e traduttore, che vive in Liguria, a Lerici, e che Giudici aveva conosciuto e incontrato, di scrivere per questo blog il ricordo del loro primo incontro. Si conobbero il 21 settembre del 1996

«Il 21 settembre 1996 era una giornata festosa. Nel pomeriggio s’era sposata mia sorella nella chiesetta di Tellaro. Dopo una notte di viaggio stipati in macchina da Roma a Lerici, i preparativi concitati e festosi della sposa nella frazione de La Serra, quel ritrovarci poi, dopo anni, con amici dell’adolescenza e parenti sparsi tra l’Italia e la Spagna, era finita la funzione religiosa, e il simpatico parroco m’illustrava la sua lieta collocazione pastorale mostrandomi con aperta soddisfazione la barca appesa ad un soffitto della canonica con la quale trascorreva le sue ore d’estivo diporto. Continua a leggere

Nicola Bultrini, La coda dell’occhio

Nicola Bultrini
a cura di Luigia Sorrentino

«Vivo la poesia come uno stato del pensiero. Un’esperienza di conoscenza legata ad una differente osservazione del reale (materiale e immateriale). Si legge la filigrana delle cose, si ascoltano i rumori di fondo, si raccolgono le ombre. Naturalmente questo significa guardarsi dentro, tanto a fondo da scoprire un Io che diventa Noi. La radice comune, il respiro condiviso. Questo implica il coraggio di spogliarsi ed esporsi a tutti i venti. Significa confessare l’altrimenti indicibile. Significa riscoprire la propria consapevolezza di appartenere alle cose, più di quanto le cose ci appartengono.
Negli anni della mia poesia lo sguardo è fortemente rivolto alla memoria. Ma non a quella ufficiale (sia collettiva che privata). Ci sono infatti cose che osserviamo attentamente e riponiamo con cura nella nostra memoria. Altre che invece la coda dell’occhio raccoglie e consegna al subconscio. Sono queste le immagini che, conservate nel profondo e non corrotte dalla ragione, riaffiorano nel tempo. Continua a leggere

Massimiliano Pepe, “A te che leggi”

«C’è una frase di Pavese che mi torna spesso in mente: Fare poesia è come fare l’amore; non si saprà mai se il piacere provato è condiviso!Bè, sia quel che sia, queste pagine io le giro a te.
A te che leggi questi scritti che faticherai a capire più per colpa mia che per demerito tuo…
A te , che sei un Massimiliano futuro che cerca nuovamente se stesso o ha nostalgia di qualcosa che negli anni ha perso…
A te, che sei un buon amico o qualcuno che non conosco e mai conoscerò…
…grazie; al di sopra dello spazio e del tempo, grazie, perché ogni mia parola o pensiero, scritto e tramandato su queste pagine, è per te, “Lettore”; a te, che sei stato il motore unico verso cui questo lavoro genuino è stato portato avanti ogni giorno.
A te, che se sarai volenteroso e paziente troverai tra queste migliaia di parole tutto quello che mi è servito e aiutato e che ancora oggi, tra i continui errori di una vita, mi fa crescere: se potrà aiutarti, ben venga.

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Gaja Cenciarelli, Sangue del suo sangue

Altre scritture
a cura di Luigia Sorrentino

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Gaja Cenciarelli è in libreria con il suo nuovo romanzo Sangue del suo sangue Nottetempo Edizioni (€ 16, 50).

Il romanzo parla della storia delle Brigate Rosse, (le nuove e le vecchie) ed è raccontato attraverso la vicenda di Margherita.  La storia comincia a Torino alla fine degli anni Ottanta e si conclude a Roma in pieni anni zero.
Margherita Scarabosio è la figlia di Rodolfo Scarabosio, generale dell’Arma dei Carabinieri ucciso a Torino dalle nuove BR nel 1986. Il padre ha sempre abusato sessualmente di lei e costringeva l’altro figlio, Massimiliano, ad assistere alle violenze con la complicità, nutrita di incoscienza dettata dal quieto vivere, della moglie.
La famiglia Scarabosio è una famiglia dove gli uomini entrano ed escono da casa senza chiedere permesso e dove le donne cucinano, rifanno i letti e chiedono il permesso anche per sedersi a tavola. Fuori da casa Scarabosio c’è l’Italia che freme. Continua a leggere

Giovanni Agnoloni e Tolkien

Martedì 24 maggio a Roma, alla Casetta Rossa di Via Giovanni Magnaghi  alle 18:30 Tolkien e Bach. Luce e ombra due libri tra letteratura e psiche, materia e spirito, scritti da Giovanni Agnoloni.

Tolkien e Bach. Dalla Terra di Mezzo all’energia dei fiori, Ed. Galaad, 2011, è un saggio di Giovanni Agnoloni che, per la prima volta, accosta le vite e le opere di J.R.R. Tolkien ed Edward Bach, il medico inglese scopritore dei celebri rimedi naturali detti “Fiori di Bach”. Il libro mira a evidenziare i sottili nessi e l’efficacia liberatoria, sul piano psicologico e spirituale, del Legendarium tolkieniano, confrontato con il meccanismo d’azione dei rimedi floriterapici del Dr. Bach, che nacque nello stesso villaggio in cui Tolkien trascorse un periodo della sua infanzia.

http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2011/03/31/in-uscita-tolkien-e-bach-di-giovanni-agnoloni-ed-galaad-2/

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