Opere Inedite, Giorgio Prestinoni

Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino

Oggi a Opere Inedite leggiamo la poesia di Giorgio Prestinoni che mi scrive: “Ancor prima che altri mi invitassero a un’assunzione di responsabilità nei confronti della scrittura e mi riconoscessero come poeta, mi sono fatto molte domande sulla poesia e mi son dato molte risposte. Tutte significative, ma personali e sicuramente di poco interesse per chi dovrebbe avere la pazienza di leggere i miei versi. Però vorrei rivelarne una e vorrei farlo perché credo sia l’unica che possa interessare anche altri. Per me la poesia è e resterà soprattutto dedizione alla lettura. Meglio essere buoni lettori che cattivi poeti. Continua a leggere

Opere Inedite, Guido Monti

Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino

“La parola poetica non è la parola della lingua, ma è la parola dell’essenza. È l’essenza della parola.
È rivelazione, fa apparire la cosa nella sua essenza non è la rappresentazione del reale.
Il poeta quindi si contrappone alla convenzionalità sociale, all’arbitrarietà logico-linguistica del segno. Mallarmè diceva ‘la poesia corregge i difetti della lingua’.  Difatti la lingua che noi parliamo e scriviamo, ha dei difetti che possono essere quelli semplici della incomprensibilità o più esattamente della ambiguità o falsificazione.

Nel linguaggio poetico la cosa non è semplicemente presente, è differita, differente. Ciò che la lingua non sa esprimere nel senso di una definizione logica, non rappresentazione materiale o mentale o empirica, lo fa la poesia. Il suo proprio è l’alterità di senso. Deve esserci sempre uno scarto dalla norma. Perché la poesia non è da capire con i criteri della lingua, la lingua dei linguisti, che devono fare una scienza della lingua e una storia della lingua. La poesia non fa la lingua. La lingua è fatta dalla convenzione sociale, dalla comunità dei parlanti, dalle definizioni logiche.
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Opere Inedite, Matteo Zattoni

Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino

A Opere Inedite incontriamo la poesia di Matteo Zattoni che mi scrive una originalissima nota sulla poesia: “Il mio rapporto con la poesia è mutevole, risente e si plasma a seconda dell’oggetto e del mio sguardo su di esso. Persino la poesia è forse un’astrazione, il risultato di un’opera induttiva a partire da eventi concreti: le singole poesie. In effetti ciò che rimane, se rimane, sono: i contenuti, le persone fisiche, le cose, i volti e i mondi che cerchiamo affannosamente di fissare in una lotta impari contro il tempo e il mutamento stesso. In questo senso il poeta è un ‘martire’, nel significato etimologico di ‘testimone’, e tutta la poesia si risolve nel ‘dono’ ad altri di questa testimonianza, fissata nei versi una volta per tutte. Anche i versi che seguono sono un dono, un dono postumo purtroppo, destinato perciò a restare irrelato”.

Di Matteo Zattoni

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Opere Inedite, Paola Loreto

Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino

Oggi leggiamo la poesia di Paola Loreto, che definisce la poesia “un uso particolare del linguaggio, fatto non per fini comunicativi, ma espressivi.”  Il poeta, scrive Paola, “manipola il linguaggio perché vuole trasmettere quasi attraverso i sensi le proprie percezioni.”  Paola scrive che “il poeta nomina come se la sua fosse la prima percezione del mondo da parte dell’uomo. Per riuscire a farlo con freschezza non può servirsi del linguaggio codificato da secoli di utilizzo di un rapporto convenzionale tra segno e significato: deve porre di nuovo questa equivalenza dall’origine. Per questo Emily Dickinson parla di una ‘Circonferenza’, nelle sue poesie, senza che noi, ancora oggi, riusciamo a indicare precisamente cosa intendesse dire: a quale oggetto del mondo si riferisse. Voleva, semplicemente, suggerirci la percezione di una dimensione, una realtà, interiore, intangibile, che è il limitare della coscienza in espansione. Continua a leggere

Opere Inedite, Alessandro Moscè

Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino

Oggi incontriamo la poesia di Alessadro Moscè che mi scrive: “La poesia è una dotazione di mistero che ci viene dall’inconscio, quindi da una condizione primordiale, e dalla sfera del ricordo, sempre accesa, come fosse una lampada che sorveglia dall’alto il nostro agire. E’ immagine innanzitutto, tradotta in ragionamento, evocazione, ambientazione. Nella mia poesia i luoghi (domestici e urbani della provincia), il mondo degli affetti familiari e la comunione tra i vivi e i morti rappresentano il filo conduttore di una tensione lirico-narrativa. La mia nuova raccolta inedita si intitola Hotel della notte, una cui sezione, Suite per Pierino, rappresenta in pieno un’altra aspetto che mi ha sempre affascinato e che è spesso diventato oggetto della mia scrittura poetica e narrativa: l’universo dei folli, degli emarginati. L’infanzia e il mare, i nonni e la casa di risposo, la ragazza dell’adolescenza e la notte, lungo il filo del tempo, sono racchiusi in un simbolico hotel dove incontro età, donne, fantasmi e perfino Dio.”

di Alessandro Moscè Continua a leggere