Luca Pizzolitto, poesie

Luca Pizzolitto

Nell’avanzo di parole
su cieli colmi di rabbia,
qui dove piove piano
e rinfresca la sera

cedi al vuoto, al niente,
il dono austero delle labbra.

Nell’ostinato silenzio di Dio,
nel tuo sguardo breve
di madre trova riposo
ogni mia lontananza.

***

L’azzurro del cielo
strappa e cade
nel dolore silenzioso
della sera.

Chiamare casa solo
la luce ferma del mattino,
l’aria di settembre
che si posa sul viso,
questo mio sconfinato esilio.

***

Luce lasciata e tersa
dei primi giorni di dicembre,
misericordia del vento sul
tuo viso gentile, tagliato dal freddo.

È il riverbero ostinato del vuoto,
è un peso greve sul cuore;
neve che accende e poi placa
l’inciampo della sera.

Andare in pezzi, fiorire un mattino.

***

È il cadere atroce della bellezza
tra la fame e il rantolo della ragione
non è muta la polvere

questo silenzio tra i nostri corpi,
l’inganno fragile delle mani.

****

Giorni si perdono nello spazio
sacro del ricordo, i nostri
volti illesi, trattenuti al pianto.

Guardo la neve cadere:
resta la cenere sul lavandino,
l’impronta confusa delle tue mani.

Splende di un disperato
splendore la vita. Continua a leggere

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Laura Di Corcia, da “Diorama”

Laura Di Corcia

La borragine porta coraggio
l’ha scritto Jarman
io gli credo.

Il Medioevo è tutto nel Nord:
dalle campagne germogliano
le città, i borghesi stringono patti
e mani, si formano piani
i contadini stringono le cinture
e ammassano in un angolo buio
la speranza, la fede, i figli
continuano a credere nella terra
ascoltano solo la polvere.

Le città germogliano
bucano il tempo
dimenticano le chimere
ammassano nelle campagne
le paure.

I contadini rimangono a lato
la storia continua e li sfiora
loro pregano in ginocchio
sul ruvido
di fronte alla passiflora.

*

Il romanico aveva ragione:
si piegava sul vento
lo proteggeva

rifiutava il guizzo
metteva in esilio Dioniso
le screziature con cui irretiva il tempo.

Il romanico calava nella notte
la accarezzava con mano calda
ma ora non è più tempo:

la storia si nutre di memoria
l’ora il qui scappano
la corsa ha preso il sopravvento.

Non è più tempo di cose tonde.

*

All’incrocio fra il Tigri e l’Eufrate
una donna di argilla
mescolava il tempo.

Accanto a lei cadevano
foglie accatastate
pere, mele, milioni di libri.

Tutto si depositava
in silenzio, nel vuoto
si decomponeva subito dopo.

In mezzo alle gambe
appassivano le ultime stelle
fiorivano i predatori.

Laura Di Corcia, Diorama, prefazione di Filippo Tuena, Tlon, 2021 Continua a leggere

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Mario Laghi Pasini, da “Album del venti”

Mario Laghi Pasini

ATTIMI

Mi aveva incantato il suo biancore
stagliato alto nell’azzurro
col sole netto dell’inverno
e il blu verde del mare.

Erano stagioni sapevo
di un breve vivere
prima di una misera fine
per una ferita o soltanto

per l’appesantirsi delle ali
nel distaccarsi ogni volta
della magica cedevolezza
dell’infinità su cui osava sostare.

Ma lui ora passa lento e regale
sopra di me che lo fissavo
l’orecchi teso a cogliere
ogni grido possibile

o la sua eco riflessa
dalle muraglie del borgo
e per quei lunghi attimi
si era fermato il respiro

cancellata l’inquietudine
– il futuro indicibile?
tutto il tempo sfuggito
velocemente dalle mani? –
restava come appesa a quel volo
che già svaniva nell’azzurro
col sole netto dell’inverno
e il blu verde del mare

una tenera malinconia
a cullare volti sguardi
sorrisi vivi ormai solo
nei miei ricordi accartocciati.

Poi il ritorno del respiro
e dello sguardo a terra
e tiu che mi chiedevi: – A che pensi? -.
Con un silenzioso bacio risposi.


MILLENIUM FALCON

Foglie morte concime di domani
replicare l’invincibile impulso
lasciare la semplicità del nulla
da cui anche noi siamo fuggiti

deserti miseria moltitudini
forse segni della fine che viene
pochi noi toccati dal privilegio
di piangere il dolore degli altri

e ogni volta affrontare il senso
insensato di una nostra colpa
chi cercando una difesa che sia
chi ad aiutare e chi con le illusioni

per esempio lentamente scrivere
poche righe avare come queste
e poi salire sul Millennium Falcon
e via! per il sempre di un’ora. Continua a leggere

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Marino Santalucia, “Norma L’altra me”

Marino Santalucia

Marino Santalucia racconta in “Norma L’altra me”, Edizioni progetto cultura 2020, lo sguardo di una donna nei diversi momenti della vita. Una poesia che si posa sullo sguardo femminile e poi sul se stesso maschile, poi su altre donne e uomini che si interrogano su ciò che vedono, su ciò che vivono.

IL NIDO

Non parlano i miei slanci
assalgono il silenzio impigliandosi
alle tue reticenze fanno il nido.

 

FOSSI STATA ALMENO UNA CORDA

Chi ha scolpito
labbra e viso
per cantare la mia poesia?
Fossi stata almeno una corda
avrei vibrato all’infinito.

 

IL BRUNO ODORE DELLA TERRA

Dentro me non manchi mai
non svanisci nell’aria,
ovunque spandi
il bruno odore della terra
e canti eterne piramidi.

 

SAREI UN ORTO BELLISSIMO

Potrei essere rinchiusa in uno spazio infinito
bellissimo come un orto incolto
senza rumori
tranne il seme che sboccia
o il vento che scompiglia. Continua a leggere

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La performer Carmen Berenguer

Huellas de siglo

1.

La química sirve para todo,
hasta para borrar manchas históricas

Orme di secolo

1.

La chimica serve a tutto,
perfino a cancellare le macchie storiche.

2.

Si Dios me dice ¡Hola!
Yo le contesto:
¿Y dónde estabas tú,
antes que el infierno lo devorara todo
dándose un opíparo festín?

2.

Se Dio mi dice Ciao!
Io gli rispondo:
E dov’eri tu,
prima che l’inferno divorasse tutto
con un lauto banchetto?

3.

Y al séptimo día
creaste al hombre
a semejanza tuya
y son millones de ediciones.

3.

E il settimo giorno
creasti l’uomo
a tua somiglianza
e in milioni di edizioni.

4.
Los héroes están en las plazas
para no dejarnos tan solitarios
frente al pasto.

4.

Gli eroi sono nelle piazze
per non lasciarci troppo soli
davanti all’erba. Continua a leggere

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