Una poesia inedita di Peter Balakian

Peter Balakian
Erbe dell’ignoto
Non dimenticare l’estate del covid
era verde con il sole nel centro di New York.
Ricorda che il verde era traslucido,
foglia di olmo giallo-blu e aghi di abete rosso,
il verde delle strisce opache di Rothko
il verde di Giotto fatto con tuorli d’uovo sull’intonaco,
il verde sfocato delle ninfee a Giverny
il verde di Arshile Gorky nei giardini di Van,
verde traslucido dell’uva sul davanzale
il latte versato sulla tazza di maiolica verde,
i cipressi di Van Gogh nel vento di Arles
che soffia sulle onde verde salvia del Rodano —
nell’orchidea falcata
tra le fronde della Giungla di Rousseau
e il verde d’inchiostro e acqua sulla lavagna di Maria
che mi ha svegliato prima dell’alba —
il muro bianco della mia stanza che incornicia il mondo
prima di contemplare un campo di farfalle ansiose.
Mente di strisce ed emulsioni. Erbe dell’ignoto.
Resta. Nel ritorno. Tuorli d’uovo sull’intonaco.
Peter Balakian, da No Sign, University of Chicago Press, 2022, traduzione di Alberto Fraccacreta. Continua a leggere
Una monografia su Matteo Bonsante
ESTRATTO
L’analisi dell’opera letteraria di Matteo Bonsante ci consegna, volendo trarne delle considerazioni generali, un grande affresco storico-letterario che abbraccia, a ben vedere, il periodo di tempo che va dagli anni Ottanta del XX secolo alla prima decade del XXI. Volendo usare un’immagine rappresentativa di questo lungo processo artistico, si può dire che l’opera bonsantiana ci appare come un lieve panno su cui si adagiano, in un’ottica di corrispondenze, i piani differenti che compongono la realtà: raziocinio e intuizione, libertà e determinismo, al di qua e al di là – tutto si compenetra in una trama esistenziale sempre volta alla ricerca effettiva e mai soltanto abbozzata di una chiave di volta che possa, in definitiva, suggerire all’individuo (poeta o lettore, poco importa) non solo una riflessione estetica ed etica sulla vita, ma soprattutto una pratica dell’esistere e dell’essere al mondo.
A partire dalla prima opera, Bilico, e attraverso una progressiva acquisizione dei rapporti di interconnessione tra le diverse compagini della realtà – noumeno e fenomeno –, si può affermare che Bonsante abbia cercato di fornire alla sua poesia un materiale sempre vivo e magmatico col quale riscoprire, attimo dopo attimo, una genuinità del vivere in apparenza irraggiungibile. ‹‹A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino››, ha affermato Picasso in riferimento alla sua personale e costante ricerca della semplicità della linea – di una forma, cioè, che potesse riassorbirsi in sé stessa senza retorica e senza ostentazione mostrando, per l’appunto, quella genuinità geometrica di cui è composta la realtà. Specularmente, non sarebbe affatto un errore comparare questa stessa ricerca picassiana a quella di Matteo Bonsante, un poeta che sin dagli esordi ha cercato di scavalcare la parola in quanto forma artificiale spesso incapace di comunicare l’essenziale a vantaggio di una melodia, di una carica immaginifica che tenta il finito e l’infinito per potersi ri-trovare in uno spazio fuori da ogni tempo e da ogni condizionalità fisica, riassorbendosi e raggiungendo così l’essenziale e il genuino che è, poi, il vero obiettivo della sua ricerca. Continua a leggere
Francesca Serragnoli, “La quasi notte”

Francesca Serragnoli
Quando ero bambina
aprivo la finestra
sporgevo
volevo essere la rosa di qualcuno.
Nell’incavo dell’occhio l’acqua
intingi il dito, dicevano
portalo alla fronte
il triciclo della croce.
Un giorno da questa finestra
cadrà la mia vita
un tonfo lieve di palpebre
la bocca aperta
come alla prima comunione.
***
Nessuno mi vuole come madre
mi guardano e non parlano
con occhi celesti o marroni
battono le mani sulle ginocchia
e corrono scalzi
negli ingressi luminosi.
***
Vivrò ai margini di quel sorriso di neonato
come i signori che dormono in terra
con la vita tutta lì
poco più alta di un fiore
quel sorriso alato
poserà e alzerà la sua farfalla
come sotto al pesco
un’ombra matura
allungandosi
stacca la sua morte
il soffio nero del vento nel fogliame
doloroso delle mie viscere.*
*Gli ultimi due versi sono di Christophe Manon