Milo De Angelis vince il Premio Poesia Frascati 2011

Con “Quell’andarsene nel buio dei cortili”, (Mondadori 2010) Milo De Angelis si è aggiudicato il  premio Nazionale di Poesia Frascati “Antonio Seccareccia”. Finalisti di questa 51esima edizione – oltre a De Angelis – Daniela Attanasio con “Il ritorno all’isola” (Nino Aragno Editore, 2010), e Anna Cascella Luciani con “Tutte le poesie 1973-2009” (Gaffi 2010). Continua a leggere

Opere Inedite, Daniela Attanasio

Opere Inedite,
a cura di Luigia Sorrentino

Oggi a Opere Inedite, Daniela Attanasio (ritratta da Dino Ignani). Di Daniela ricordo innanzitutto il modo di guardare. Daniela fissa gli occhi del suo interlocutore e parla in modo chiaro, diretto, senza alcun artificio. Il tono della sua voce, quasi monocorde, riverbera in questi suoi nuovi ‘appunti’ sulla poesia.

appunti

“la poesia è il tentativo di mettersi in contatto con la pienezza della realtà. un modo euforico di stare al mondo, perché la vita entra come una corrente d’aria che riossigena. ma anche distruttivo, perché la realtà, una volta rintracciata, spazza via l’ovvietà di ogni certezza.
fare luce, fare emergere la realtà, coglierla sul nascere. per fare questo mi servo del paesaggio che conserva il tempo nella sua durata e si rinnova modificando forme e confini. la mia poesia non è un oggetto linguistico ma un atto di vita. il linguaggio è lo strumento che la fa muovere: non sottrae, non riduce ma amplifica, aggiunge.

l’isola del mio ultimo libro è un’unità di misura, il tempo un grande contenitore”.

di Daniela Attanasio

——— Continua a leggere

Daniela Attanasio, Il ritorno all’isola

“Il ritorno all’isola” di Daniela Attanasio, Nino Aragno Editore, 2010 (10 euro).  

<<“Il ritorno all’isola” è un libro sulla dignità del vivere ricercando e sperimentando la bellezza. Questa parola, che si pronuncia con sempre maggiore difficoltà come fosse una debolezza o un modo fatuo di osservare la realtà, è stata censurata, per vizio estetizzante, dalla dittatura della contemporaneità.  Io però sono refrattaria a ogni censura così come a ogni definizione – idealismo, realismo, orfismo… – e dentro la contemporaneità ci sto stretta. “La contemporaneità non è tutto il mio tempo” diceva Marina Cvetaeva -che di cose illuminanti ne ha dette e scritte molte. Invece bellezza è una parola che va pronunciata, urlata; è un bene della vita, una risorsa rigenerante di cui non si può fare a meno perché quando scarseggia, la quantità mancante viene riempita di volgarità e violenza -con tutto quello che ne consegue in campo sociale, economico, etico. In questo libro c’è l’amore perché c’è la vita, ed è il motore di questo sperimentare la bellezza, quello che fa accendere qualche scintilla senza la quale “è impossibile la vita, tutta un’intera vita”, come riporto ad apertura del libro. Ne “Il Ritorno all’isola” racconto questo andare verso e tornare alla bellezza in luoghi e tempi diversi. Non solo l’isola e la natura, ma la città nel suo degrado urbano contiene bellezza, quella della diversità delle razze, della luce improvvisa che illumina un particolare, di un sorriso sulla faccia di un barbone che ti dice grazie, del germoglio su un alberello di hibiscus, innaffiato dai gas di scarico, che malgrado tutto vive. “L’acqua della poesia scorre su cose sporche e /zone d’amore come sui rauchi rumori /di questa piazza/ sulle sue solitudini di razza”, è scritto in una poesia della raccolta.

Potrei parlarvi di altre cose, del tempo che non muore ma che riversa vita vissuta nel presente producendo nuovo linguaggio e nuova poesia -e questo in fondo è il senso dei versi : “Niente s’è spezzato. Nata. E sono ancora dentro quella nostalgia di vita che è una nascita”.
Non c’è frattura fra passato e presente, il tempo non si spezza: quanto è accaduto neppure la morte lo può ammazzare e la bellezza passata ci rimane addosso, il tempo la fa tracimare e la riconsegna al presente .
Potrei parlarvi dell’isola, come grumo di terra dai confini stretti dentro un orizzonte di mare sconfinato -come fosse la parola di un poema, la pagina di un libro…
Ci sono delle prose-poesie a fine raccolta che si sono presentate da sole, memorie che non sono andata a cercare, manifestano quanto c’è d’imprevedibile nella linearità di un racconto, quel fatto o quella storia che pure non essendo miei mi hanno segnato e spostato dalla mia solitudine. Perché non siamo soli al mondo ed è importante e commovente lasciarsi contagiare da altre solitudini e da altre intelligenze. E infatti a questo punto, nel libro c’è uno scarto, un dire in terza persona, la presenza di una voce esterna che è forse la coscienza di Amelia Rosselli, la parte sana del suo cervello malato.>>
di Daniela Attanasio

Continua a leggere