Giovanni Parrini, “Valichi”

 

IMMAGINE COPERTINA (1)Dalla nota introduttiva di Matteo Bianchi

Non poco è quanto ricevuto dai Valichi (Moretti&Vitali, 2015, pp. 84) di Giovanni Parrini, entrato nella terna finale del premio Viareggio-Rèpaci, assieme a Franco Buffoni (Jucci) e a Luigi Fontanella (L’adolescenza e la notte), vincendo il premio della Giuria.

Un Viareggio ancora una volta sorprendente, che ha visto partecipare alla tenzone penne del calibro, tra le altre, di Maria Grazia Calandrone, Aldo Nove, Umberto Fiori, Roberto Deidier;

tuttavia la contesa rimane aperta e si aspetta con trepidazione la nomina del supervincitore di questa ottantaseiesima edizione.

Valichi è il quarto libro di Parrini, poeta accompagnato, negli anni, da vari interventi critici, tra cui quelli puntuali di Maurizio Cucchi (prefazione a Tra segni e sogni, Manni 2006; selezione di testi per l’Almanacco dello Specchio 2010-2011; articoli su “Tuttolibri” e sulla rubrica “Dialoghi in versi” de La Stampa) e quello di Giovanna Ioli (prefazione a Nell’oltre delle cose, Interlinea, 2011).

«Non poco» è anche la particella chiave della raccolta. Un sintagma elementare, avveduto: due frammenti senza infingimenti che si fanno forza a vicenda, e introducono fin da subito la comprensione e la reciprocità della poesia, della letteratura. Perciò le liriche si susseguono una dopo l’altra in antitesi alle code di automobili che intasano le autostrade dei weekend, incuranti del valore esistenziale che dal tutto trattengono i particolari: «è il tramonto che presta ai fari il rosso / è il sole sghembo a fare con la polvere oro sopra i lunotti».

Alla maniera in cui si perdono (di vista) le storie degne di misericordia, come sosterrebbe Hugo, mentre seduti a tavola i fotogrammi fluviali della tv inghiottiscono le miserie che sarebbero da afferrare e fare proprie. Ecco e terribilmente, giunto «in ultimo il caffè», l’autore prende coscienza del peso interiore che assumono le immagini, specialmente nell’istante in cui valicano la condanna massificante del tempo.

Al centro, poi, si conficca la compassione d’incrociare a un semaforo lo sguardo di chi domanda, privandosi della dignità, qualche moneta per un pasto. Si badi bene, però, libero da drammaticità e da sentenze morali, specie nei confronti del sé allo specchietto retrovisore.

E le lacrime dantesche, o meglio, fiorentine – di stato e non di statuto – scaturiscono quando le parole non bastano più, non servono più, ma l’impotenza taciuta di redimere l’ingiustizia universale con un piccolo gesto si sfoga (mancando!) verso l’alto. Naturalmente, «vedi gli storni prendere le misure del cielo / con quella gratuità / che ti fa un nodo in gola di passione e di pena».

Anonima la grazia si rivela inaspettata: «Parrini – va detto – non giunge mai al momento epifanico, liberatorio; né mai è tentato da un discorso di ordine strettamente religioso: semplicemente cerca, ogni volta, il punto in cui  l’opacità del mondo sembra incrinarsi», ha motivato Giancarlo Pontiggia nella prefazione.

E il rispetto profondo con il quale l’autore si rivolge al prossimo, il garbo con cui ammonisce “un niente”, “il nulla”, ne costituisce la cifra distintiva, accurata ma necessariamente riflessiva da non indugiare sui formalismi, su superflui impedimenti comunicativi, «che tra poco uno a uno andiamo via alla spicciolata / una notte qualunque».

Il ritmo è totalmente privato e a tratti apprensivo, tanto da accelerare o ritardare al lettore l’illuminazione, a seconda dello stato d’animo vissuto, dell’ispirazione.

La limpidezza, delineata ne «l’azzurro contro il grigio», quindi serve a quietare la bufera dei ricordi, l’esperienza che allarga le palpebre. Magari per questo Pontiggia ha sostenuto «un’ascendenza montaliana», per la consapevolezza di essere una parte del tutto e neanche indispensabile al suo movimento.

Pianissimo come ha cominciato, e Sbarbaro docet nell’approccio antimelodico, l’ambivalenza amata e sofferta dei ricordi chiude il cerchio, quasi si trattasse di una panoramica scattata da un belvedere, ma oltre, di un tondo dipinto. D’altronde, «amari e magnifici giri» sono quelli intorno all’asse terrestre, «che la bellezza fa» non esaurendosi mai, rilkianamente quando «Né fanciullezza né futuro / vengono meno…» alle Elegie duinesi, che Parrini fissa in esergo al libro come un lasciapassare.

Paradossalmente sono i ricordi ad assicurargli una giustizia e l’inestinguibile desiderio di eterno, così all’opposto il presente brucia ogni cosa, perfino i fiori.

E dopo un «lunghissimo bacio» si congeda in bilico sullo stelo, senza bisogno che un aedo indori la realtà, men che meno depositata sul foglio, perché «Torneremo rifaremo percorsi di radici e pensieri / in una sola infinita stagione».

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QUINTA EDIZIONE PREMIO DI POESIA “MAURO MACONI”

 

Mauro-MaconiMILANO, 14 LUGLIO 2015 – ORE 19.00, BELVEDERE, 39° PIANO,  PALAZZO LOMBARDIA

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Si svolgerà martedì 14 luglio alle ore 19.00 presso il Belvedere al 39° piano di Palazzo Lombardia la cerimonia di conferimento del Premio intitolato alla memoria di Mauro Maconi, poeta varesino scomparso a soli 43 anni nel 2001.

Il Premio, patrocinato da STAMPA 2009, casa editrice che ha proseguito il progetto editoriale nato nel 1999 da un’idea dello stesso poeta condivisa da Maurizio Cucchi e Marco Borroni, ha cadenza annuale ed è alla quinta edizione. Continua a leggere

Il tempo delle ombre di Giancarlo Pontiggia

giancarlo-pontiggia-1Nota di Alessandro Moscè

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La poesia italiana ha molte varianti percorribili da unire alle preferenze singole della critica militante, che non potrebbero essere seguite con cognizione di causa, se non adottando mappe orientative tali da consentire un discernimento razionale, calcolato, per segnalare il tempo in fuga che il poeta tenta di salvare con l’uso di una parola identificativa o certamente significativa nel lavoro di composizione degli autori spesso eterogenei tra loro, come dimostrano i vari repertori critici e antologici. Ci sembra che la poesia degli ultimi anni non presenti la necessità di essere incanalata in una considerazione di valori assoluti e schematici, perché il tentativo fallirebbe di per sé nella formula. Il secondo Novecento e il primo decennio del terzo millennio non si sono risolti in un panorama formale, linguistico e organico avviato verso un canone come in un cursus scolastico che stabilisca scale di valori, poeti non scalfibili nell’ipotetica scala gerarchica. Continua a leggere

Nadia Campana (1954 – 1985)

 

Nadia-CampanaGiovedì 9 aprile 2015 – ore 21
Casa della Poesia di Milano
Largo Marinai d’Italia, 1

NADIA CAMPANA (1954 – 1985)

Verso la mente e Visione postuma (ed. Raffaelli, 2014)

Tutta l’opera in versi e in prosa di Nadia Campana a cura di Milo De Angelis, Emi Rabuffetti e Giovanni Turci

Intervengono

Sebastiano Aglieco, Umberto Fiori, Marco Focchi, Angelo Lumelli, Giancarlo Majorino, Roberto Mussapi, Giancarlo Pontiggia, Maria Pia Quintavalla

Letture Viviana Nicodemo

Saranno presenti i curatori del libro e l’editore Walter Raffaelli

Giancarlo Pontiggia, “Origini”

Pontiggia, Origini 180Origini
Poesie 1998-2010
Con un saggio di Carlo Sini
Interlinea, pp. 248, euro 24
Edizioni di poesia a tiratura limitata

Per la prima volta esce l’opera completa di uno dei maggiori poeti degli ultimi decenni. La poetica di Giancarlo Pontiggia unisce la limpidezza dell’immagine con la ricerca antiermetica, con una comunicazione diretta con il lettore, spesso invocato ma mai banalizzato. Il volume, molto ampio, contiene sei saggi inediti sull’autore tra i quali un testo di Carlo Sini. Continua a leggere