Rachel Bluwstein (1890-1931)

Da “Poesie” di Rachel Bluwstein, a cura di Sara Ferrari, Interno Poesia 2021

La prima antologia italiana interamente dedicata alla poetessa Rachel Bluwstein (1890-1931), nota al pubblico come Rachel, simbolo mai scalfito dal tempo del movimento pioneristico ebraico e madre fondatrice della tradizione poetica israeliana al femminile. Benché Rachel sia considerata una delle poetesse “nazionali” d’Israele, spesso nel corso dei decenni la sua opera è stata relegata a un ruolo minoritario, se non, addirittura, fraintesa. Soltanto di recente la critica ha saputo restituirle la giusta collocazione all’interno del canone poetico, mostrando l’intento rivoluzionario della sua scrittura. L’amore deluso, la nostalgia, la solitudine sono parte integrante dell’universo poetico di Rachel. Tuttavia, accanto a questo, troviamo una donna risoluta, consapevole della propria realtà, passionale e, soprattutto, dotata di un progetto poetico molto preciso.

Nella mia grande solitudine

Nella mia grande solitudine, una solitudine di animale ferito
ora dopo ora io giaccio. In silenzio.
La mia vigna l’ha spogliata il destino e non un solo rampollo è rimasto.
Ma il cuore, ormai vinto, ha perdonato.
Se davvero sono questi i miei ultimi giorni
voglio esser calma,
perché l’amarezza non intorbidi il quieto blu
del cielo, mio compagno di sempre.

*

Nelle notti senza sonno

Com’è fiacco il cuore nelle notti senza sonno,
nelle notti senza sonno com’è grave il giogo!
Stenderò allora la mano per recidere il filo,
per recidere il filo e finire?

Ma al mattino la luce, con la sua ala pura,
bussa silenziosa alla finestra della mia stanza.
Non stenderò la mano per recidere il filo.
Ancora un poco, cuore mio! Ancora un poco!

*

Espressione

Io conosco detti eleganti in abbondanza,
frasi fiorite a non finire
che camminano leziose,
lo sguardo arrogante.

Ma amo l’espressione pura come un neonato
e modesta come la polvere.
Conosco innumerevoli parole,
per questo io taccio.

Saprà il tuo orecchio cogliere, anche dal silenzio,
il mio umile parlare?
Saprai proteggerlo come un amico, un fratello,
come una madre in seno? Continua a leggere

Dalle ceneri alla storia

 

2730_IsraelMeirLauRiannodando con passo biblico il filo della memoria: il racconto dellolocausto nei ricordi di un protagonista. Traduzione integrale in lingua italiana del best seller tradotto in tutto il mondo.   

Autore: Israel Meir Lau, con prefazioni di Shimon Peres e Elie Wiesel, Gangemi Editore, 2014, € 25.00

Dalla prefazione di Elie Wiesel

Se avessero raccontato a Lulek, quando aveva otto anni, che un giorno si sarebbe seduto alla tavola della Regina d’Inghilterra, che avrebbe conversato con il Papa farcendo il discorso con parole in yiddish, che avrebbe ascoltato insieme al Cancelliere tedesco, proprio lui, “Credo con fede alla venuta del Messia” eseguita dai hassid di Gur, avrebbe stentato a crederlo. Ma forse no. Perché Lulek, il bambino più piccolo sopravvissuto al campo di concentramento di Buchenwald, era abituato ai miracoli, a una catena di miracoli: la madre che lo aveva spinto nelle braccia del fratello un attimo prima di essere deportata, quel fratello che gli avrebbe fatto da madre e anche da padre e a cui deve la sopravvivenza, di lager in lager, di treno in treno, guardando in faccia la morte. Suo fratello Naftali – Tulek – è sopravvissuto insieme a lui. Insieme hanno rispettato le volontà del padre, sono immigrati in Israele dove Lulek – Srulek – Israel ha raccolto il testimone di una millenaria dinastia di rabbini, diventando Rabbino Capo d’Israele. Il Rav Israel Meir Lau è stato insignito nel 2005 del Premio Israele. Continua a leggere

Nelly Sachs, Grabschriften in die Luft geschrieben

Letture

Epitaffi scritti sull’aria” (Grabschriften in die Luft geschrieben) di Nelly Sachs, a cura Chiara Conterno, con un saggio di Walter Busch e una nota introduttiva di Ferruccio D’Angeli (Ed. Progedit Collana Ecart/trace 2013).

Il ciclo di Epitaffi scritti sull’aria raccolti in questo libro sono stati scritti da Nelly Sachs tra il 1943 e il 1946 e appartengono al nucleo più antico della lirica d’esilio dell’autrice. Nascono dallo sconvolgente turbamento della Shoah. In una lettera, riferendo della madre, la Sachs scrive che si era “ammalata di spavento e orrore” per tutto quello che il popolo ebraico aveva dovuto sopportare durante le persecuzioni nazional-socialistiche, perché di notte percepiva il morire e il soffrire dei perseguitati. Sono fragilissime le composizioni di Nelly Sachs. Accanto ai titoli delle singole composizioni, quasi sempre, compaiono soltanto le iniziali di un nome, che  caricano la poesia di un significato assoluto. Nessun-nome-tutti-i-nomi, saranno ricordati nella sofferenza comune, collettiva, del popolo ebraico. Continua a leggere

Paola de Benedictis, “Le Mappe di Walcott”

Letture
a cura di Luigia Sorrentino

A volte è più facile negare qualcosa per rendere l’essenza di qualcos’altro.
Dare ciò che non si ha. Accettare la perdita, l’abbandono, la fine e nonostante questo, o forse proprio a causa di questo, sentire con maggior forza la verità del proprio sentimento amoroso.
E la sua estrema solitudine.
La consapevolezza che ciò che ti nutre, un giorno ti affamerà.
Che la stretta salvifica tira fuori dai guai per piegarti meglio alla volontà dell’amato.
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Una lettera autografa di Kafka riappare dopo 95 anni

Una lettera autografa di Franz Kafka (1883-1925), in cui rivelava all’amico Max Brod il suo terrore per i topi, è stata acquistata dal Deutsches Literaturarchiv, l’Archivo tedesco di letteratura che ha sede a Marbach am Neckar, per 96 mila euro ad un’asta della casa Kaupp. La lettera fu scritta nel dicembre 1917, mentre l’autore praghese si trovava nella fattoria della sorella Ottla per curarsi dalla tubercolosi, in Boemia.

Il contenuto della lettera era già noto agli studiosi ma non si sapeva dove si trovasse l’originale, che ora è saltato fuori con l’asta dopo 95 anni. Sembra che la lettera abbia cambiato almeno tre proprietari negli ultimi trent’anni. Il Deutsches Literaturarchiv metterà in mostra l’autografo appena acquistato con altre carte di Kakfa nella prossima primavera. Nella lettera Kafka racconta di vivere nel terrore a causa dei topi presenti nella sua stanza, di essere paralizzato da questa idea, tanto da pensare a trappole ma anche ad un gatto. Ma alla fine pensa che forse sarebbe meglio ricorrere alle cure di uno psicanalista per guarire da quella fobia. Continua a leggere