La casa della poesia di Milano ricorda Mario Benedetti, poeta italiano

Mario Benedetti, poeta italiano

di Amos Mattio

Giovedì 16 aprile 2020 ore 19 e 30 – Casa della Poesia di Milano sul canale dedicato YouTube, rende Omaggio a Mario Benedetti. Evento a cura di Amos Mattio.

Mario Benedetti, autore di “Umana gloria” (Mondadori, 2004) e del quale sono state recentemente pubblicate “Tutte le poesie” (Garzanti, 2107), è una delle oltre 20mila vittime del Covid-19, che se l’è portato via il 27 marzo scorso.

Ricordiamo in quest’occasione l’amico e il poeta sul canale YouTube.

Intervengono i poeti Fabrizio Bernini, Riccardo Olivieri, Mario Santagostini, Gian Mario Villalta.

Lettura di testi dell’attrice Sonia Grandis.
https://youtu.be/jXxqTsgUadE (premiere alle 19:30)

La testimonianza poetica di Benedetti

Si deve morire, e non sembra vero
Pitture nere su carta
, MARIO BENEDETTI


IL RICORDO DI MAURIZIO CUCCHI 

Avevo conosciuto i suoi versi, prima della persona, e ne avevo subito apprezzato il valore di una attenta, voluta ricerca di normalità autentica. Una parola, la sua, capace di registrare il sentimento quotidiano dell’esistere, la sua umile bellezza, di cui sapeva cogliere il senso tra esperienza diretta e presenze trasmesse nel tempo da una realtà locale, partendo da quella delle sue origini friulane, a cui non poteva non essere legato. Siamo poi diventati amici, abbiamo passato ore molto vive insieme, abbiamo lavorato insieme, anche, nel segno di una fiducia credo davvero reciproca e solida.

La cattiveria del destino aveva posto fine alla sua opera già molto prima, purtroppo, che alla sua stessa vita. E parlo di un’opera poetica che si era utilmente mossa nella necessità di un progetto interno che lo aveva portato da un dire d’ampio respiro, aperto nel suo svolgersi a un passo dalla prosa, a una scrittura resa decisamente scarna e a suo modo impervia. Fino a una sintesi in Tersa morte, di cui avremmo voluto poter conoscere gli ulteriori sviluppi. Continua a leggere

Giancarlo Pontiggia, la purezza della poesia

PREFAZIONE DI MAURIZIO CUCCHI

Giancarlo Pontiggia, dopo l’eccellente esito di un libro come Il moto delle
cose
, ci regala ora un testo in doppia direzione, nel quale è bello lasciarsi
andare, immergersi coinvolti, in piena adesione empatica con il soggetto, prima
narrante e poi lirico. Il camion e la notte è un poemetto che si articola su
un’idea senza tempo di possibile avventura, che parte da un semplice cortile,
dalla povertà estrema dei mezzi di chi vi si rannicchia nella sua innocenza
inerme. Ma di umana, quotidiana avventura semplice si tratta, il che non è
un ossimoro, ma il concreto realizzarsi di un rapporto diretto e insieme onirico
col reale. E in sogno il protagonista entra, stupito, compiendo un suo viaggio,
attratto dalle varie presenze del mondo e dalla gioia inquieta d’esserci e
d’esserne in qualche modo parte. Pur nel buio, nella notte che si insinua
ovunque insieme alla meraviglia, viaggiando «nell’inerzia delle cose»,
Pontiggia riesce a cogliere e a esprimere, in questo percorso, il senso di una vita
in un irriducibile «fiotto di sensi», tra opacità e improvviso accendersi di lumi.
Ma riesce poi a sorprenderci con una seconda sezione, Animula, che sembra
porsi come l’apparente contrario sul piano del registro e della forma, rispetto
al poemetto d’apertura, trattandosi di una sottile meditazione lirica sull’esserci,
tra immobilità e mutamento, che agisce e si compone la trama aperta del testo
in un classico, luziano, “travaglio di pensieri”. E nella duplicità, pur molto
coerente, della proposta, è un carattere essenziale e un evidente pregio di Voci,
fiamme, salti nel buio.

ESTRATTI DA “Il camion e la notte” di Giancarlo Pontiggia, a cura di Maurizio Cucchi, I Quaderni de La Collana Stampa (2019)

Al tempo dei tempi, quando
il miele colava dalle cortecce degli alberi,
e i camion correvano liberi per le strade del mondo,
prima ancora
che avessi coscienza della mia felicità,

me ne stavo tutto solo, al riparo dal vento,
in un vecchio cortile lastricato di beole grige,
entrava

così poco il sole, in quel cortile, che a volte
rabbrividivo dal freddo
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La poesia che chiede di spargersi e andare

Sindrome del distacco e tregua, di Maurizio Cucchi, (Mondadori, Milano, 2019)

Note
di Marco Marangoni

“Polifonia e drammaturgia metrico-prosodiche”, “stacchi in prosa” (A. Bertoni, nella quarta di copertina), ma anche un corredo fotografico, sono i tratti formali, del nuovo lavoro di M. Cucchi, che nel suo insieme mostra come la “poesia” possa proporsi in sintonia con la complessità attuale e postmoderna. Lirica e oltre. Poesia e non solo. Ed è un libro che ci guida anche come un cronotopo, da Černobyl’- teatro del noto disastro nucleare- a Nizza, passando per la familiare e natia Milano.

Notiamo anzitutto come un linguaggio, segnato dalla lezione di maestri quali Sereni e Raboni, si presti a nuove riprese, per temi e approcci; continui cioè a venire elaborato, riuscendo a una cifra “lirica/post-lirica” (comprensiva, sempre più, di uno speciale andamento meditativo). L’effetto finale che viene ottenuto è quello di un suono-senso moderno e classico al tempo stesso, regolato da una “ media quiete” ( “ mediocrità innocua e gentile del mondo”), funzionale ad esprimere tanto il minuzioso quanto il complessivo; e così si vedano espressioni topiche quali “ perso” “pullulare sparso” “centrifugato”, “abbandonato”, “vuoto areo”, “popolatissimo”, “più impalpabile”, “microorganismi”, “orizzontale indifferenza acquatica”, “minutissimo e prezioso”, ecc; il tutto attraversato da una intenzionalità in qualche modo filosofica: “ Il grande occhio dell’essere”; “ l’orizzonte semplice, /lo stesso che animava il messaggio elementare/ del primordiale artista”. La voce inoltre che prende corpo nella scrittura ci giunge diretta, ma anche obliquamente, per un sistema aperto di risonanze. Il fondo tonale, sempre udibile nella lettura dei testi, oltrepassa i significati immediatamente reperibili, e l’alone del “non detto” -la simbolicità- amplifica il tutto. Tale simbolicità non produce però incantamento, ma una spinta (quasi istitutiva della parola) di liberazione espressiva, di decompressione, diciamo, del linguaggio- traccia che ricorda un esordio poetico avvenuto in anni di forte “immaginario” utopico. Continua a leggere