Opere Inedite, Donatella Nardin

Per Donatella Nardin la poesia è un magma oscuro che si fa governare da lemmi e forme decifrate con pazienza certosina e rigore, per articolarsi poi nei temi di tutti e di sempre: l’umana, indecifrabile sofferenza, il conflitto, il disinganno, l’impossibilità, l’assenza. Spesso tale materia si impone improvvisa per rafforzare nel suono la percezione di sé e delle cose intorno quasi a coglierne lo scarto inatteso, l’epifania. Altre volte la parola poetica si cerca in un corpo a corpo contro/verso per liberare gli occhi e il cuore, per portare alla luce una preghiera dolorosa, insistita, un’istanza ripetuta, quasi la voce ultima di qualcuno che senza colpa è rimasto fuori, escluso, perduto.
Con molto pudore, con grande pena. Nel suo vario articolarsi, si modula in una continua, inattingibile ricerca di senso, nel tentativo inesausto di decifrare le linee sottese alla trama, la loro essenza precisa, incarnata.
A volte si intona alla serena armonia del respiro, con un linguaggio piano, assertivo. Nella continua pretesa di forme e assunti migliori, più autentiche e di una maggiore consapevolezza poetica, negli ultimi anni ha accostato molti autori classici, moderni e contemporanei in una lettura disordinata e onnivora.
Donatella Nardin rifugge “la trimurti poetica della scrittura consolatoria, del sentimentalismo lirico sdolcinato e dell’eccessivo concettualismo.” Si porta nel cuore le considerazioni dei grandi sulla poesia come quella del poeta francese Yves Bonnefoy che osserva ” la poesia è la presenza viva di ciò che incombe, nell’illusione profonda di avere la meglio sulla morte “. Continua a leggere

Opere Inedite, Vincenzo Gramegna

Vincenzo Gramegna mi ha scritto di aver appreso una volta da un poeta americano  – Lawrence Ferlinghetti – che la poesia è la voce della quarta persona singolare. Vincenzo ha strabuzzato gli occhi, stupito e si è detto: “è vero!”
Vincenzo molti anni prima leggeva, grazie alle indicazioni ricevute da un professore di liceo, Arthur Rimbaud che diceva: “Io è Altro” e per Vincenzo anche questo era vero. Per Vincenzo “scrivere ‘cose’ come poesie che siano immagini è fondamentale.” A lui piacciono gli scatti lomografici e la comunicatività sanguigna che a volte prendono quando raccolgono gli angolini delle metropolitane e i marciapiedi. Vincenzo prova a scattare fotografie con la scrittura. Prova anche a riversare nella poesia tutta la sua natura silenziosa che vorrebbe tanto raccontare a voce, ma spesso Vincenzo è in difficoltà con le parole dette e predilige quelle scritte. Il mondo del web, negli anni lo ha aiutato a sentirsi libero di dire ciò che vuole e per questo la formula di scrittura mutuata dagli ambienti MUD, forum, chat, lo aiuta a trovare un ‘sacco’ di parole per comunicare. La poesia per Vincenzo è il senso di meraviglia che si genera dentro di lui leggendo Penna e Ungaretti, i suoi poeti italiani prediletti. La poesia per lui è anche l’immagine che gli suggerisce di tanto in tanto una canzone. La poesia per Vincenzo potrebbe anche essere canzone. La poesia per lui è anche una piccola rivoluzione delle parole ed è inventarne di nuove che si possono accostare alle cose ed alle persone strambe che girano in città e che non sai come chiamare. “Poi ci sono i bambini” scrive Vincenzo “ed il loro mondo fatto di parole semplici.” Vincenzo ha scoperto un giorno il linguaggio dei bambini e le loro espressioni di meraviglia durante le giornate di lavoro e di scuola e ha capito che tanta poesia la può imparare stando con loro. Per Vincenzo la poesia è anche lo spazio bianco della mente che sente il bisogno di arredare.

           “Quando scrivo ‘Io’ la voce che esce dalla penna arriva da lontano.” 

“La poesia è usare parole che non sembrino uscite da un dizionario dei sinonimi e contrari ma che appaiano nate da una bocca, generate con la lingua.”

“La poesia è anche liberazione dall’ossessione per il cibo in un rapporto di amore-odio che me lo fa inserire in ogni cosa – o quasi – che scrivo.”
                                        di Vincenzo Gramegna

Sempre venerdì sera

la luce bianca fuggita via ha lasciato solamente un alone di paura, bevo tutto il giorno e penso a questo paese sempre in guerra, ai vicoli di Acerra e che non ho nemmeno più la forza di camminare ma riesco a fischiettare il più bel motivo che mi rimane: sweet jane e barcollare. Piscio come un cane e mi immagino ad annusare gli angoli del marciapiede vestito di latex nero con un collare.

Contratto t.i.

Sto abbastanza bene, appena tornato da un mare in tempesta molto bello
il vento è andato via di lì ed è venuto qui con me,
mi sono tuffato in mezzo alle onde, poi avevo freddo.
Io, un po’ rosso e un po’ sazio di nuoto.
E un po’ gonfio di cibo e un po’ contento per motivi di lavoro
e un po’ curioso e un po’ creativo
e forse a tratti un po’ cretino, un di tutto un po’ che fa bene.
Da lontano adesso vedo la pensione e poi la morte,

sono stato costretto a mostrare la felicità ma non mi importa.
Se un giorno facessero la coca cola di colore rosa
la cosa mi colpirebbe di più di un nuovo contratto di lavoro.

Asperger punto0 (mentre playground love vibraphone version scorre)

Sono
sul divano della sindrome di Asperger, il vibrafono mi entra nelle tempie.
Fermo,
nella musica rallento al cubo e rubo colore e frammenti del muro
di suono,
la vela che spinge l’uomo-idiota-sapiente fuori da me.
Oggi dovrei muovermi, distrarmi negli spostamenti di realtà che non fanno bene.

Compulsiva voglia di vedere qualcuno incollata al deretano
e di starmene appeso al darwinismo neurale delle lancette dell’orologio, dentro il divano
e nessuna voglia di trovare scuse sul portafogli perso chiavi in mano.
Devo uscire ma peso troppo.
Posso lasciare la porta aperta al saldo contabile della verità:
ho scoperto che
c’è solo il vuoto sotto quest’ultima riga.

Asperger punto1 (sulle labbra)

Non sono finto, taccio per “timidezza d’amore”
vorrei stare qui e che tu mi accarezzassi come fossi il tuo cane di cui ho solo la fame e l’odore,
adesso sono servo della bestia che trattengo e sono il padrone,
custodisco me stesso nel silenzio per ritmare
fuori-tempo,
il respiro.
Con l’odore di bruciato sulle mani, lascio due righe profonde, raschiate sotto il banco.
Quando la febbre scorre via, ho le ali cucite a mano dietro la schiena che mi fanno perdere il fiato
e resto sottovuoto.
Ho speso molto denaro, sono leggero e posso volare.
Nevica.
Il servizio clienti ha elencato i rischi
e sordo, col pensiero fisso nella pornografia telefonica, aspetto in silenzio di partire.
Ho messo le ruote da neve per un atterraggio softcore.

Lomo.txt

A. cammina sul bordo del deposito dei bus e del magazzino delle poste, non sa nulla di quello che tiene sulla sua sinistra, cammina, passeggia, barcolla, guardando l’hotel dorato e blu che lo domina con comete soldi e saliva. Io poco meglio di lui torno rintontito da parole miste d’italiano e arrikkito dall’interlingua aspetto la sera che arriva per bere litri di vino a buon mercato e per ascoltare “alive” dei Pearl jam. Ora dormo mentre gli altri sono partiti per il rave. Ho guardato il ciclope nell’okkio, l’ho fissato e sfidato senza timore.
Ho dato fuoco al bosco e non me ne sono pentito, tanto poi ho comprato una rosa indiana e l’ho regalata alla prima puttana ke ho incontrato vicino al supermercato di fianco alla scuola dove lavoro, le ho rubato l’oro ke portava negli okki e arrikkito dal metallo poco pesante, ho pensato di sfruttare il mattino per respirare il banco di nebbia ke ogni giorno continua a spuntare sotto casa.
 
Portici

Con i ragazzi drogati l’ho passato in autobus il film muto di questo mattino bolognese che non è mio, i passanti scorrono, in un ordine che già esiste, s’accalcano alle casse, colonne della grande distribuzione. A guardia dei consumatori due uomini, accattoni, paonazzi, sbocciano in una luce da 1000 watt:
Teatrino della vita
il faro direzionale illumina una coppia felice: madre/figlia, – con pochi spiccioli pper caldarroste? Rumore di vetro in piccola esplosione mmalauguratamente interrompe il fuoco sulla relazione “parenti di sangue”. Un tappeto di scorze calde rende onore alle loro vite e mi inchino a raccoglierne una per giocarci un po’ e giacere steso per terra come loro fra piedi e carta regalo:
ora mi camminano negli orecchi
…e le risate riflesse sul lastricato, nel dolby surround del porticato.
Mi chiedo: – perché tornare su nella posizione eretta che non mi si addice in questo momento! Nascosto nell’ombra in questa selva di gambe,
non sono mai stato meglio,
voglio essere calpestato.

Biobibliografia 
Vincenzo Gramegna, 34 anni, pugliese, laureato in scienze della formazione primaria con una tesi su alfabetizzazione e new media dal titolo “la scuola medium dei media”.
Si dedica part time a scrivere testi su di sé e su immagini che lo colpiscono.

E’ stato pubblicato nelle antologie:
Coopforwords 2006, Bio-scritture nella sezione blog ed sms
Coopforwords 2007, Tracce di realtà, primo classificato nella sezione blog con “lomo.txt”
Coopforwords 2008, Pascoli è precario, con il testo Pascoli è precario (blog) selezionato anche per il titolo dell’antologia.
Coopforwords 2009, A.A.A. cercasi realtà, con Dark room: è venerdì sera (blog, 3 classificato)
Monotono ma anche nel 2010 è inserito in coopforwords con il testo -Question time-

Opere Inedite, Viviana Scarinci

Viviana Scarinci ha una scrittura forte che si pronuncia nel suo farsi parola, che ha la necessità di essere parola scritta, e, in quanto parola scritta, parola dicibile. La sua poesia si snoda da lei innalzandosi come una “voce sopra altre voci”. Viviana avverte la poesia come un regime colmo di imposizioni, regole, che si rispecchiano direttamente sulle sue scelte e sui suoi comportamenti. Riconosce alla sua poesia una “strana forma di normalità” di cui ha dovuto, a un certo punto nella vita, dare spiegazioni. E’ accaduto, ad esempio, quando ha raccontato ai suoi due figli che cosa fosse questa “cosa” che riempie gran parte della sua giornata.
Per Viviana la poesia è “un linguaggio a sé, o addirittura, una sorta di idioma alternativo per comunicare un’esperienza immateriale come quella dell’essere nel suo profondo.” Anche lei, come molti altri poeti che hanno scritto a questo blog, ha iniziato un percorso di scrittura in età giovanile, ancor prima di capire che c’era già allora, il germe di ciò che oggi chiamiamo ‘poesia’. Viviana da allora non ha fatto altro che guardare dal lato in ombra le stesse cose che guardano tutti e con l’ombra di quelle, fare all’infinito ciò che fece la Wendy di Peter Pan la volta che Peter perse l’ombra: “conservarla in un cassetto per poi, al momento giusto, provvedere laboriosamente a ricucirla.”

“La poesia che amo di più non fa che tentare con l’ombra tessiture visibili.”
di Viviana Scarinci

Il padre
1.
sto nelle cose come
un’estensione tua
le proseguo e ti combatto
e non sembra in questo
buco che un dilagare
passando ristrettezze
aggrumate a un centro
così puro che non esiste
come non esiste parola
per cui si cerchi più
di un bisogno ammutolito
l’impronta più fonda
di un claudicare, il passo
che non sostiene e sottrae
protraendo nient’altro
che questo scambio iniquo
di pesi e venti che
la terra solleva

2.
tu lo sapevi l’abitato
la distorsione refrattaria
a darsi conto o pace
ed eri come quelle notti
meridionali che acquetano
le mura in una sola ombra
a segnarti dove
mandare a memoria
dove smettere
la somma delle stagioni
e sui giorni a venire
operati dall’ansia
di sapersi, come
un vago esorcismo
cominciavi a eclissarti

3.
è tutto lì, rintracciabile
attorno a una coerenza perduta
e manifesta che ci attende
non è che passare da un varco
il darsi a questo ricorso
mettendo a dimora ogni sentenza
adesso che una forza
continua a dimenticarci
come fossimo sempre
stati in fuga da quell’animale puro
spaventoso e ora lo si veda
per intero nei nostri occhi
e senza più fretta
di concludergli un assetto
il gigantesco edificio
di ciò che non abbiamo saputo
toccare barrisce la sua mole
enorme, miserabile

Dalla raccolta inedita “Atti del farsi“, di Viviana Scarinci

Biobibliografia
Viviana Scarinci, ex responsabile della segreteria di presidenza dell’Università Popolare di Roma, Upter, e della segreteria generale della Fipec, Federazione Nazionale per l’Educazione Continua, è stata segretaria di redazione di Open, Rivista Italiana di Educazione Continua edita dalla EdUP, Edizioni dell’Università Popolare. Ha lavorato come responsabile amministrativa per Apeiron Edizioni & Distribuzioni. Ha curato per Apeiron Editori, il libro di memorie collettive L’isola di Kesselring. Ha vinto diversi premi letterari tra cui la sezione Scrivere i Colori del Premio Grinzane Cavour.
Le sue poesie sono state pubblicate su Nuovi Argomenti, Atelier, Gradiva, Capoverso, il Segnale, Tratti. Nel Gennaio 2009 è uscito il libro Le intenzioni del baro, poesie 1995-2007 (edito in proprio da ilmiolibro.it del gruppo l’Espresso). Fa parte della redazione del blog collettivo Viadellebelledonne.
Gestisce il blog http://vivianascarinci.wordpress.com/

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Opere Inedite

Cari amici,
il blog Poesia di rainews24.it è molto seguito sul sito del nostro canale televisivo, Rainews. Vi faccio un esempio: nell’anno 2010, nel solo mese di ottobre, “le pagine viste” sono state, in totale, 4 mila 723.

Forte di questo dato, ho deciso di mettere in gestazione Opere inedite, una iniziativa editoriale aperta a tutti quelli che desiderano sottoporre all’attenzione di questo blog la propria Opera Originale.

Inviatemi i vostri inediti, i vostri dati, (nome, cognome, indirizzo e recapito telefonico), corredati da una vostra foto e da una breve nota bio-bibliografica. Spedite all’indirizzo di posta elettronica l.sorrentino@rai.it

Potete anche inviare gli inediti scrivendo a: Luigia Sorrentino Rainews – Centro di Produzione Rai di Saxa Rubra – Largo Villy De Luca, 4 – 00188 Roma.

Opere inedite a partire dal 2011 pubblicherà una scelta dei vostri testi inediti una volta a settimana, in un giorno da stabilire.

Vi ricordo che http://poesia.blog.rainews.it/ non è una testata giornalistica, ma semplicemente un blog di Poesia.

Buon Anno a tutti
Luigia Sorrentino

Milo De Angelis e Peter Flaccus: Opere Inedite

 

 

A Roma, alla Casa delle Letterature dal 19 marzo e fino al 2 aprile 2009 Arte e Letteratura conversano fra loro: l’artista visivo americano Peter Flaccus e il poeta milanese Milo De Angelis.

L’obiettivo è doppio: vedere il corpo della pagina, il testo che si fa immagine, accostarsi alla visione. Leggere una storia nelle immagini, penetrare gli strati che la compongono rintracciandone le parole.

Un artista ed un autore creano l’ Opera Inedita, pensata per “dare corpo” all’incontro dei due diversi linguaggi – poesia e arte visiva – e alle reciproche suggestioni.

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