Liu Xiaobo, “Monologhi nel giorno del giudizio”

Liu Xiaobo, Nobel per la pace nel 2010 nei “Monologhi nel giorno del giudizio” (Mondadori 2011, 19,00 euro) svela il vero volto della Cina.
Nel 2009 la corte popolare di Pechino ha processato e condannato alcuni intellettuali e giornalisti partecipanti alla “Carta 08”, un manifesto volto a promuovere riforme politiche e in difesa dei diritti umani.

Liu Xiaobo, uno dei più importanti intellettuali cinesi, è stato il promotore e organizzatore di questo manifesto civile e, colpevole solo di aver espresso il suo pensiero, è stato condannato a oltre dieci anni di prigione.
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La divisione della gioia

In un’atmosfera di erotismo conturbante, sospesa tra le note dissonanti dei “Joy Division” e la metafisica silenziosa dei quadri di Hopper, “La divisione della gioia” si sviluppa come un poema d’amore di lacerante intensità e bellezza, in cui voci maschili e femminili si richiamano, si scontrano, si cancellano, si confondono. Un dialogo incessante, in cui si alternano tenerezza e abbandono, rapimento e paura della perdita, e che si dirama come il delta del fiume su cui i personaggi si muovono, si lasciano, si ritrovano, tra sfondi naturali e paesaggi post-industriali che ricordano il “Deserto rosso” di Antonioni. Dialogo teatrale o racconto in versi? A qualunque luogo appartenga, questo libro batte e ribatte senza sosta, con un ritmo fermo e implacabile, la materia dei giorni, la storia di uno e l’ansia di tutti, il canto che silenziosamente accompagna la divisione del dolore e della gioia.

“La divisione della gioia” di Italo Testa, Transeuropa Edizioni 2010 (euro 9,50)

Qui ho appreso la luce sciolta sugli scafi al mattino
il buio incandescente e l’anima buia dei rami,

qui ho imparato a dissipare gli occhi, la bocca, il fiato,
a calarmi all’alba dentro un vestito di brina

qui ho svegliato sui fossi le canne inanimate nel bianco
la frontalità ignara dei pioppi eretti come ceri,

qui ho imparato a distinguere nel manto uniforme del giorno
l’intonaco di case insaponate nella nebbia,

qui ho perduto nell’acqua il tuo pegno raschiato dal cuore
e in un pomeriggio ignaro ho confuso i corpi e i volti,

qui ho consumato gli occhi sul volto lucente del mondo,
qui sull’argine alto mi sono inumato nel freddo.