Maurizio Cucchi, Vite pulviscolari

Incontriamo Maurizio Cucchi a Fabriano, nel corso della Seconda Edizione del Festival Internazionale delle Arti, Poiesis, diretto da Francesca Merloni. Maurizio Cucchi sta per partecipare all’incontro fissato per il pomeriggio con Milo De Angelis, moderato dal critico Fabrizio Fantoni. Ha con sé, fresco di stampa, il suo ultimo libro di poesie: “Vite pulviscolari”. Un libro che – come scrive Giorgio Ficara nel risvolto di copertina – ‘ha cambiato rotta e il suo umanesimo freddo, intelligente, insofferente, vagamente beffardo – o altrimenti, la sua sofferente ironia – si sono inoltrati in un territorio di confine.’

http://www.rainews24.it/ran24/clips/2009/05/cucchi_sorrentino.flv

Il titolo di questa sua nuova raccolta di poesie, “Vite pulviscolari” fa presagire qualcosa che scivola nella polvere, che diventa polvere.

Siamo circa sei miliardi e mezzo di persone e ognuno si crede uno strepitoso individuo. In realtà ciascuno di noi è poco più di un granello di polvere.

Come si inserisce nella sua produzione poetica questo nuovo libro?

In questo libro non c’è il progetto di un’operazione letteraria. Quello che mi interessava era arrivare a un linguaggio asciutto, essenziale e comunicativo.

Si può dire che in questa nuova opera lei raggiunge una dimensione metafisica?

Sicuramente vi è in questo libro una dimensione esistenziale che è sempre stata una caratteristica della mia poesia. Mi ha sempre dato molto fastidio leggere interpretazioni di tipo sociologico su quello che ho scritto. Spesso penso a Leopardi e a quanto ha scritto nel suo ‘Della natura degli uomini e delle cose’: L’ignoranza parziale può sussistere’, scriveva, ‘anche nell’uomo alterato dalla ragione, anche nell’uomo ridotto in società. ’   Leopardi  provava tristezza nel vedere l’uomo ridotto in società, nel vedere l’individuo non consapevole  della propria precarietà.

Da “Il disperso” del 1976 a “Vite pulviscolari” del 2009. Un lunghissimo percorso, con numerose pubblicazioni,  nel nome della poesia…Cosa è cambiato da allora?

Da ‘Il disperso’ sono passati tantissimi anni. Ma è come se fossi ancora là, non mi sento molto cambiato. Anzi, dico subito che in “Vite pulviscolari” ci sono delle riprese che sono state necessarie rispetto a quel mio primo libro. Ad esempio, l’ultima poesia de ‘Il disperso’ a cui tengo moltissimo, ‘Coincidenze’, introduceva una situazione tematica che ritorna nella prima sezione di questo libro ‘Il bacio della buonanotte’. Una sorta di colloquio a distanza e postumo con la madre dove rientrano anche degli elementi di tipo narrativo già presenti allora. Credo che nella poesia debba esserci uno sviluppo nella continuità – come d’altra parte è anche nella storia della nostra letteratura  – e bisogna essere, come dice Zanzotto, al tempo stesso, un po’ tradizionalisti e un po’ innovatori.

Da: “Il bacio della buonanotte”

Presto saremo tu e io senza ormai tempo
risucchiati senza tormenti o gioie, senza
né corpo né afflizioni, assorbiti in una nube,
in una bolla definitiva d’aria.

da ‘Vite pulviscolari’ di Maurizio Cucchi (Mondadori 2009)

 

Chi è il ‘tu’ di questo testo che apre la raccolta?

In questo testo vi è una sequenza alla quale sono affezionato per ragioni anche di ordine personale. Anche se, ci tengo a dirlo, la poesia non à mai autobiografica. Ci sono diversi elementi che intervengono e una volta che sono sulla pagina diventano situazioni anche narrative e le ‘persone’ divengono ‘personaggi’. Invito chiunque legga a non andare a cercare delle storie personali.

So che “Vite pulviscolari” ha qualcosa a che vedere con ‘La teoria dei buchi neri’…
Si, è vero. Parecchie volte  tornano nelle poesie espressioni particolarmente felici all’astrofisica come ‘L’orizzonte degli eventi’ che era il primo titolo che avevo dato a questo libro prima che fosse concluso e che ora è una sezione del libro. Anche nella parte finale faccio riferimento a questa teoria. Però – devo spiegare – ne so poco di astrofisica… ‘L’orizzonte degli eventi’ è il confine del buco nero, la linea di demarcazione oltre la quale ogni informazione va a perdersi per sempre, va a diventare il nulla. Si tratta di un confine straordinariamente suggestivo e orrendo preso in prestito dal linguaggio della scienza perchè ha un elevato valore simbolico e poetico.

Come si articola questo libro?
Il libro ha due parti costitutive prevalenti che sono la prima e l’ultima, anche quantitativamente nel senso che sono componimenti per frammenti abbastanza lunghi. L’ultima parte del libro ‘La traversata’  racconta di un percorso fatto per mare, molto breve, di poco significato, ma che fa scatenare nel protagonista narrante una serie di riflessioni. C’è una strana e affascinate somiglianza tra  il famoso racconto di Edgar Allan Poe ‘Una discesa nel Maelstrom’ e ‘La teoria dei buchi neri’. Poe ci racconta di due giovani marinai che vanno per mare e che sanno che non dovranno mai arrivare nel terribile gorgo del Maelstrom perché ne rimarrebbero risucchiati e non ne uscirebbero più.  ‘La teoria dei buchi neri’,  invece, ci dice che il buco nero ha come confine ‘l’orizzonte degli eventi’ al di là del quale chi entra viene risucchiato… ma non chi entra come persona, bensì tutte  le informazioni, qualsiasi elemento passi oltre questo confine viene per sempre distrutto, inghiottito nel nulla.

La traversata

Seduto in fondo, rido per l’acqua
che arriva a schizzi sui sedili
sverniciati. Ho visto il volto terreo
dell’oste, il grande corpo
smangiato e d’improvviso, con un brivido,
il cranio rasato della dolce postina. Parlottavo,
leggero. Ma quando ho mosso lo sguardo
verso l’orizzonte
è sceso un cupo silenzio
e mi ha assorbito. Desideroso
di luce e terra l’orizzonte è una lama,
uno specchio che mi cancella.

‘Vite pulviscolari’ di Maurizio Cucchi (Mondadori, 2009)

L’intervista a Maurizio Cucchi è stata realizzata a maggio del 2009 da Luigia Sorrentino nel corso della Seconda Edizione del Festival Internazionale di Poesia città di Fabriano, Poiesis, diretto da Francesca Merloni.

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