Bruno Galluccio presenta a Roma ‘Verticali’

Presentazione del libro Verticali di Bruno Galluccio, Einaudi, 2009. Con l’autore intervengono Antonella Anedda, Camilla Miglio e Tommaso Ottonieri.

L’appuntamento è per giovedì 14 aprile a Roma alle 18.00 al Centro Culturale libreria Bibli di Via dei Fienaroli, 28  a Trastevere.

In questo blog avevo già parlato di Bruno Galluccio a libro appena uscito.
Se siete interessati all’intera recensione potete cliccare qui.

“Una parola netta – quella di Galluccio – pronunciata con ingegno, che si concentra con estrema precisione sul ritratto del grande matematico russo-tedesco, George Cantor (1845-1918) fondatore della teoria degli insiemi. ‘L’irrazionale ha fatto breccia nella mia vita fino all’osso/ fino a calare tende lungo le pareti/ e attutirmi i clamori troppo fini’, scrive Galluccio nella poesia dedicata a George Cantor. Ed è proprio lì, nella poesia collocata nella parte centrale del libro, che l’io del poeta fonde la precisione del pensiero scientifico allo spaesamento, drammatica espressione di ogni comune esistenza. Il genio matematico perde la sua potenza svelando il proprio isolamento nello scorrere del quotidiano, nel giorno per giorno, ‘calando i maestri giù nell’ombra’, smarrendo i confini della scienza e trasbordando nell’ ‘irrazionale’, nell’emotività della propria condizione umana. Il poeta, adagiandosi ’sul fianco dentro il freddo/verso le caverne della terra’, dopo aver percorso una progressiva, graduale, emersione dal fondo, in un processo di proiezione-identificazione ‘discende’ nella spina dorsale di un profondo dolore fino a raggiungere una parola poetica scevra dall’esattezza della formula matematica, tutta proiettata verso l’alto, verticale, appunto: ‘Non ho sonno, non so pregare. / Accolgo la solitudine di ogni singola onda./ Questa casa ha guscio di rapina/ e tentazione lunare. Non ha scale/ da scendere, sono nella terra friabile/ la rena scardinata. Mi lascio indietro’.”
di Luigia Sorrentino

Opere Inedite, Alessia Scacchi

Alessia Scacchi definisce la poesia “l’unica strada per la conoscenza del reale, in simbiosi con l’immaginario.”

“Quella leggera tempesta d’inverno che agiva costante, all’intersezione tra la persiana di una casa romana di pochi metri e un cielo colorato da cento e più luci di un giallo elettrico, s’impresse al mio sguardo come può il verde brillante di un prato che in primavera si agghinda di fiori, i bianchi narcisi; bassi, nel folto di un’erba incorrotta, essi si affacciano al sole, prudenti.
Io ero, in quel candido aprile, nel mezzo delle gramigne e mi soffermavo, assorta, al lento frusciare dei faggi di una lontana isola di medioevo che ancora racchiude e protegge un’infanzia felice e sfacciatamente contadina.
Questi ricordi mi portano al primo pensiero poetico quando, piccina – seppure di forte corporatura, guardavo e parlavo ad un olmo, un fulgido e umbratile olmo dalle fruscianti foglie; all’ondeggiar del vento parevano pormi i saluti di una natura, quella della Talenti degli anni Ottanta, sopravvissuta all’onta della cementificazione. È come se il ritmo di quelle leggiadre fronde mi avesse sospeso nel tempo e avesse abituato il mio corpo ad osservare i particolari inattesi, le controversie di un reale inspiegabile se non negli schemi di una schiacciante normalità.
Io ero a-normale: avevo una splendida madre trentenne, che sola cresceva una bimba sognante; avevo un padre che assomigliava ad un babbo natale con accento napoletano; convivevo con una zia – seconda mamma – che studiava e piangeva alle difficoltà di un’università occupata; abitavo una casa che assomigliava alle dimore dei Lillipuziani, in una Roma borghese che ostentava un incerto potere economico; ma, oltre questo, avevo uno sguardo attento e intollerante alla presunta normalità…”
di Alessia Scacchi  Continua a leggere