Paolo Zacchera, Un’amicizia particolare

Letture

Paolo Zacchera
Corrispondenze e Incontri con
Marguerite Yourcenar
1978-1987
a cura di Francoise Fiquet (Edizioni Aperion, 2013, di Maria Korporal)

“Lei non è vecchio, Paolo, tutt’altro: invecchiando si comprende che la gioventù ha modo di rinascere parecchie volte, sempre in maniera inaspettata. Io stessa che ho incominciato a sentirmi vecchia tre mesi fa, sento ogni tanto affiorare in me, come fiori sotto la neve, sprazzi di giovinezza.”
Marguerite Yourcenar, Lettera a Paolo Zacchera (20 dicembre 1985)

Sono numerosi e frequenti i viaggi di Marguerite Yourcenar in Italia, che visitò già a partire dagli anni Venti in compagnia del padre. Il suo amore per Capri, dove mantenne una dimora presso “La Casarella”, e i suoi soggiorni sul Lago Maggiore, dove avvenne il suo incontro con il raffinato floricoltore e poi amico Paolo Zacchera con il quale la scrittrice scambiò un ricco epistolario.

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Marco Boietti, “Loro”

Letture

“Loro” di Marco Boietti, Edizioni Blu di Prussia, 2013

dalla PREFAZIONE Eugenio Rebecchi

Se, ad una prima occhiata, il dialogo tra un “lui” ed una “lei”, su cui e’ impostato il lavoro, potrebbe far pensare ad una sceneggiatura, in realtà si tratta di un’opera poetica “tout court”. Sì, è vero, c’è un diverso modo di rappresentare la poesia,c’è una nuova elaborazione della stessa rispetto alle prove forniteci da Marco Boietti in libri precedenti. Ma ciò non toglie nulla alla liricità del verso; la poesia resta tale anche dopo il tentativo, riuscito, di darle un taglio inconsueto. L’Autore ha voluto cercare strade nuove, in quanto ad ar- chitettura contenutistica e di forma, spinto da una apprezzabile curiosità d’artista e dal lecito desiderio di rinnovamento espressivo. Intesi, questi, come potenti propulsori in grado di produrre una spinta dinamica volta al raggiungimento di una diversa cifra stilistica di scrittura. Continua a leggere

Eva Bourke, “Piano”

Di Eva Bourke Edizioni Kolibris ha già pubblicato la raccolta poetica La latitudine di Napoli (2011), in cui poesie e prose poetiche si alternano a intonare un lungo canto ininterrotto dalla prima all’ultima pagina. Allo stesso modo in Piano, la voce della poetessa si leva in un inno che abbraccia luoghi, situazioni e persone, intrecciando tra loro passato, presente e futuro, per cui la raccolta stessa diviene quello Zeitraum di cui canta la poetessa, una compresenza di luogo e tempo, che in quanto tale, è “luogo” privo di coordinate spazio temporali, dove esperienza, ricordo, racconto e parlato convivono e si compenetrano, confondendosi nel flusso della storia individuale al confluire nel grande mare della storia collettiva. In questa raccolta, così come già nella Latitudine di Napoli, la poetessa prova e suona tutte le corde della propria voce, giocando su una grande varietà di Continua a leggere

Gabriele Gabbia, “La terra franata dei nomi”

Letture
a cura di Luigia Sorrentino

Con “La terra franata dei nomi”, opera prima di poesia, Gabriele Gabbia penetra nel frammento, nella sua voce scissa eppure ineluttabile, attraversata da profonde tensioni endogene. Il misterioso epicentro della “frana”, della forza tellurica che ci consegna questi testi, risiede in quell’altrove della scrittura che è all’origine di ogni scrittura, in quel baratro, in quell’abisso da cui cercano di risalire i versi nella loro indifesa, implacabile nudità.

E’ bene sottolineare che non si tratta di una nostalgia per un’origine unitaria perduta, che probabilmente non c’è mai stata, quanto piuttosto della testimonianza di una parola sofferta, dilaniata, combattuta. Continua a leggere

Alessandro Niero, A.B.C. Chievo

Alessandro Niero, A.B.C. Chievo
Prefazione di Massimo Raffaeli
Passigli Editori 2013
pp. 80, € 12


Recensione Chiara De Luca

Fine traduttore dal russo, Alessandro Niero è abituato al lavoro umile sulla materia verbale da plasmare in senso e suono, alla dura guerra con lessico e sintassi per dare forma coerente al verso, obbedendo a quella melodia segreta che il traduttore, così come il poeta, intende nell’orecchio, e che deve trascrivere, obbedendo a un ritmo interno naturale, a una musica che raffina il tempo, perché il lettore possa a sua volta percepirla. La distanza strutturale e semantica della lingua russa dall’italiano non lascia inoltre appigli al traduttore, che si abitua a piegare il linguaggio, a provarlo fino ai limiti, fin quasi oltre i suoi confini, a reinventarlo. Artigiano della parola, il traduttore compie un lavoro

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