Il dolore pazzo dell’amore

dolore_pazzoLetture

Pietrangelo Buttafuoco Il dolore pazzo dell’amore, Bompiani, 2013, 15 euro

Nota di Lettura di Erminio Alberti

Il dolore pazzo dell’amore è un romanzo – ma si fa fatica a definirlo romanzo, nonostante ci sia effettivamente una bildung che si stende lungo le pagine – difficilmente collocabile in un canone. A primo acchito, per certi suoi modi narrativi, potrebbe ricordare Geologia di un padre di Valerio Magrelli, uscito a inizio anno. Tuttavia vi è una differenza enorme tra i due, ed è una questione tutta di visione della realtà, di “strumenti speculativi”.

Pensando alla concezione di realtà presente nel dolore pazzo viene in mente un pezzo di Julius Evola in Rivolta contro il mondo moderno: Continua a leggere

Il Teatro di Villa Torlonia torna ai cittadini

La Sala del Teatro (1)Curiosità

Lo storico teatro di Villa Torlonia,  torna ai cittadini per ridare vita alla creatività del futuro con spettacoli, musica, laboratori, visite guidate.

Nota di Silvana Lazzarino

Acquistata nel 1797 da Giovanni Torlonia che ne fece la residenza di famiglia, la villa vide i primi interventi di ristrutturazione proprio in quegli anni per mano di Giuseppe Valadier che si avvalse tra gli altri anche dell’apporto di Antonio Canova, per poi assistere a diversi ampliamenti nel corso del XIX secolo a partire da Alessandro Torlonia e fino ai primi del Novecento. Fu con Alessandro, che la villa, grazie ai numerosi ampliamenti, raggiunse uno fasto tale da poter competere con le ville nobiliari romane della più antica tradizione. Continua a leggere

Luigi Manzi, “Fuorivia”

manzi-fuoriviaLetture

Luigi Manzi è attivo il poesia da molti anni. Critici e poeti autorevoli, in passato, hanno parlato dai suoi versi, tra i quali ricordiamo Dario Bellezza, Giacinto Spagnoletti, Remo Pagnanelli, Cesare Vivaldi e Gian Piero Bona. Tutti hanno messo in evidenza l’estraneità di questo autore dai circuiti letterari della maggiore editoria italiana e l’appartenenza a un mondo contadino, separato, quasi scomparso oggi.
Dario Bellezza definì la sua poesia affascinante proprio perché antitetica alla sua. I versi di Luigi Manzi infatti, come lo stesso Bellezza rilevò, nascono dalla campagna, dalla contemplazione della natura e cioé da una dimensione estranea alla città. “Fuorivia” ha sullo sfondo – come lo stesso autore precisa nella nota – il conflitto fra contesto rurale e alienazione urbana, ma anche fra diffrazione del postmodernismo e convergenza creaturale dell’arcaico. Luigi Manzi sembra osservare il mondo da lontano, dalla luce dell’infanzia, e a quella luce sembra tornare, insistentemente nella lingua della poesia. Continua a leggere

Rosaria Di Donato, “Lustrante d’acqua”

lustrante1Letture

Dalla prefazione di Sandro Gros-Pietro

Nel caso di Rosaria Di Donato si può parlare a buon titolo di una scrittura ellittica, capace di descrivere un percorso sempre collocato a distanza costante tra i due fuochi da cui prende origine. E i fuochi sono la materia e lo spirito ovvero, se si preferisce dirlo in versione più dotta, la storia del mondo reale e la metafisica dell’eterno. Non si tratta di una con- trapposizione dell’inconciliabile, ma al contrario di una complementarietà unificante. Di Donato declina le forme di contiguità dialettica tra ciò che in noi decade e ciò che in noi resiste all’erosione del tempo. La sola lingua che descrive tali figure di opposti estremi è la lingua dell’amore, che continuamente rigenera alla vita ciò che è decaduto nella morte: “è trionfo d’amore / è melodia / che offre al mondo / la speranza / che muta il pianto in canto / che nel pia- netaspento / trasforma il rapido sospiro / in un respi- ro ch’empie / tutto di vita”. Appare evidente la professione di fede in un Altrove, Continua a leggere

Valerio Magrelli, “Geologia di un padre”

geologia_padreNello scaffale

Prefazione di Giacinto Magrelli

Ci sono libri che si scrivono per tutta la vita, magari senza saperlo.
Valerio Magrelli ha raccolto per anni appunti e note sulla figura del padre, un insieme di tracce che attendeva di trovare forma.
Dopo la morte del genitore, quei biglietti cominciano a strepitare: «sapevo che ogni voce era una gola che domandava cibo. Sapevo che ogni richiamo era come un filo, il bandolo canoro di un’infinita matassa di storie».
Perché far brillare ciò che è accaduto – o ciò che si vorrebbe fosse accaduto – è il solo modo che abbiamo per vincere la morte. Continua a leggere