“Credo che la poesia, come ho avuto modo di imparare da alcuni grandi maestri come Ungaretti, Luzi, o un poeta così ‘terrestre’ e ‘metafisico’ come Zanzotto, sia “un’ondata che ti scavalca” (cito Zanzotto da una mia intervista poi pubblicata su “Clandestino”). Al di fuori di ogni possibile discorso intellettualistico o teoria sulla poesia, credo che la poesia risieda in questa sproporzione cantata attraverso la lingua, in un’epica del quotidiano e una capacità di ‘visione’ che possa corrispondere ad una piena intelligenza della realtà (intus-legere). Sono attratto da quei poeti in cui questa sfida diventa tensione anche a livello linguistico, e la parola si fa crocevia per questo ‘appassionato inseguimento del Reale’, come afferma Milosz in La testimonianza della poesia. Tra i nomi che ho incontrato su questa strada, citerei Dante, Michelangelo, Rimbaud, Ungaretti, Luzi, Caproni, Zanzotto, il polacco Herbert e, per quanto riguarda la poesia contemporanea, Rondoni, De Angelis, Lauretano, Benedetti, e l’esperienza straordinaria di un poeta come Franco Loi.” Continua a leggere
Monthly Archives: luglio 2014
Lucrezia Lerro, “Il corollario della felicità”
Nella nuova raccolta poetica di Lucrezia Lerro “Il corollario delle felicità”, edito da Stampa 2009, ciò che colpisce è la compattezza della cifra esistenziale sottesa alla pagina. Nei personaggi parla il tempo della distanza inteso come memoria addolorata per qualcosa che in un altro luogo poteva essere e invece non è mai stata.
C’è come un velo di maia che viene dal passato e adombra il presente di ogni figura, nelle sue determinazioni psicologiche ma anche nelle micro vittorie quotidiane: “Meglio star qui o vivere al paese?/…/Resto a Torino quest’inverno,/…/Io mi nascondo, mi rovino le mani/ma cerco di salvarmi/”. Tutte le voci del libro hanno un fondo toccante perché sofferente e come non associare Giuseppe migrante per necessità, ai grandi personaggi del neorealismo di narrazione ma anche cinematografico della metà del secolo scorso, coi loro transiti disperati: “Solo per le strade di Torino/cerco un po’ di allegria,/…./rigiro tra le mani un bottone/del cappotto ereditato dal macellaio. “uomini fragili come lo zio Icio, che lontano dalla sua terra, da un letto d’ospizio ci parla con tono disperato dentro però certa allegria di naufragi: “…./Non abbiamo né radice,/né sconti, né buoni da spendere,/né lacrime da trattenere.//…”. Continua a leggere
Patrick Williamson, “Nel santuario”
Anne Talvaz
È una cosa di cui mi sono accorta solo quest’anno: quando vado in Inghilterra, comincio a interessarmi ai particolari minimi della natura; abitudine, questa, tutta britannica. Dalla poesia alla porcellana, le espressioni della cultura inglese attraverso i secoli ci ricordano di continuo quanto la consapevolezza dei dettagli naturali abbia radici profonde nella mentalità collettiva, anche per coloro che ormai da parecchie generazioni vivono in città.
L’aspetto che più colpisce nell’ultima raccolta di Patrick Williamson è come egli sia un poeta della natura, e un poeta squisitamente inglese. Alle base di questa serie di meditazioni c’è la cura pregnante del dettaglio, catalizzatore e tramite di una varietà di emozioni: fra tutte, un senso costante di nostalgia e di rimpianto. Continua a leggere
“Vola alta parola”, Conte | Cucchi
Venerdì 4 luglio 2014 “Vola alta la parola” con Giuseppe Conte, autore di saggi critici e raccolte di poesie, tra le quali Fioriture e rifioriture (Mondadori, 2006) Premio Viareggio, tradotte in Europa e non solo, e Maurizio Cucchi, già direttore del mensile Poesia (1989-1991), vincitore per la sua ultima opera Malaspina (Mondatori, 2013) del premio Bagutta, attualmente collaboratore alle pagine culturali de La Stampa, Corriere della sera e Il Giorno. Continua a leggere
Francesco Piccolo vince il premio Strega 2014
Francesco Piccolo, nato a Caserta nel 1964, con “Il desiderio di essere come tutti” (Einaudi), vince il premio Strega 2014, staccandosi per una manciata di voti da Antonio Scurati, secondo classificato con “Il padre infedele” edito da Bompiani.
Il titolo del romanzo ricorda una poesia di Umberto Saba, “Il borgo”, e forse non a caso: “Fu nelle vie di questo/ Borgo che nuova cosa/ m’avvenne.// Fu come un vano/ sospiro/ il desiderio improvviso d’uscire /di me stesso, di vivere la vita / di tutti,/ d’essere come tutti
gli uomini di tutti /i giorni.” Francesco Piccolo ha vinto lo Strega scrivendo quello che possiamo definire un romanzo di formazione individuale e collettiva: sarà impossibile per i nati negli anni Sessanta non rispecchiarsi nelle pagine di questo libro, per affinità o per opposizione.
Il protagonista scopre se stesso da un punto di vista civile, politico e sociale, vivendo pienamente la propria epoca: dal rapimento di Aldo Moro, ai funerali di Enrico Berlinguer, ma anche attraverso la scoperta di un grande intellettuale, Goffredo Parise. Francesco Piccolo, scrittore e sceneggiatore, sembra dire che ci vuole una vita intera a diventare noi stessi, ma quando guardiamo all’indietro ci accorgiamo che la nostra storia è ben definita, la strada che abbiamo compiuto, è segnata da una scia di eventi, intuizioni, folgorazioni, che hanno composto il filo dei nostri giorni.
![Cover Luce evento[1]](http://poesia.blog.rainews.it/files/2014/06/Cover-Luce-evento1-225x300.jpg)

![williamson[1]](http://poesia.blog.rainews.it/files/2014/06/williamson1-208x300.jpg)