Opere inedite, Claudio Damiani

 

claudio_damianiClaudio Damiani è nato nel 1957 a San Giovanni Rotondo. Vive a Roma dall’infanzia. (Foto di Dino Ignani).

Ha pubblicato le raccolte poetiche Fraturno (Abete,1987), La mia casa (Pegaso, 1994, Premio Dario Bellezza), La miniera (Fazi, 1997, Premio Metauro), Eroi (Fazi, 2000, Premio Aleramo, Premio Montale, Premio Frascati), Attorno al fuoco (Avagliano, 2006, finalista Premio Viareggio, Premio Mario Luzi, Premio Violani Landi, Premio Unione Lettori), Sognando Li Po (Marietti, 2008, Premio Lerici Pea, Premio Volterra Ultima Frontiera, Premio Borgo di Alberona, Premio Alpi Apuane), Il fico sulla fortezza (Fazi, 2012, Premio Arenzano, Premio Camaiore, Premio Brancati, finalista vincitore Premio Dessì, Premio Elena Violani Landi.

Nel 2010 è uscita un’antologia di poesie curata da Marco Lodoli e comprendente testi scritti dal 1984 al 2010 (Poesie, Fazi, Premio Prata La Poesia in Italia, Premio Laurentum).

Ha pubblicato di teatro: Il Rapimento di Proserpina (Prato Pagano, nn. 4-5, Il Melograno, 1987) e Ninfale (Lepisma, 2013). Ha curato i volumi: Almanacco di Primavera. Arte e poesia (L’Attico Editore, 1992); Orazio, Arte poetica, con interventi di autori contemporanei (Fazi, 1995); Le più belle poesie di Trilussa (Mondadori, 2000). E’ stato tra i fondatori della rivista letteraria Braci (1980-84). Suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue (tra cui principalmente inglese, spagnolo, serbo, sloveno, rumeno) e compaiono in molte antologie italiane (anche scolastiche) e straniere. Di prossima uscita presso Gaffi editore il volume di saggi La difficile facilità. Appunti per un laboratorio di poesia.
_________

 

C’è qualcosa che non mi quadra

non so se riuscirò mai a dirlo

ma hai presente quando i conti non tornano?

e vuol dire che c’è qualcosa che ci sfugge

che non vediamo, sfugge a noi, ma c’è

e il suo esserci, se pur piccolo, invisibile

è qualcosa di sempre più grande, di enorme

così è quello che non mi torna

ci cammino sopra nel buio

e mi fa cadere.

E resto a terra, pensoso

non dimentico questa caduta

e la forza di quell’ostacolo

contro il quale non vale forza alcuna.

Così il piccolo pipistrello nelle grinfie dei gatti

non è stata una vita vana, inutile,

ma se pur piccolo, invisibile,

ha avuto un senso, unico,

un senso piccolo, invisibile,

ma addosso al quale inciampa tutto l’essere,

voglio dire che se quel pipistrello non ci fosse stato

anche l’essere avrebbe qualche problema.

Voglio dire che quello che il pipistrello aveva visto

negli ultimi attimi, quando tutto era perso

era una luce che lo accoglieva applaudendo,

come in quelle feste di compleanno a sorpresa

che entri in casa, e non sai niente,

e tutti gli amici ti si fanno incontro ridendo

e ti dicono: “Buon compleanno!”.

 

 

***

 

– Aspetta, aspetta…

– Che cosa? Aspetta che cosa?

– Stai zitto un attimo, m’è sembrato di sentire…

– Che cosa?

– Sta’ zitto t’ho detto…

(pausa)

m’era sembrato… ma adesso…

e poi ci sono troppi rumori,

dalla strada le macchine,

e il rumore del frigorifero

è così forte…

– Ma che avevi sentito, che t’era sembrato di sentire?

– Non so… sto ancora in attesa, nel caso ritorni…

– Mah, io credo poco alle voci.

– Ma non era una voce…

– E che era?

– Era piuttosto un ostacolo, un oggetto tra

i piedi che ti fa cadere,

qualcosa che ti fa

cadere, ecco…

 

 

***

 

 

Che strana cosa è il giorno!

Ti corre avanti e devi muoverti abile

trovare la strada giusta, evitare gli ostacoli.

Oppure stai quieto e ti siedi

fai come se non ci fosse

ma lui si fa sentire lo stesso

come acqua che scava la terra,

lo senti che scorre e scava

e non si ferma un momento.

E fermati! gli dico io,

riposati un attimo, ma lui niente

continua cocciuto il suo corso

né si volge a guardarmi.

Poi m’accorgo che lui sta fermo

e sono io che mi muovo

vado forte, vado molto veloce

e devo stare attento agli ostacoli,

è come se sciassi lo slalom.

“Scusami se t’ho detto

di fermarti, non sapevo che ero io a muovermi”

ma mentre gli dico questo

m’accorgo d’avere una roccia

proprio davanti… schivata

per un pelo! fiuù! che brividi,

che avventura sono gli istanti!

Anche se non fai niente

anzi più non agisci e più rapidi

corrono e pericolosi!

La linea del fuoco del giorno

assomiglia alla prima linea,

corri e esplodono da ogni parte

colpi, proiettili, mine,

ai lati cadono i tuoi compagni

e tu vai avanti e vai avanti

ma per quanto tu vada avanti

com’è che la trincea dei nemici

stranamente non la raggiungi mai?

Dove sta quella linea di fiamma

riflettente come un miraggio,

quel bagliore dentro i tuoi occhi

mentre ti cedono le gambe?

 

***

 

 

Non so che ci stiamo a fare

in questo tempo così tardo

o iniziale,

in questo tempo qualsiasi,

tempo di mezzo, come in mezzo a un tunnel

che non si vede l’uscita

e l’entrata,

siamo combattenti veterani, vecchi

ormai poco buoni a combattere

ma ancora usati, ancora rischiamo la vita

nonostante tutto

ancora domani potrebbe essere l’ultimo giorno,

ne abbiamo fatte tante di guerre

che ora le confondiamo

e ci dimentichiamo in che guerra siamo,

per chi combattiamo, e contro chi,

vorremmo ritirarci

ma non possiamo

o forse, più semplicemente, non ci riusciamo.

 

***

 

Noi siamo i giovani, i nuovi,

pensiamo di farcela, di scampare,

pensiamo che la guerra durerà poco

e poi non ci saranno più guerre

ma qualche volta abbiamo dei dubbi,

abbiamo molta paura,

siamo i primi, e insieme gli ultimi,

ci sembra incredibile dover morire così giovani

e per una guerra di cui non sappiamo il motivo,

una guerra che non condividiamo,

una guerra che è l’ultima guerra,

ma a volte ci vengono dei dubbi,

speriamo di farcela, di scamparla,

speriamo che duri poco.

 

***

 

Quello che resta

 

canzone

 

Lascia che sia, lascia che sia

non lo contrastare,

alla fine è questo cielo della sera

quello che resta, i rumori delle cose lontane

e questo colore pallido e luminoso insieme

acceso e bruno nello stesso tempo.

Alla fine quello che resta sono i rumori

delle cose lontane, che si fanno dolci, che passano,

alla fine quello che resta è questo nostro passare,

essere passati e dover ancora passare,

questo rumore il fondo come il mormorio di un ruscello

o un chiacchiericcio sommesso, che ti concilia il sonno.

 

______

www.claudiodamiani.it.

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