I nuovi percorsi della poesia di Michael Krüger si realizzano, in questo ampio e articolatissimo libro, Spostare l’ora, nel segno di un costante e problematico rapporto con il tempo, e dunque con il senso del tempo stesso nel presente e nella storia. Storia alla quale il poeta dichiara di sentirsi del tutto accidentale o in qualche modo decisamente estraneo, come appare dalla disincantata saggezza di molti suoi versi, per esempio questi: «Io alla storia non occorro. / Lei procede insonne inciampando / fra Kitsch e Gloria». Ma in contrasto con il goffo cammino della storia, e dunque, in fin dei conti, ben più rassicurante, o quanto meno più attendibile, è pur sempre la natura, rispetto alla quale Krüger conferma di avere un rapporto speciale, un colloquio quotidiano, pur nella varietà estrema dei luoghi in cui si trova a vivere, o a soggiornare anche brevemente, e dunque dalla propria terra ai più vari punti di un mondo divenuto ormai piccolissimo. Continua a leggere
Monthly Archives: maggio 2015
Claudio Damiani, “Ode al Monte Soratte”
Una lettura di Ode al Monte Soratte di Claudio Damiani
di Chiara De Luca
Il nuovo libro di Claudio Damiani, Ode al Monte Soratte (fuorilinea, 2015), è suddiviso in tre capitoli, – Ode al Monte Soratte, Quadrara delle aquile, Caro libro di vetta – tre movimenti d’andamento distinto e tematica complementare, che costituiscono altrettante tappe di un viaggio di conoscenza di sé, alla ricerca di una identità con la natura e di una profonda comunione con tutti i suoi elementi. Questo monte, “basso e spelacchiato” che è al contempo “miniera di natura e storia” e “ponte tra culture antichissime”, con i suoi eremi e le sue chiese, che hanno rimpiazzato i templi pagani, diviene per Damiani la sede di un ovunque al di fuori dello spazio e del tempo, pura materia di poesia e simbolo stesso del viaggio della creazione, che presuppone la capacità di ascoltare il silenzio delle cose, per tradurre il mondo e tramutarlo in verso. I luoghi sono per Damiani come persone “con un loro carattere, un loro modo di pensare”; il monte stesso ha spalle, è circondato da colori come vestiti (p. 23). Di conseguenza, ogni elemento del mondo naturale e animale per il poeta ha voce, una sua voce peculiare, da trascrivere per celebrarlo, piuttosto che semplicemente nominarlo, per rivelarlo, piuttosto che semplicemente osservarlo con l’occhio distratto che posiamo quotidianamente sulle cose. Se le ascoltiamo fondo, infatti, sono le cose stesse a pronunciare il proprio vero nome, a raccontarci di sé e di noi, svelandoci i loro e i nostri segreti, tutto ciò che nei secoli hanno visto, o subito, o superato, ripercorrendo tutte le metamorfosi attraversate.
Una poesia di Fabio Jermini
Fabio Jermini (Lugano, 1988) vive tra il Ticino e Ginevra, dove si è laureato in letteratura italiana con una tesi su Milo De Angelis.
Attualmente è assistente di letteratura italiana del Medioevo e del Rinascimento all’Università di Ginevra e lavora a una tesi di dottorato in filologia su Cecco Angiolieri.
“Mùsami o Vate”
Omaggio al poeta Gabriele D’Annunzio, in scena a Roma dal 19 al 24 maggio 2015, al Teatro di Documenti.
“Mùsami o Vate”, il nuovo spettacolo, scritto, diretto e interpretato dalla regista bresciana Mariaelena Masetti Zannini in collaborazione con Emanuela Bolco, è un viaggio nell’universo dannunziano, un “concerto d’anime”, un’alternanza di parole auliche e grottesca decadenza.
Un’indagine erotica che aspira a ricordare i rapporti d’amore del poeta, che fece alla maniera wildiana della vita un’opera d’arte, con accento particolare su un misterioso mondo femminile intriso di intimità ed esoterismo.
Lo spettacolo tesse le lodi di tutte le donne importanti della vita del Vate, dalla madre il cui ruolo è affidato a Kyrahm, a Eleonora Duse rappresentata da una misteriosa statua velata fino alla sofisticata interpretazione della stessa Zannini nel ruolo della Marchesa Luisa Casati Stampa, collezionista, musa di numerosi artisti e anticipatrice della performance e della Body-Art. Memorabili le sue incursioni, avvolta tra serpenti e leoni, le spettacolari feste mondane e le sue eccentriche frequentazioni con Jean Cocteau e i Futuristi.
Silvia Bre, “La fine di quest’arte”
Noi che saremo morti eternamente
saremo pure eternamente
stati vivi
Com’è duro salvarti
rinchiuso nella stanza celeste a girare col vento
il buio qui consuma
il suo nero totale ci riporta
vicini al grande giusto del nulla
ma edifico con te quest’atmosfera d’ombra
un aprirsi ogni volta più cieco
mio il ritmo
tuo il vuoto
tu che mi tieni in vita
io che ti tengo
*
Silvia Bre è nata a Bergamo e vive da molti anni a Roma. Per Einaudi ha pubblicato: Le barricate misteriose (2001), Marmo (2007), insieme a Marco Lodoli, Snack Bar Budapest (2008) e La fine di quest’arte (2015). Oltre a Emily Dickinson (Centoquattro poesie e Uno zero più ampio) ha tradotto, tra l’altro, Il canzoniere di Louise Labé (Mondadori 2000).