Fabiano Alborghetti

Fabiano Alborghetti Credits/Alain Intraina

Fabiano Alborghetti Credits/Alain Intraina

Si sentì come un tuono e fu in tutte le valli

Il sette d’agosto del settantotto
accadde il diluvio:
pioveva a dirotto
che mai tanta pioggia fu vista così
ma chi immaginava un tale disastro?
Si disse l’odore del fiume diverso, il rumore
dei sassi cozzare coi sassi
e l’acqua, la pioggia
poi la luce mancata, poi il rombo dovunque
si sentì come un tuono e fu in tutte le valli
Mesolcina Onsernone e Blenio e Calanca
Centovalli e Verzasca come anche la Maggia:
nella pioggia infinita
crollate le valli
i fiumi esondati trascinare detriti
e tronchi e pietrame, le strade sommerse
e i ponti divelti, smottamenti e valanghe
le frane spianare le case, le cose
e talvolta un muggito
di animali nel fango strascinar verso valle
a morir di terrore con gli occhi sbarrati.

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L’urlo dei colori sopra il bianco

COVERdi Evelina Miteva

Somiglia più all’urlo di un animale (Italic, 2014) di Alessio Alessandrini è una poesia del dolore, del mondo che duole dentro di noi, pesante e bello e che non riusciamo più a sopportare. Leggere questa poesia è come camminare sui percorsi del proprio inconscio, rosso e buio, avvolto in un assordante silenzio. L’autore ci costringe a tornare nella terra che abbiamo abbandonato anni fa – la terra dove le cose coincidono con se stessi – quella terra che, purtroppo, abbiamo sostituito con delle mezze verità. E questo ritorno forzato verso quello che c’era e non c’è più, fa male, fa male leggerlo ma fa anche venire la voglia di ritrovare la propria terra perduta.

Alessandrini organizza il suo libro in diversi cicli, tre dei quali principali, sottodivisi in varie entità tematiche. Il primo ciclo, “Meteorologie”, oscilla tra la meteorologia esterna e quella emotiva, e in entrambi casi quello che prevale è l’inverno e la solitudine desolata della neve: Continua a leggere

Alessandro Grippa, “Opera in terra”

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Alessandro Grippa

di Tommaso Di Dio

Entrare in un esordio significa avvertirne dapprima l’atmosfera; respirare, libro fra le mani, quel gelo che percorse la colonna vertebrale di chi lo scrisse e ripercorrere il tremito di chi vide quei segni, cui affidava tutto, miracolosamente pubblicati, editi, restituiti in forma tangibile. L’esordio è un atto ambiguo, contro il pudore: lo si desidera e subito ci si vergogna. Quei versi sono stati compagni di ere geologiche di noi e ora sulla pagina ci sembrano così poco, così tremendamente incapaci di essere all’altezza del compito cui erano destinati. Eppure l’opera c’è, ormai nuda, in qualche modo agibile, percorribile. Niente come un primo libro di poesia sembra dirci qualcosa su cosa sia la poesia. Continua a leggere

Cinquanta foglie. Tanka giapponesi e italiani in dialogo

Tavola di Hirose

Tavola di Satoshi Hirose

Il tanka è una forma lirica giapponese molto antica, addirittura precedente il celebre haiku di tre versi; il suo ruolo-chiave nella storia della poesia nipponica comincia nell’ottavo secolo d.C. (allora si chiamava waka) e si protrae fino ai nostri giorni. La struttura metrica del tanka è di cinque versi privi di rime e così divisi: quinario / settenario / quinario / settenario / settenario. Nel periodo classico della storia giapponese, l’epoca Heian, il tanka era spesso usato come veicolo di messaggi amorosi o di scambi di pensieri tra amici: a un tanka inviato, spesso scritto su un biglietto speciale, appoggiato a un ventaglio o legato a un ramo fiorito, rispondeva un tanka di ritorno.

Ispirandosi a quell’antico cerimoniale Paolo Lagazzi ha scelto venticinque tanka giapponesi recenti e li ha proposti in traduzione italiana, uno per ciascuno, a venticinque poeti italiani invitandoli a rispondere con un loro tanka. A loro volta i tanka italiani sono stati tradotti in giapponese, in modo che tutti i testi possano essere letti sia in Giappone che in Italia. Continua a leggere

Considerazioni su “Olimpia”

Luigia Sorrentino, Credits/Angelo Nitti

Luigia Sorrentino, Credits/Angelo Nitti

di Alessio Alessandrini

Olimpia, la  raccolta di versi di Luigia Sorrentino  (Interlinea, 2013 ;  Recours au pòeme éditeurs,  2015 traduzione in francese di Angèle Paoli) invita il lettore a inoltrarsi in un viaggio lirico quanto più lontano dalle ricerche poetiche del contemporaneo.  Essa, infatti, immerge in una trama lirica dove l’oggettuale e il fenomenico, il materico sembrano latenti se non del tutto negati.

Ci si sente subito avvolti in una dimensione altra, in un paesaggio – quello mediterraneo degli ulivi e del biancore,  degli afrori abbacinanti e della macchia oscura  – di contrafforti, fitto di misticismo e sacralità.

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