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Ryszard Kapuscinski (urodzony 4 marca 1932 r. w Pinsku na Polesiu), polski reportazysta, dziennikarz i publicysta. Najczesciej tlumaczony za granica polski autor.
Writer and reporter Ryszard Kapuscinski
Polish writer and journalist Ryszard Kapuscinski has died at the age of 74. Author of “The Emperor”, “Shah of Shahs”, “Imperium” and many other books and poems was several times cited as a likely candidate for the Nobel literature prize.
di Fabio Izzo
Ryszard Kapuściński non è mai stato una vittima, infatti, nei suoi libri, è sempre stato l’eroe. Una strategia utile quando si fa del reportàggio in prima persona affrontando ribellioni, rivoluzioni e colpi di Stato, soluzione che però appare decisamente meno utile quando ci si dedica allo scrivere poesia perché il Poeta è molte cose, ma non si mette mai troppo pubblicamente in vista e non attira tutta l’attenzione su di se. I migliori poeti richiamano, si rifanno, alla vulnerabilità umana Le sue poesie, non sono trascurabili, anzi risultano essere molto importanti, perché integrano e completano, sono infatti il pezzo mancante del mosaico Kapuściński. Lui stesso definiva il suo lavoro come reportage letterario, reportage d’autore, quasi in contrapposizione al noto realismo magico della lettura, ha voluto creare un genere, definito poi come giornalismo magico da Adam Hochschild nel 1994.
Ryszard Kapuściński ha “coperto” giornalisticamente 27 rivoluzioni, e ha raccontato, a modo suo, stati in guerra come ne “La prima Guerra del football”, ma è stato anche un poeta. Per 40 anni della sua vita ha scritto versi, non molti, ma tutti importanti. Come ad esempio quelli dedicati all’omicidio di Patrice Lumumba. In quell’ occasione decise di abbandonare la sua prosa, seppur lirica, per ricorrere ad un’altra arte linguistica, la poesia per l’appunto, per illuminare le dimensioni dell’esperienza umana che altrimenti sarebbero rimaste oscure al mondo. Questi versi catturano i momenti tra le crisi
Stanno in piedi a guardare
sperano nel paradiso
e le caravelle raggiungo la costa
e vedono sabbia, pietre e scogli
un orizzonte morto
Come poeta deve essere letto al pari di un artista, di un intellettuale che ha saputo resistere alla sovietizzazione del suo paese, calcolando i rischi, sopravvivendo. Il suo talento e il suo eroismo risiedono nel sapere navigare nel mondo della parola come nessun altro. Le sue poesie non hanno il peso della storia dell’Europa orientale, i suoi versi non soffrono di sensi di colpa ma sono liberi, così come la sua visione del mondo. Recentemente è stata fatta notare la somiglianza dello scrittore con la gawęda szlachecka, un tipo di narrazione caratterizzato da ampia libertà compositiva e modellata come una narrazione orale in prima persona. Uno dei più grandi doni di Kapuściński è il suo talento nel catturare le vite delle persone normali. La sua innata capacità di allontanarsi dai terreni già battuti per entrare in contatto, seguire le tracce degli ultimi, dei rifugiati, degli oppressi. lI “cronista del Terzo Mondo”, la “Voce dei poveri”, sono solo alcuni dei soprannomi che hanno caratterizzato la sua attività giornalistica. Nato nel 1932 a Pinsk (all’epoca Polonia ma oggi Bielorussia) ha da subito provato sulla sua pelle lo scontro di “civilizzazione” quando l’Urss invase la Polonia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale ha studiato storia all’Università di Varsavia, iniziando poi a lavorare come giornalista, abbandonando poi le storie del suo paese natio per coprire, in 50 anni di attività, le vicende di più di 100 paesi. I suoi libri sono stati tradotti in 36 lingue
Lo stesso Kapuściński, proprio come i grandi poeti del suo paese, citiamo ad esempio Czeslaw Miłosz e Wisława Szymborska, ha dovuto confrontarsi con la grande tradizione lirica polacca. Ad esempio, in alcuni versi sembra richiamarsi a Różewicz per il bizzarro suono e l’inflessibilità dei suoi passaggi:
Ieri un Cristo esausto è arrivato da me
in un sogno e ha detto,
“È diventato così difficile avere
un bicchiere di acqua pulita”
Oppure
Ho scritto pietra
Ho scritto casa
Ho scritto paese
Ma l’istinto poetico di Kapuściński è molto diverso da quello di Różewicz. L’anima del reporter è forte in lui, raccoglie inevitabilmente la verità dopo aver testimoniato anni di guerre, ingiustizie e torture, così la sua poesia sfocia nella lirica e diventa introspettiva “Ho spaccato la pietra”
Si avvicina a Miłosz, come scelta di voce, con le sue allusioni romantiche e le liriche volutamente ingenue, anche se sembra mancare del tutto quel senso di colpa e di indignazione che caratterizzano la poesia del Nobel polacco.
Per esistere in purgatorio
Bisogna passare tra chi è già trapassato
e tra i custodi delle loro memorie
Le poesie di Kapuscinski sono riflessive, filosofiche, spesso dirette, a volte aforistiche, impegnate politicamente, moralmente e visceralmente con il mondo che lo circondava
In Vece di una Preghiera
Ti sollevo in alto
Ti sollevo sopra le nuvole
Ti sollevo alle stelle
Sei così vicino al sole
i suoi raggi mi accecano
non riesco più a vederti
Chiudo i miei occhi
l’oscurità mi avvolge
solitudine e paura mi inghiottono
Perché ti ho sollevato così in altro
che non posso più appartenerti?
Nato nel 1932 a Pinsk, oggi bielorussa ma all’epoca polacca, dopo gli studi a Varsavia lavorò fino al 1981 come corrispondente estero dell’agenzia di stampa polacca Pap. Nel 2003 vinse il Premio Principe delle Asturie per la categoria Comunicazione ed Umanità. Nel 2006 ricevette la laurea honoris causa in traduzione e mediazione culturale presso l’Università di Udine. È morto il 23 gennaio 2007 a Varsavia.
Poesia a parte, Kapuscinski è un grande giornalista e un grande scrittore che io ho conosciuto quasi per caso, incuriosito da un libro dal singolare titolo “Giungla polacca” in una libreria fiorentina. Ho letto quasi tutto dei suoi reportages e ho apprezzato profondamente la sua sincerità e la sua onestà intellettuale. Purtroppo è morto troppo presto.
si, verissimo… grazie del tuo commento