Al Museo Internazionale della Grafica la notte bianca del libro e della lettura nel solstizio d’estate

Raffaele Nigro

Sabato 17 giugno 2017, a partire dalle ore 20.30 e fino a notte inoltrata, il MIG Museo Internazionale della Grafica – Biblioteca Comunale “Alessandro Appella” – Atelier “Guido Strazza” – Museo Internazionale del Presepio “Vanni Scheiwiller”, apre le sue porte a tutti gli appassionati della lettura per celebrare l’arrivo dell’estate con una notte ricca di iniziative interamente dedicate ai libri.

Letti di Notte, quest’anno alla sua sesta edizione, è un evento nato nel 2012. Si tratta di una vera e propria festa del libro, condivisa e organizzata da molti editori, librerie, biblioteche, autori e artisti di tutta Italia e non solo che, nella notte più corta dell’anno, per far scoprire la forza e la magia della lettura, animeranno le “case dei libri” con numerosi eventi e attività.

Quest’anno, il MIG – Biblioteca, che aderisce all’evento per la quarta volta avendo come immagine di riferimento il logo disegnato da Giuseppe Palumbo, propone a lettori di ogni età una serie di iniziative che si susseguiranno nel corso della nottata tenendo sveglio il piccolo comune lucano.

Sol Lewitt

La serata avrà inizio nel suggestivo scenario di Piazza Guglielmo Marconi dove, con la complicità della notte e della luce delle fiaccole, lo storico dell’arte Giuseppe Appella parlerà di Sol Lewitt (la sua mostra dell’opera grafica è allestita nelle sale del MIG) e il sogno dell’idea che produce l’arte, supportato dalla proiezione del film realizzato da Chris Teerink nel 2012. In contemporanea, verrà presentata la mostra delle fotografie di un grande scrittore di sogni, Luigi Capuana (Mineo, 1839 – Catania, 1915), il primo, fra i tre grandi autori del Verismo italiano, a dedicarsi alla fotografia, alla quale si avvicina fin dal 1864, teso a dimostrare l’esistenza dell’ “oltre”. Continua a leggere

Laura Liberale, “La disponibilità della nostra carne”

Laura Liberale

di Giovanni Ibello

“Ricostituiscimi (…) a me restituiscimi”, scrive Laura Liberale in un testo, davvero struggente, tratto da “La disponibilità della nostra carne” (Oèdipus, 2017). Quest’opera si snoda intorno a un grande paradosso: è solo parzialmente imperniata sul “vissuto” dell’autrice. Difatti, l’elemento autobiografico ricostruisce più che rievocare. In realtà, sarebbe più opportuno parlare di “un futuro simulato”, di un non voluto. Di un involuto. In quest’opera, il magma-verso è sì incandescente, ma potenziale. La poesia della Liberale invoca qualcosa che non è destinato a trovare compimento. Il corpo dell’innocente si disincarna dall’alea della madre, e richiama il tradimento dell’acqua, l’ultima misura del danno. L’opera costituisce un unicum nel panorama letterario contemporaneo, spesso ingolfato da una poesia eccessivamente diaristica e autoreferenziale. Qui, invece, il dettato poetico dell’autrice è scarnificante, e procede per coppie oppositive, dove la “dialettica della colpa” (schermarsi dietro una sineddoche: la parte per la vergogna del tutto), la viltà dell’ingenerato… invoca una parziale (mai piena) redenzione (pensavi forse non avesse un prezzo?). Eccola, la parabola dell’inizio e della fine, il testamento spirituale che si annuncia sin dal primo verso in esergo: Foste un dilapidato tutto. Siete. La parola poetica è sempre vittima di un processo di sussunzione che riconduce all’amore e alla morte. Non c’è pace, c’è solo la lingua, l’odore della carne portato nell’abbraccio e lo strumento-parola che contestualmente individua una “dipartita della parola”. Il verso si fa reticente perché sfida la sacralità del silenzio. A ben vedere, lo scopo della Liberale è quello di invertire un destino, ascrivendo alla poesia una funzione alchemica: insomma, qui il poeta si fa demiurgo e s’impone sull’accadere. Continua a leggere