
Wallace Stevens
From “The collected poems of Wallace Stevens”, 1954
Poetry is a destructive force
That’s what misery is,
Nothing to have at heart.
It is to have or nothing.
It is a thing to have,
A lion, an ox in his breast,
To feel it breathing there.
Corazón, stout dog,
Young ox, bow-legged bear,
He tastes its blood, not spit.
He is like a man
In the body of a violent beast.
Its muscles are his own…
The lion sleeps in the sun.
Its nose is on its paws.
It can kill a man.

Wallace Stevens
La poesia è una forza distruttrice
Ecco cos’è l’infelicità.
È avere nulla a cuore.
È avere o non avere.
È qualcosa da avere,
un leone, un bue nel petto,
sentirne il respiro.
Corazon, un cane robusto
un giovane bue, un orso dalle zampe dinoccolate,
egli assapora il tuo sangue, non lo sputo.
È come un uomo
nel corpo di una bestia feroce.
I muscoli sono proprio i suoi…
Il leone dorme nel sole.
Il naso nelle sue grinfie.
Può uccidere un uomo.
Traduzione di Giovanni Ibello
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Wallace Stevens (1879-1955) è da molti considerato il maggiore poeta americano del Novecento; certo non è secondo a nessuno dei massimi coetanei (Eliot, Frost, Pound, Williams), e oggi è il più frequentato e universalmente ammirato, a livello di cultura diffusa come da parte di lettori, studiosi, artisti e poeti; i libri a lui dedicati sono ormai centinaia. Stevens, che nella vita fu dirigente in una importante compagnia di assicurazioni del Connecticut e non visitò mai l’Europa, ha fama di poeta difficile, addirittura impenetrabile, ma i suoi testi hanno la limpidità glaciale di uno specchio in cui i lettori non cessano di trovare immagini e parole per dire la loro condizione (post)moderna. «La poesia» affermò «è una risposta alla necessità quotidiana di afferrare bene il mondo.» Ne esce quasi un manuale di sopravvivenza dove, come nei capolavori della musica e della pittura, la forma sovrana permette al lettore di entrare in un universo più vivido e libero, e così vivere pienamente la propria misteriosa umanità.
Splendida traduzione di un immenso Stevens