
Derek Walcott
DEREK WALCOTT, L’ODISSEA IN UN MONDO NUOVO
commento di Bianca Sorrentino
Di fronte al vento che spazza le coste caraibiche, due mani nodose tengono ferma la mappa del nuovo mondo e ispirandosi ai simboli delle Indie occidentali plasmano il modello classico secondo un immaginario rinnovato e fertile. Derek Walcott è sapiente custode dell’eredità europea, ma non per questo tradisce il legame con la sua terra, anzi si serve della poesia per esprimere le contraddizioni che segnano un’identità di confine: dalla solitudine di un’isola, egli canta la comunità degli arcipelaghi; dalle atmosfere assolate e indolenti del Mar dei Caraibi, egli raccoglie la tradizione vibrante dell’Egeo e, tra un mare e l’altro, si fa interprete dell’attesa del poeta, che filtra la nebbia dei secoli e ben oltre le lacrime della pioggia accorda la sua arpa.
Arcipelaghi
Alla fine di questa frase, comincerà la pioggia.
All’orlo della pioggia, una vela.
Lenta la vela perderà di vista le isole;
in una foschia se ne andrà la fede nei porti
di un’intera razza.
La guerra dei dieci anni è finita.
La chioma di Elena, una nuvola grigia.
Troia, un bianco accumulo di cenere
vicino al gocciolar del mare.
Il gocciolio si tende come le corde di un’arpa.
Un uomo con occhi annuvolati raccoglie la pioggia
e pizzica il primo verso dell’Odissea. Continua a leggere