Milo De Angelis e il De Rerum Natura di Lucrezio

Dopo tanti rinvii è finalmente arrivato l’appuntamento con Lucrezio e con Milo De Angelis, il prossimo giovedì, IN STREAMING sul CANALE YOUTUBE della Casa della poesia di Milano.

giovedì 26 novembre, dalle ore 19:30 alle 20:15 – DIRETTA YOUTUBE “PREMIERE”: https://youtu.be/UDjy-nYUflM

Milo De Angelis parla del De rerum natura di Lucrezio

a cura di Milo De Angelis

Milo De Angelis parla del De rerum natura di Lucrezio e presenta alcune sue nuove traduzioni.

Letture di Viviana Nicodemo.

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Il tempo nuovo di Franco Marcoaldi

Il libro

Mille voci – furiose e dolcissime, alte e sfrenate, colte o volgari, precipitose, afferrate per strada o riprese dalla tradizione letteraria – coabitano nella mente del protagonista di questo monologo drammatico. Il poeta-ventriloquo tutte le accoglie per comporre la sua appassionata sonata alla Quinta Stagione, il tempo nuovo, difficile, confuso, sconcertante, che s’impone. Una nuova stagione in cui, al di là delle maschere della vita sociale e delle narrazioni private ad uso consolatorio, siamo chiamati a fare i conti con noi stessi. Con la nostra intima verità. Umile, prosaica, contraddittoria. Aperta alle questioni finali. Cosí da ritrovare la nostra propria appartenenza al flusso collettivo e universale. Noi, nel Mondo. Il poemetto, dalla forte impronta teatrale, si snoda secondo quella forma discorsiva-divagante, in cui Marcoaldi è maestro. Ma piú l’andamento si fa sussultorio e centrifugo, piú conduce il lettore nella selva oscura del senso profondo della vita. E dietro il tono apparente di conversazione, prende corpo qualcosa di molto simile a una Apocalisse. Che racconta la fine irreversibile di un tempo ormai per sempre consumato, e anticipa in controluce un possibile, nuovo inizio. Continua a leggere

Tiziano Fratus, “Sogni di un disegnatore di fiori di ciliegio”

Tiziano Fratus

 

LEZIONI DI MELODIA SERALE

 

Ri-
corderemo
con enfasi, credo,
il silenzio di queste
serate di primavera, nelle
quali l’unico tormento è il gonfiare
l’aria dei grilli, operazione mandarinale
sempre uguale a sé stessa. Ascoltandola,
le finestre aperte nel buio, si ha la sensazione
che nasca in un punto preciso, accanto al cuore.
Sulle schiene s’agitano ipotesi di ali, ed è come
quando si è bambini e ci si tuffa per la prima
volta da un pontile. Quel mancamento
ci mancherà non appena i piedi
avranno rotto le acque. È lì
dentro che vorremo tornare
e ritornare, al respiro che manca,
alla gioia prima che nasca. Al timido
silenzio di un pianeta privo di auto
e di chiacchiere, antico come
un mondo mai conosciuto,
eppure già fervido, già
vivo, già nostro

LA STANZA DELLE FOGLIE SOSPESE

La
tua sussistenza
non abita più qui, i tuoi
ricordi non abitano più qui. È la
natura che ammiri un grembo inadatto
al sentimento degli esploratori. Sei una persona
nuova, se lo vuoi sei una persona nuova, se lo vuoi sei.
Ma non è perché cammini nel bosco, non è perché preghi,
non è perché cerchi di proteggere le creature sconfitte.
Semmai è a causa del Sovrano della Dimenticanza.
Sei una persona nuova se sai dimenticare,
sei una persona nuova se fai come
il ruscello che resta nello stesso
punto fluttuando ad
ogni singolo
respiro

DAL CUORE CAVO DELLE FORESTE

E
la vedo,
quella luce che
palpita nei tuoi occhi:
non è niente ed è la vita, ogni
cosa forse o nessuna. Ricordi quando
bambini ci parlavano della via più breve
per unire due punti sulla mappa? Da grande
ho capito che transita per la luna che ingrassa e
poi scompare, un uomo, d’altronde, non sarà mai
così prossimo alla verità del mondo come quando
non ha più nulla da perdere. Ora la senti la musica
che cresce nel cuore remoto e cavo delle foreste?
È per te, è per me, è per noi tutti, ancora nasce,
ancora viaggia, ancora non si arrende, si
trasforma costantemente. La natura è
sovrana poiché non è nella natura
della natura estinguersi senza
tentare, a canto spiegato,
l’ennesima fondazione
del
mondo
O

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Raymond Carver, “La poesia che non ho scritto”

Raymond Carver

The Poem I Didn’t Write

Here is the poem I was going to write
earlier, but didn’t
because I heard you stirring.
I was thinking again
about that first morning in Zurich.
How we woke up before sunrise.
Disoriented for a minute. But going
out onto the balcony that looked down
over the river, and the old part of the city.
And simply standing there, speechless.
Nude. Watching the sky lighten.
So thrilled and happy. As if
we’d been put there
just at that moment.

Raymond Carver

La poesia che non ho scritto

Ecco la poesia che volevo scrivere
prima, ma non l’ho scritta
perché ti ho sentita muoverti.
Stavo ripensando
a quella prima mattina a Zurigo.
Quando ci siamo svegliati prima dell’alba.
Per un attimo disorientati. Ma poi siamo
usciti sul balcone che dominava
il fiume e la città vecchia.
E siamo rimasti lì senza parlare.
Nudi. A osservare il cielo schiarirsi.
Così felici ed emozionati. Come se
fossimo stati messi lì
proprio in quel momento.

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Giampiero Neri, “Da un paese vicino”

Giampiero Neri

I

Al giardino si entrava per un cancelletto di legno
che non aveva chiusura.
Era un luogo abbastanza grande, coltivato in
parte a ortaglia e piante da frutta, di prugne per lo
più, che crescevano rigogliose.
A sud confinava con il campo di un contadino,
un vero spauracchio, che a volte si affacciava
con la sua testa calva al muricciolo sbrecciato che
divideva i due terreni.

II

Abitavamo in via Mainoni al numero 5, e il giardino
era davanti a noi, lo si vedeva dalla finestra.
A me sembrava molto grande. Allora andavo alle
scuole elementari ma, in giardino, trovavo sempre
qualcosa da curiosare.
Quella volta era venuto anche mio cugino
Ezio, di poco più giovane.
Aveva in mano un giocattolo che gli avevo
presto sottratto. Lui si era messo a gridare e piangere.
Al rumore si era affacciata sua mamma, che
abitava sopra di noi, la zia Ester, e aveva comandato:
«Ezio, vieni su. Non giocare con quel cretinetti
in vacanza».

III

La zia Ester era una donna avvenente, alta, bruna.
Aveva modi piuttosto bruschi, uno sguardo deciso
che a volte aveva qualcosa di sprezzante.
Una figura solitaria, senza amici né tantomeno
compagnie.
I suoi litigi col marito erano furibondi, volavano
piatti e tovaglie, strappati dal tavolo con quello
che vi era sopra.
Aveva preso la patente e guidava una delle
prime macchine, una «Topolino».
Quel pomeriggio, quasi sull’uscio di casa, mi
aveva detto: «Vado a Como. Vuoi venire?». È stato
un viaggio avventuroso, abbiamo anche avuto un
pauroso testa coda, la macchina era slittata su un
tratto ghiacciato di strada.
Poi Como ci aveva accolti con il suo ridente
paesaggio. Continua a leggere