Poesie di Jane Hirshfield

Jane Hirshfield

Tratte da “Ogni felicità assediata dai leoni” di Jane Hirshfield, traduzione e cura di Loredana Foresta e Andrea Sirotti, Elliot edizioni. © 2020 Lit Edizioni s.a.s. Per gentile concessione.

Da Capo

Take the used-up heart like a pebble
and throw it far out.

Soon there is nothing left.
Soon the last ripple exhausts itself
in the weeds.

Returning home, slice carrots, onions, celery.
Glaze them in oil before adding
the lentils, water, and herbs.

Then the roasted chestnuts, a little pepper, the salt.
Finish with goat cheese and parsley. Eat.
You may do this, I tell you, it is permitted.
Begin again the story of your life.

Da capo

Prendi il cuore logoro come un sasso
e lancialo lontano.

Presto non ne rimarrà nulla.
Presto l’ultima increspatura si esaurirà
tra le erbacce.

Una volta a casa, affetta carote, cipolle, sedano.
Glassali in olio prima di aggiungere
le lenticchie, acqua e odori.

Poi le caldarroste, un po’ di pepe, sale.
Completa con formaggio di capra e prezzemolo. Mangia.
Puoi farlo, davvero, ti è concesso.
Ricomincia la storia della tua vita.

*

Apple

I woke and remembered
nothing of what I was dreaming.

The day grew light, then dark again –
In all its rich hours, what happened?

A few weeds pulled, a few cold flowers
carried inside for the vase.
A little reading. A little tidying and sweeping.

I had vowed to do nothing I did not wish
to do that day, and kept my promise.

Once, a certain hope came close
and then departed. Passed by me in its familiar
shawl, scented with iodine woodsmoke.

I did not speak to it, nor it to me.
Yet still the habit of warmth traveled
between us, like an apple shared by old friends –

One takes a bite, then the other.
They do this until it is gone.

Mela

Al risveglio non ricordavo
nulla del mio sogno.

Si era fatto giorno, poi di nuovo notte –
Nelle ore piene, cos’era successo?

Avevo strappato delle erbacce, portato dentro
dei fiori freddi per il vaso.
Un po’ avevo letto. Un po’ rassettato e spazzato.

Mi ero ripromessa di non far nulla che non mi andasse
quel giorno, e così è stato.

Una volta, una certa speranza mi si è avvicinata
poi è partita. Mi è passata accanto col suo scialle
familiare, che sapeva di fumo iodato.

Non le ho parlato, né lei ha parlato a me.
Eppure il consueto calore correva ancora
tra noi, come una mela divisa tra vecchi amici –

Un morso uno, un morso l’altro.
Finché non finisce.

*


After Long Silence

Politeness fades,

a small anchovy gleam
leaving the upturned pot in the dish rack
after the moon has wandered out of the window.

One of the late freedoms, there in the dark.
The leftover soup put away as well.

Distinctions matter. Whether a goat’s
quiet face should be called noble
or indifferent. The difference between a right rigor and pride.

The untranslatable thought must be the most precise.

Yet words are not the end of thought, they are where it begins.

Dopo un lungo silenzio

La cortesia sbiadisce,

un piccolo bagliore d’acciuga
abbandona la pentola capovolta nello scolapiatti
dopo che la luna s’è dileguata dalla finestra.

Una delle ultime libertà, là nel buio.
Gli avanzi della zuppa messi via.

Le distinzioni contano. Se il muso
quieto di una capra debba dirsi nobile
o indifferente. La differenza tra un giusto rigore e l’orgoglio.

Il pensiero intraducibile dev’essere il più preciso.

Eppure le parole non sono la fine del pensiero, ma là dove comincia.

*

Zero Plus Anything Is a World

Four less one is three.

Three less two is one.

One less three
is what, is who,
remains.

The first cell that learned to divide
learned to subtract.

Recipe:
add salt to hunger.

Recipe:
add time to trees.

Zero plus anything
is a world.

This one
and no other,
unhidden,
by each breath changed.

Recipe:
add death to life.

Recipe:
love without swerve what this will bring.

Sister, father, mother, husband, daughter.

Like a cello
forgiving one note as it goes,
then another.


Zero più niente fa un mondo

Quattro meno uno fa tre.

Tre meno due fa uno.

Uno meno tre
fa chi, fa ciò che
rimane.

La prima cellula che ha imparato a dividere
ha imparato a sottrarre.

Ricetta:
aggiungi sale alla fame.

Ricetta:
aggiungi tempo agli alberi.

Zero più niente
fa un mondo.

Questo
e nessun altro,
scoperto,
da ogni respiro cambiato.

Ricetta:
aggiungi morte alla vita.

Ricetta:
ama senza scarto ciò che ti porterà.

Sorella, padre, madre, marito, figlia.

Come un violoncello
che perdona una nota mentre va,
poi un’altra.

Jane Hirshfield
Nata a New York nel 1953, consegue la laurea alla Princeton University e completa gli studi al San Francisco Zen Center. Coltiva la passione per la scrittura fin da giovane e nella lunga carriera artistica le sue raccolte poetiche (la più recente, Ledger, è di marzo 2020) ottengono numerosi riconoscimenti, tra cui il Poetry Center Book Award, il California Book Award e il Donald Hall-Jane Kenyon Prize in American Poetry. Nel 2004 la Academy of American Poets le attribuisce l’Academy Fellowship; nel 2006 After è finalista al T.S. Eliot Prize e guadagna il titolo di “Best Book” da The Washington Post, The San Francisco Chronicle e dal Financial Times. La silloge The Beauty, del 2015, viene selezionata per il National Book Award. Insegna, tra le altre, alla Stanford University e alla U.C. Berkeley. Risiede attualmente in California, dove prosegue l’attività di poetessa, traduttrice e autrice di saggi, pubblicati già nelle raccolte Nine Gates: Entering the Mind of Poetry e Ten Windows: How Great Poems Transform the World. Nel 2019 viene eletta membro della American Academy of Arts & Sciences. Le sue opere sono tradotte anche in Polonia, Francia, Cina e Giappone.

Loredana Foresta
Attrice, doppiatrice, speaker, dialoghista, consegue nel 2009 un Master in Traduzione di testi post-coloniali all’Università di Pisa, dedicandosi, in particolare, alla traduzione della poesia, del teatro e dell’audiovisivo. Nel 2015 insegna traduzione cinematografica al Master in Teoria e pratica della traduzione dell’Università di Firenze. Traduce per riviste letterarie come «Il Tolomeo», «El Ghibli», «Sagarana» e cura l’adattamento dei dialoghi di opere televisive.

Andrea Sirotti
Insegna lingua e letteratura inglese a Firenze e svolge dal 1999 l’attività di traduttore letterario, soprattutto di poesia e di narrativa postcoloniale. Fa parte delle redazioni di «Semicerchio» e di «Interno Poesia» e collabora all’organizzazione di svariati festival di poesia internazionale. Tra gli autori tradotti: Carol Ann Duffy, Margaret Atwood, Eavan Boland, Chimamanda Ngozi Adichie, Emily Dickinson. Nel settembre 2015 riceve (insieme a Giorgia Sensi) il Premio Gozzano al miglior libro di poesia tradotto in italiano per Le api di Carol Ann Duffy (Le Lettere, Firenze 2014).

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