
Wallace Stevens
Fabliau of Florida
Barque of phosphor
On the palmy beach,
Move outward into heaven,
Into the alabasters
And night blues.
Foam and cloud are one.
Sultry moon-monsters
Are dissolving.
Fill your black hull
With white moonlight.
There will never be an end
To this droning of the surf.
Fabliau della Florida (traduzione di Giovanni Ibello)
Barca di fosforo
Sulla spiaggia di palme,
Spingiti verso la soglia del cielo
Negli alabastri
E nei blunotte.
Schiuma e nuvola sono la stessa cosa.
Gli aridi mostri lunari
Si dissolvono.
Riempi il tuo buio scafo
Con luce di luna.
Mai sarà detta, mai la fine
A questa liturgia di risacca.
Wallace Stevens (1879-1955) è da molti considerato il maggiore poeta americano del Novecento; certo non è secondo a nessuno dei massimi coetanei (Eliot, Frost, Pound, Williams), e oggi è il più frequentato e universalmente ammirato, a livello di cultura diffusa come da parte di lettori, studiosi, artisti e poeti; i libri a lui dedicati sono ormai centinaia. Stevens, che nella vita fu dirigente in una importante compagnia di assicurazioni del Connecticut e non visitò mai l’Europa, ha fama di poeta difficile, addirittura impenetrabile, ma i suoi testi hanno la limpidità glaciale di uno specchio in cui i lettori non cessano di trovare immagini e parole per dire la loro condizione (post)moderna. «La poesia» affermò «è una risposta alla necessità quotidiana di afferrare bene il mondo.» Ne esce quasi un manuale di sopravvivenza dove, come nei capolavori della musica e della pittura, la forma sovrana permette al lettore di entrare in un universo più vivido e libero, e così vivere pienamente la propria misteriosa umanità.