Dalla Prefazione di Chiara De Luca
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Il micondó, è una varietà di baobab africano, che può raggiungere ventitré metri di altezza e vivere oltre duemila anni. Il suo ampio tronco costituisce una riserva d’acqua e le sue radici si spingono molto a fondo nel terreno. In questa raccolta di Conceição Lima, il micondò, che nella tradizione assume anche una valenza sacrale, diviene simbolo del profondo scavo a ritroso nella memoria lungo le proprie radici, per risalire all’origine di sé. […] L’intera raccolta è un inno alle radici, in cui Conceição Lima ripercorre la propria storia personale e familiare, che s’interseca con le vicende storiche che hanno scosso la sua terra, con le le piaghe e tragedie che l’hanno prostrata, dalla corruzione politica (“Pantufo”), allo sfruttamento e alla colonnizzazione (“Anti-epopea”), dalla tragedia del Ruanda (“Ignominia”), al massacro di Batepá (“1953”), per poi volgere lo sguardo alla tragedia d’altri popoli (“Jenin”). Conceição Lima si addentra nel vetre della terra, scava a fondo nella storia del suo paese, disseppellendo scheletri, rievocando errori, sferzando con ripulsa e lucido sarcasmo l’ingiustizia e la tirannide, che hanno ovunque nel mondo il medesimo volto beffardo.
HASTE
Num certo campo de um ermo lugar
um caule dobra agora o dorso — verga
se lhe roça o ego da intempérie.
Em qualquer campo aquém do luar
num estreito canto de um país vulgar
o caule cede o dorso
se lhe bate a mão da ventania —
duplica na coluna o peso do próprio corpo.
Soergue depois a inclinação da linha
e retoma o vertical instinto de sua raiz —
permanece.
*
STELO
In un certo campo di un luogo deserto
uno stelo china ora il dorso – architrave
se lo sfiora l’ego delle intemperie.
In qualche campo di qua dal chiaro di luna
nell’angusto canto di un paese volgare
lo stelo cede il dorso
se lo batte la mano della bufera –
raddoppia nella colonna il peso del proprio corpo.
Raddrizza poi l’inclinazione della linea
e riprende il verticale istinto della sua radice –
permane.
*
O VENDEDOR
Os olhos vagalumem como pirilampos
no encalço dos fregueses
Do fio que é a mão
esvoaçam sacos de plástico
precários, multicores balões
A Feira do Ponto é o seu pátio.
Ao fim do dia, parcimonioso,
devolve a bolsa das moedas a um adulto
e recupera a idade.
*
IL VENDITORE
Gli occhi baluginano come lucciole
all’inseguimento dei clienti
Dal filo che è la mano
svolazzano sacchetti di plastica
precari palloncini multicolori
La Feira do Ponto è il suo cortile.
A fine giornata, parsimonioso,
consegna la borsa delle monete a un adulto
e recupera la propria età.
*
IGNOMÍNIA
Enquanto o fio da catana
avançava sobre o medo encurralado
o mundo espreguiçava uma palpebra —
hesitava.
E quando o olho da camâra
desventrou enfim o silêncio
um metódico vendaval avermelhara
para sempre as águas e os campos.
As consciências
que no universe o caos ordenam
instauraram a urgência dos relatórios
e a estatística dos esqueletos.
Ruanda ainda conta os crânios dos seus filhos.
*
IGNOMINIA
Mentre il filo del machete
avanzava sulla paura asserragliata
il mondo stiracchiava una palpebra —
esitava.
E quando l’occhio della telecamera
sventrò infine il silenzio
una metodica bufera aveva arrossato
per sempre i campi e le acque.
Le coscienze
che nell’universo ordinano il caos
instaurano l’urgenza dei resoconti
e le statistiche degli scheletri.
Il Ruanda ancora conta i crani dei suoi figli.
*
JENIN
Os bulldozers partem sem fanfarras.
Arrastam na poeira as tiras das sandálias
e o pavor nas asas das galinhas
No seu rasto agonizam as palavras
e o bíblico rosto das oliveiras
o fémur que perfura os escombros
está morto, não tem nome
É uma estaca de marfim
que brilha
amargamente na terra de Jenin
Amanhece em Berlim, outro lugar
Não na Libéria ou nos fields de Freetown
Não no refúgio de Jenin ou em redor de mim.
*
JENIN
I bulldozer partono senza fanfare.
Trascinano nella polvere le fasce dei sandali
e la paura nelle ali delle galline
Sulla loro scia agonizzano le parole
e il biblico volto degli ulivi
il femore che perfora le macerie
è morto, non ha nome
È un palo d’avorio
che brilla
amaramente nella terra dello Jenin
Albeggia a Berlino, altro luogo
Non in Liberia o nei field di Freetown
Non nel rifugio dello Jenin o attorno a me.
*
A MÃO
Toma o ventre da terra
e planta no pedaço que te cabe
esta raiz enxertada de epitáfios.
Não seja tua lágrima a maldição
que sequestra o ímpeto do grão
levanta do pó a nudez dos ossos,
a estilhaçada mão
e semeia
girassóis ou sinos, não importa
se agora uma gota anuncia
latente odor dos tomateiros
a viva hora dos teus dedos.
*
LA MANO
Prendi il ventre della terra
e pianta nel pezzo che ti pare
questa radice innestata di epitaffi.
Non sia la tua lacrima la maledizione
che sequestra l’impeto del seme
solleva dalla polvere la nudità delle ossa,
la mano frantumata
e semina
girasoli o campane, non conta
se ancora una goccia annuncia
latente l’odore dei pomodori
l’ora viva delle tue dita.
*
A OUTRA PAISAGEM
Da lisa extensão dos areais
Da altiva ondulação dos coqueirais
Do infindo aroma do pomar
Do azul tão azul do mar
Das cintilações da luz no poente
Do ágil sono da semente
De tudo isto e do mais —
a redonda lua, orquídeas mil, os canaviais —
de maravilhas tais
falareis vós.
Eu direi dos coágulos que mineram
a fibra da paisagem
do jazigo nos pilares da Cidade
e das palavras mortas, assassinadas
que sem cessar porém renascem
na impura voz do meu povo.
*
L’ALTRO PAESAGGIO
Della liscia estensione delle dune
Dalla maestosa ondulazione delle palme da cocco
Dell’infinito aroma del melo
Dell’azzurro tanto azzurro del mare
Dello scintillio di luce dei tramonti
Del vigile sonno delle sementi
Di tutto questo e di più –
la rotonda luna, orchidee a migliaia, i canneti –
di meraviglie taciute
parlereste.
Io direi dei coaguli che minano
la fibra del paesaggio
della tomba nei pilastri della Città
e delle parole morte, assassinate
che incessantemente rinascono comunque
nell’impura voce del mio popolo.
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Traduzione di Chiara De Luca
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Da: “La dolorosa radice del micondó” di Conceição Lima, Kolibris 2014, € 12
Conceiçao Lima: Nata a Santana, isola di São Tomé, São Tomé e Príncipe, l’8 dicembre 1960, ed è cresciuta nel suo paese, dove ha svolto gli studi primari e secondari. In seguito ha studiato giornalismo in Portogallo. Nel 1993 ha fondato il settimanale – oggi estinto – «O País Hoje», di cui è stata direttrice. Si è diplomata in Studi Africani, portoghesi e Brasiliani al King’s College di Londra e ha ottenuto un Master in Studi Africani, con specializzazione in Governo e Politica in Africa presso la Scuola di Studi Orientali e Africani di Londra (SOAS). È stata per diversi anni giornalista e produttrice dei servizi in lingua portoghese della BBC a Londra. Tornata nel suo paese, ha diretto la TVS, Televisão São-Tomense. Attualmente lavora come giornalista free-lance e collabora con diversi periodici. Per la casa editrice Caminho di Lisbona ha pubblicato, nel 2004, O Útero da Casa, nel 2006 A Dolorosa Raiz do Micondó e nel 2011 O País de Akendenguê. Suoi testi sono stati tradotti in spagnolo, inglese, francese, italiano, serbo-croato, turco e arabo.
Sue poesie sono sparse in giornali, riviste e antologie di vari paesi.