Antonio Moresco, “21 preghierine per una nuova vita”

21-preghierine-per-una-nuova-vita-d430di Nadia Agustoni 

Le “21 preghierine” di Antonio Moresco, illustrate dai bei disegni di Giuliano Della Casa, sono un piccolo libro con cui accompagnare i nostri giorni difficili, e lo stesso autore lo auspica nella breve nota con cui spiega come sono nate. Sono preghierine contro la violazione, senza alcun eccesso mistico, ma fatte di incerte verità, perché ognuno possa verificarle e capire come non sono mai un ultima parola piuttosto sono parole libere che ci raccontano un animale e poi un altro con segno leggero, arioso, simpatico, a tratti con note di tristezza.

 

Antonio Moresco in alcune preghierine (lombrico, altra gazza, coniglio, anatra, ne nomino alcune tra le altre) rivolge come una richiesta di protezione all’animale “ E poi insegna anche a me a scrivere che sono unaltra cosa, così la smetteranno di beccarmi, di ferirmi, di farmi a pezzi” (Lombrico – p.39), ma se si pensasse che parli a un totem non si coglierebbe la sua idea di comunicare semplicemente con creature vive che soffrono la condizione e la morte, proprio come noi. Continua a leggere

Silvio Raffo, “La vita irreale”

 
silvio_raffoIl teatro del mondo qualche volta
mi commuove – m’incanta la sua scena

“I poeti della generazione di Silvio Raffo hanno scritto molto in questi anni, si sono mostrati intelligenti, “aggiornati”, (forse troppo), colti. Ma si contano sulle dita di una mano […] quelli che ci rimangono impressi, che ci stampano a forza qualche verso nella memoria […] Metterei Silvio Raffo tra questi pochissimi.”
Maria Luisa Spaziani

“Ciò che specialmente mi attrae è quella pienezza di adesione ai momenti, ai particolari della circostanza quasi con un eccesso d’ansia… un discorso teso e carico, che profitta di tutti i segni che il visibile, il sensibile, il causale mettono sulla sua strada, con un totale affidamento al senso di ciò che accade e si manifesta.”
Mario Luzi Continua a leggere

Giovanni Fierro, “Il riparo che non ho”

 

il-riparo-che-non-ho-giovanni-fierroDalla Prefazione di Claudio Damiani

Imparare le cose

Scrivere poesie vuol dire trascrivere, elaborare una propria visione del mondo. Questa visione non è mai data, ma è sempre nell’atto del suo farsi (altrimenti sarebbe ideologia, e non poesia). Autore e lettore assistono allo stesso atto, contemporaneamente, che è la visione poetica. E’ come aprire una finestra. Giovanni Fierro vorrebbe essere una finestra, avere la sua trasparenza. Come la trasparenza di una partita di calcio, dove nessuno può mentire. La finestra “divide il dentro dal fuori”, mi fa vedere le cose e mi protegge nello stesso tempo dal fuori. Ecco, una finestra insegna molto.
Una cosa molto bella nella poesia di Giovanni Fierro è il desiderio continuo, necessario come il respiro, di imparare. La cosa vista, la visione poetica, è sempre maestra. Ed è vista con tanta attenzione, e nettezza, e interezza, perché insegna. Parla a noi e ci dice: fai anche tu così.

 

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Adonis, “Ecco il mio nome”

adonisSCHEDA LIBRO
 

Adonis è tra i più significativi protagonisti della letteratura araba moderna e della cultura mediterranea. Nell’ultimo quarto di secolo si è fatto interprete delle grandi sfide del nostro tempo indicando le opportunità insite nell’apertura verso le culture emergenti e l’incontro con gli altri. La sua esperienza di vita, i lunghi soggiorni all’estero, sino al suo definitivo trasferimento a Parigi, hanno fatto di lui il portavoce della cultura araba e mediterranea nel mondo. Il dialogo con un mondo ‘altro’ è per Adonis motivo di riflessione e invito alla ricerca di valori universali su cui fondare un nuovo umanesimo. In questo volume, curato da una delle massime esperte di letteratura araba, si presentano quattro testi fondamentali nello sviluppo dell’opera di Adonis: Ecco il mio nome, Prolegomeni alla storia dei re dei piccoli regni, Una tomba per New York e Concerto per il Cristo velato. Continua a leggere

Ilaria Boffa, “Spaces”

spacesLa forma di scrittura che mi accompagna (che mi ha scelta in realtà) è in costante evoluzione e influenzata non soltanto da letture poetiche, ma in particolare da musica e opere di artisti appartenenti a generi e correnti che definirei underground o di confine.

E’ la curiosità a guidarmi, la fame di voci del passato e contemporanee, la scoperta di suoni marginali che aprono dentro di me spazi inattesi.

Il quotidiano è una scusa che supporta visioni, immagini e balzi ritmici.

L’utilizzo della concrete (visual) poetry, così come lo sviluppo della space poetry, legata ad una tipologia di musica che richiama scenari e riflessioni sul nostro esistere e sugli equilibri con le altre forme di vita, caratterizzano in parte i miei testi.

Ilaria Boffa Continua a leggere