Hopkins, “Il naufragio del Deutschland”

Gerald Manley Hopkins a 19 anni

«Ritmo, energia, intensità d’una lingua magnificamente ostacolata, e una sofferenza a cui non dovevano esser estranei una struggente religiosità, le tacitate propensioni sessuali e lo scontro fra l’umiltà che si pretende dal sacerdote e il necessario orgoglio del poeta.»[…]

Con queste parole Nanni Cagnone, curatore e traduttore de Il naufragio del Deutschland (Giacometti e Antonello, Macerata, 2021) frutto di una rielaborazione durata decenni, descrive le caratteristiche salienti dell’universo poetico di Hopkins.

Part the First. Stanza One

Thou mastering me
God! giver of breath and bread;
World’s strand, sway of the sea;
Lord of living and dead;
Thou hast bound bones & veins in me, fastened me flesh,
And after it almost unmade, what with dread,
Thy doing: and dost thou touch me afresh?
Over again I feel thy finger and find thee.

Prima parte. Prima stanza

Tu che me domini
Dio! donatore del soffio, del pane;
Fibra-lido del mondo, impulso del mare;
Dei vivi e dei morti Signore; ossa e vene
In me hai legato, m’hai affibbiato la carne,
Poi l’opera tua con tale spavento, l’hai
Quasi disfatta: e mi colpisci di nuovo?
Altra volta sento il tuo dito, te trovo.

Stanza Two

I did say yes
O at lightning and lashed rod;
Thou heardst me truer than tongue confess
Thy terror, O Christ, O God;
Thou knowest the walls, altar and hour and night:
The swoon of a heart that the sweep and the hurl of thee trod
Hard down with a horror of height:
And the midriff astrain with leaning of, laced with fire of stress.

Seconda stanza

Sì, io consentii
Oh a vibrata balenante frusta;
Tu mi udisti, più veritiero della lingua,
Ammettere timore di te, o Khristos, o Dio;
Tu sai i muri e l’altare, l’ora e la notte:
Il deliquio d’un cuore che’l tuo scagliarti e squassare
Vertiginato fecero, tutto calpesto: e il prèmito
Del diaframma, contratto, costrizione rovente.

Stanza Three

The frown of his face
Before me, the hurtle of hell
Behind, where, where was a, where was a place?
I whirled out wings that spell
And fled with a fling of the heart to the heart of the Host.
My heart, but you were dovewinged, I can tell,
Carrier-witted, I am bold to boast,
To flash from the flame to the flame then, tower from the grace to the grace.

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Lo sfruttamento degli animali nella poesia di Teodora Mastrototaro

Teodora Mastrototaro

La fissità di una porta rotta
dove avrò da bere.
La nostra razza non resta nelle case
ma in porcili di saliva.
Necrologi senza storia.
In ogni scatola partorisce una madre
interrotta nel rovescio della carne.
Il mio destino è avere fame.
Dove tu coli, madre, non c’è stagione da salvare.
Ingozziamoci di latte per ritornare belli!
Colostro al fianco destro e a sinistra
la famiglia è incatenata.
Il cordone ombelicale rimasto impigliato
tra il pane e la morsa, alla luce la merda
diventa una rosa – simile la forma.
Al capezzale del tuo seno la notte si volge agli steli.

Venite sintesi di cadaveri, venite. Senza bambini
o neonati, venite. Qui ci vendono oltre l’amore
e oltre l’amore le carni e morire.

***

Ancora cosciente mi rivolti vivo nella vasca,
l’acqua bollente rende tenera la morte.
Un paio di minuti è il tempo che ci vuole
per far puzzare il cielo.
Il porco dopo di me non sa nuotare,
gli basterà un secondo per farsi trasformare
nel bianco del carcame scolorito.
Un braccio meccanico mi spinge giù in fondo
nel mare sospeso di rosso.
Il porco ha gli occhi fissi su di me che fremo,
mi opprimo, continuo a calare.
Quando l’inferno non ti brucia più ne fai parte
o non esisti.

***

Quando scarichiamo la carne in macelleria
la sequela delle carcasse sembra un corteo funebre.
La pausa tra la carne e il mondo si è ridotta
e tra il cielo e la macelleria c’è un punto di svolta.
L’operaio più robusto trasporta sulle spalle
la carcassa più pesante come un cristo
crocifisso durante una via crucis rovesciata.
Esposti i corpi nel banco frigo:
Bollo Sanitario, Peso Netto, Specie, Taglio, Lotto.
Nessun animale che sia degno di lutto.

da Legati i maiali (Marco Saya Edizioni 2020) Continua a leggere

Thomas Bernhard, “Teatro VI”

Thomas Bernhard

Questo volume “Teatro VI” (Collezione Teatro Einaudi, 2021) riunisce tre testi di Thomas BernhardLe celebrità (1976), Su tutte le vette è pace (1981), Piazza degli Eroi (1988), piú tutti i testi brevi denominati da Bernhard «dramoletti».

A cura di Alice Gardoncini Traduzioni di Alice Gardoncini Umberto Gandini

Introduzione a cura di Alice Gardoncini.

IL LIBRO

Ubulibri fece uscire, tra il 1982 e il 1999, cinque volumi del Teatro di Bernhard annunciandone un sesto conclusivo, che in realtà non fu mai pubblicato. Dopo aver ripreso i cinque volumi Ubulibri, ora Einaudi completa la serie realizzando finalmente questo fantomatico sesto volume. Contiene i tre testi lunghi non compresi nei volumi precedenti, piú tutti i testi brevi denominati da Bernhard «dramoletti». Inediti in traduzione italiana sono Le celebrità(1976), Su tutte le vette è pace (1981) e i tre dramoletti scritti in dialetto bavarese: Match, Un morto, Funzione di maggio (1981).

Questi tre dramoletti dialettali sono tradotti da Umberto Gandini. Tutti gli altri testi sono tradotti da Alice Gardoncini. Ora che tutto il Teatro di Bernhard è disponibile anche in Italia, si potrà comprendere meglio la grandezza di questo scrittore, che con ironia e spirito di provocazione ha saputo innovare le abitudini teatrali piú radicate. E magari si potrà aprire una nuova stagione di messe in scena. D’altronde l’Italia ha avuto un ruolo significativo nella storia teatrale di Bernhard, visto che due dramoletti – Claus Peymann compra un paio di pantaloni e viene a mangiare con me; Claus Peymann e Hermann Beil sulla Sulzwiese – sono stati messi in scena per la prima volta proprio in Italia da Carlo Cecchi un anno dopo la morte di Bernhard, nel 1990, e piú volte ripresi.

La piú recente rappresentazione italiana di un testo di Bernhard è invece Piazza degli eroi mandata in onda da Rai 5 nel 2021 da un Teatro Mercadante privo di pubblico per il lockdown: protagonista Renato Carpentieri, regia di Roberto Andò.

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Mandel’štam, “Conversazione su Dante”

Nel 1933 Osip Mandel’štam, poeta in disgrazia, «e­ migrato interno» in procinto di diventare carne da lager, «arde di Dante», e studia l’italiano servendo­si della Divina Commedia.

In Crimea durante la pri­mavera scrive Conversazione su Dante, ma quando tenta di pubblicarlo incontra una serie di rifiuti. Di certo il saggio non ha nulla a che vedere con il rea­lismo socialista, né corrisponde al canone degli stu­di danteschi.

Affrancando il «sommo poeta» ita­liano da secoli di retorica scolastica, Mandel’štam ragiona su ciò che presiede alla nascita della sua poesia: in primo luogo, la metamorfosi.

Tutto, nella Commedia, è in movimento, e per il vero lettore, «esecutore creativo», leggere Dante significa rifiu­tarsi di restare incatenati a un presente che a sua volta è saldamente ancorato al passato: «Pronun­ciando la parola “sole” compiamo un lunghissi­mo viaggio al quale siamo talmente abituati che ormai viaggiamo dormendo. La poesia … ci sveglia di soprassalto a metà parola – parola che ci sembra molto più lunga di quanto credessimo –, e in quel momento ricordiamo che parlare è sempre essere in cammino».

Unico poiché sembra comprende­re tutti i linguaggi, quello di Dante evoca il mon­do con irripetibile potenza, e la Conversazione di Mandel’štam, tripudio di luminose intuizioni, co­strutti arditi e metafore inusitate (biologiche, mu­sicali, meteorologiche, tessili), in una prosa conti­nuamente attraversata da squarci di poesia, scor­ge e mette in luce i tratti più moderni, addirittura sperimentali, del suo poetare.

A cura di Serena Vitale. Continua a leggere

Gabriella Musetti, “Un buon uso della vita”

Gabriella Musetti

un buon uso della vita
e la nostra autobiografia / di tutti
– dice Maria Pia –
diventi un viaggio
meno accidentale
non raro non avaro
e strisci dentro
luoghi contenenti sale

***

illocalità della scrittura
(aurorale)
questo fraseggiare dell’origine
tanto divulgato in versi e prose
esibito come abissale
altro – scostante
e quant’altro analizzato
senza venirne a capo poi
in nessun modo

***

le storie sono all’inizio
tutte uguali
nasci da un ventre aperto
dal buio vedi la luce
ma subito la storia cambia
secondo il luogo lo status
il modo e l’accoglienza
non c’è una regola prescritta
uguale a tutti
ognuno trova a caso la sua stanza
chi bene – felice lui o lei – chi
con dolore

***

è morta questa mattina è morta
ma non si è accorta di morire
rideva come una bambina
su un prato in primavera
rideva anche di sera (e pure di mattina)
– s’è messa in salvo – qualcuno dice
volata via sopra una rondine
un po’ di soppiatto un po’ per avveduta
consolazione – la scelta unica rimasta
quasi sicura

***

era morta con la luna storta
era morta sopra un cuscino estraneo
di un vicino fuori della sua casa
come faceva a spiegare
a chi gliel’avesse chiesto
che era uscita in giardino
solo a fumare una sigaretta
scavalcata la finestra s’era trovata
nella casa buia decisa
a seguire il suo destino?


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