Non lo ricordo il taglio delle dita
la corsa in ospedale, l’amputazione
ma forse se cerco in ogni piega
rivedo la fasciatura ancora sporca
del sangue rubato da una sega
Ho vissuto con il padre menomato
che scherzava sull’arida lesione
toccava quei tronchi nella mano
lasciati sul lavoro come pegno
per un piccolo salario disumano
Vedi perché se guardo chi lavora
non mi appassiona la facile teoria
indici, tassi, scale e pure il quanto
l’operaio è carne viva spesso ferita
difenderlo è un valore sacrosanto
prima di un nome scritto al camposanto Continua a leggere
Category Archives: OPERE INEDITE
François Rannou
(a Marsiglia…)
Questa donna i cui
occhi soli
sono visibili pone il
fiume contro la sua
tempia per
la prima volta
queste parole ripetute
nella sua memoria « la
lussureggianza del giardino
del Sicomoro e della sorgente
all’ingresso di Heliopolis »
appaiono sul
muro
le sue labbra si aprono quando lei
chiude gli occhi le
unghiate del mattino su
di lei tracciano una
griglia per i suoi
sogni già
finiti
François Rannou
(Traduzione di Luigia Sorrentino) Continua a leggere
Giovanni Ibello
La foto di Giovanni Ibello è di Valentina de Felice
Perché dopo la morte resta solo il nome
e un silenzio irrisolto
uno sfrigolio di corpo
che si decompone.
Ma le unghie sono spade lucenti
ancora troppo legate alla vita
brandite dalla mano che cede
all’ombra adunca dei tulipani.
Il prete si guadagna da vivere
e i fedeli delirano sui loro tormenti,
ma la bocca che pregava
non era pronta a baciare le tempie
e le mani strette sul petto
sono quelle del feto
che per istinto, si difende.
Lorenzo Babini
Un solco, una scrittura
a Paolo e Carlotta
I
Dove la mano ha tracciato
il solco, dove ha scritto,
lì costruiranno una casa gli uomini …
un uomo e una donna, dico, lì davanti ora
uno di fronte all’altro, quando i gesti e le parole
guardano più avanti, si allontanano e convergono in un punto,
si riuniscono in una trama densa, in un tessuto. Continua a leggere
Gianluca D’Andrea
Per Fabio e Lucio
Nipote
Ombelico cioè la fessura del tempo,
la crepa che si allarga tra te
e il panorama del futuro che intravedi
ma non conoscerai. Lui sì,
lui che come una nube incombe
mentre riceve il pasto costante
dal cordone delle ere. Lui, il centro
dell’adesso che preannuncia la separazione,
l’umbone su cui rimbalzano
le frecce della morte come un’illusione.
La protuberanza, lo strobilo
in cui piroetta il cielo delle nascite,
in noi, nella nostra attesa
che qualcosa accada sempre
lontano dal nostro cadere. Continua a leggere