Opere Inedite, Giuseppe Vetromile

Giuseppe Vetromile mi ha scritto che vive la poesia intensamente e, a volte, con sofferenza, quando non riesce a trovare i termini adatti e le giuste strutture poetiche per esprimere il suo sentire profondo.

“Ogni poesia scritta è per me, da una parte, l’atto conclusivo di una certa ricerca interiore, più o meno indovinata, dopo un tempo più o meno lungo di decantazione durante il quale effettuo, su quanto scritto, il necessario lavoro di revisione e aggiustamento; dall’altra, è un punto di partenza per scandagliare ulteriormente il mondo, per sentire nuove vibrazioni e per proporre nuove esperienze. C’è bisogno di un lavoro continuo sulla parola e sullo stile, perché sempre di più la poesia aderisca alla verità ed alla luce che ciascuno di noi ha dentro di sé.

di Giuseppe Vetromile
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Opere inedite, Loredana Magazzeni

Loredana Magazzeni è insegnante e poeta. In lei è ben presente una genealogia femminile che l’accompagna e la guida. Loredana sente e ribadisce un compito di armonizzazione e di mediazione che crea senso nel suo lavoro con la parola. Insegnante da quando aveva 28 anni, prima, per tre anni ha lavorato in agenzie pubblicitarie a Bologna. Le interessava già allora l’aspetto creativo della lingua, per creare scrittura.  

Loredana ha iniziato a scrivere a 40 anni con un gruppo di donne, il Gruppo ’98, che crede nell’importanza e nella diffusione della scrittura delle donne, e nella pratica delle relazioni fra donne e dell’ascolto. Per relazionarsi con altre donne nel 2004 ha dato il via a un progetto chiamato “Patchwork” che consiste nell’abilità delle donne di mettere insieme frammenti, anche della propria vita (e dei tanti ruoli che vi sono chiamate a svolgere con uguale intensità, e qui sta il primo enorme dispendio di energie creative che non è ancora stato riconosciuto alle donne) per costruire arte, bellezza.

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Opere Inedite, Marina Pizzi

Oggi, a Opere Inedite, leggiamo la poesia di Marina Pizzi.
Credo che questa foto esprima tutta la poesia di Marina. Le avevo infatti chiesto di inviarmi una foto che la rappresentasse, che rappresentasse il suo rapporto con la poesia. E questa è la foto che Marina ha scelto e mi ha inviato.
A guardarla, Marina sembra lontana, quasi in secondo piano rispetto a ciò che la circonda. Eppure in quello stesso spazio Marina è immersa, e da quello spazio Marina “parla” del rapporto con la sua poesia. 
Sembra quindi, a chi vi scrive, che il suo ‘io poetico’ si ponga in una sorta di “tana” della parola, una tana che la circonda e l’abbraccia, che la sovrasta, anche, la fa piccola, lontana.
La sua è una voce che – per usare una sua espressione – arriva dalla “galassia del distacco”, e piange “la rotta di non saper la rotta/ né la perfetta eresia del vento.”

(Luigia Sorrentino) Continua a leggere

Opere Inedite, Natalia Lisi

Per Natalia Lisi “la poesia è sempre stata una funzione fisiologica paragonabile al respiro, al ciclo cardiaco con le sue sistole e le sue diastole: un qualcosa di intimamente connesso con la propria vita, un organo inalienabile dal proprio corpo. Una seconda voce diversa da quella della coscienza. Inseguire questo canto di Sirene significa scegliere la terra del mito, significa far coesistere il presente con gli infiniti spazi inesplorati che si aprono nella nostra mente: le dita sui tasti di un pianoforte possono creare infinite melodie muovendosi fuori e dentro le scale del sistema tonale, così noi con il sistema delle parole possiamo entrare ed uscire dalla veglia, dal mondo esterno a noi, verso la luce del sonno, la terra delle immagini, della bellezza, dell’eroismo adolescenziale: possiamo provare, senza mai riuscire del tutto, a conciliare i molti mondi, a fermarli, a dare una consistenza alle immagini inconsistenti nate nella nostra intimità.”

di Natalia Lisi

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Opere Inedite, Vincenzo Celli

Alla domanda: <<Perchè scrivi?>> Vincenzo Celli risponde quasi chiudendosi: <<Non lo so, e sinceramente, spero di non scoprirlo mai.>>
Però poi Vincenzo scrive : “Il mio rapporto con la poesia – o il suo rapporto con me – è nato da poco. Ho iniziato a scrivere a quarantacinque anni e oggi ne ho cinquanta.”

Vincenzo usa la parola con parsimonia perchè forse sa – ha capito – che nessuna personale sfumatura aggiungerebbe qualcosa al sentimento della poesia che – infine – si fa da sè.  
E così Vincenzo passa accanto alla poesia dei padri, che a loro volta sono passati accanto alla poesia dei loro padri, fino ad andare sempre più indietro. Passare accanto ai padri e aprire bene gli occhi per guardare sul “pelo dell’acqua”, sul sentimento che si fa crescere, che si fa poesia.

“Per me la poesia è un mistero che non so spiegare, se non attraverso le stesse cose che scrivo.”
                                        di Vincenzo Celli
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