adesso è libera la sera,
piano si è adagiata fra le
stoffe nere, domani potrebbe
non ritornare: è una fune
che lega e si dispiega, un nulla
che fa temere ogni cosa.
Ma sappiamo bene che non
esiste nessuna vera fuga da niente Continua a leggere
Category Archives: UNA POESIA
Piero Bigongiari
Le parole dell’amore non hanno superficie
Il vento non si bagna in cima al mare
il vento azzurro non vuol diventare
verde, ingrommarsi, tergersi diverso
di verso in verso.
Ma le statue di sale che si voltarono
ora guardano il cosmo che non torna
caos ai loro occhi, se le fiamme
della bella città erano amore.
Mare asciutto… Ah staccarsi dal proprio essere
dove esso è più sottile, laminato
tra due bandiere: recto e verso, notti
e albe: le ere si congiungono
per disgiungersi, le ingiunzioni sono
le parole ora stesse dell’amore
da non gettare in aria, non potrebbero
tornare, il mare e il vento non si fondono,
o vuote, sopra il palmo alto del cuore,
moneta non impressa, non spendibile,
impronta cancellata dal suo fuoco.
Piero Bigongiari (1914 – 1997)
Antonio Pibiri
Raccolti a coda i capelli di sua figlia
e scintillati lungo la nuca
tagliano in due la schiena:
una spada carolingia mulinata
in minime oscillazioni –
bestie dal nero sangue
e parole d’armi ne hanno paura.
La annusano, ma hanno paura –
Piccola giovanna d’arco, e per la via
senza voltarsi dice tra sé – “Sono solo
una bambina…”
Così, continua i tuoi grandi occhi
sporgerli
sui granai
da: Chiaro di terra, (L’arcolaio, 2016)
Luciana Moretto
Ho scelto “Tutto ciò che resta” di Luciana Moretto dalla raccolta “La memoria non ha palpebre” . Questa poesia è del 2012 e non è tratta dall’ultimo libro di versi di Luciana, ma mi è sembrata più di altre significativa per riassumere la voce di questa poetessa che ha all’attivo diversi libri di poesie. Una sola poesia, dunque, perché qui Luciana mette particolarmente in evidenza un dono: la tenerezza nel dirsi addio, la gioia di un’esperienza umana irripetibile anche nella separazione.
(di Luigia Sorrentino)
Emidio Montini
Entrare nella macchia e non uscirne più. Cosa
fatta a vent’anni, vicini ancora i camini: la
taverna a due passi. Poi il sentiero si perde, e
dopo un volo subitaneo d’anni, duramente
irrompe coscienza d’autunno…
Entrare nella macchia e non uscirne più.
Accade s’avveri: dormire in mezzo al fogliame,
colloquiare coi ricci, fuggire i passi uditi a
notte al confine: troppo oltre condotto il pudore
d’una vita vissuta via dallo sciame…
Entrare nella macchia e non uscirne più.
Reciso ogni patto, dimenticato il contratto. Il
mondo visto dal folto è più atroce, la commedia
più vera: solo giunge d’un tratto pietà, e i Troni
non fanno più paura…
Da: Cronache dalla macchia Gigamesh Edizioni, 2015