Paola Febbraro (1956 – 2008)

Paola Febbraro

 

Se s’avvicina ciò che di me è stata
senza differenza tra chi ci fa nascere e chi ci abbandona
non è di poco conto una domanda
se non è di muoversi di stanza in stanza
ma occupar le stanze dire
non cerco strade non voglio camminare ma stare
in casa a più piani a più riprese d’ossigeno e di rose
dire: ce l’ho da fare

II

Se s’avvicina ciò che di me è stata
interrotta
allora mi allontana la sconfitta
come se non fossi stata io
convertita

ho fretta
voglio invecchiare
come la terra che sotto ha l’animale.

III

Se s’avvicina ciò che di me è stato
insonne sogno di clausura mio possesso lotta
per la supremazia dello spavento

allora trema e tremi la ragione
di uno stato terremoto
mio sesso nato da sesso uguale.

*

Ogni soffio di vento è una lama di gelo

scricchiola un velo diventato dal freddo
La natura fa visibile il respiro di anime e viceversa.
Nate comunque d’inverno
lode al Vostro silenzio e al Nostro
sesso dal primo respiro.

Da Turbolenze in aria chiara, Empiria, 2008 Continua a leggere

Gino Scartaghiande, poesie scelte

Gino Scartaghiande credits ph. Dino Ignani

Poemi naturali

Quando s’apre non si
ripercorre nel sogno suo
insabbiandosi come un folto
di luci già entrato e pronto
alle voci raccolte intorno.
Poi qualcuno certo si spaventa
a vederlo ma lancia una striscia
solida di conservazione
e attende gli uccelli ad ogni
bordo forcaiolo che li dissangua.
Uscire ora sarebbe entrare.
Ho concesso senza perdermi,
parlando piano lungo una parete
che subito mi riassorbiva.

*

Ho letto i miei anni
nell’insinuarsi lento
delle strade. Come un mutante
dagli occhi marini
nel bianco scomporsi
della sacralità. S’è svuotato
di nuovo. Chiunque vorrà
il mistero, e per due notti
intere, è un corpo gettato
alla fame densa dei colori.

*

Mentre passanti tra i vetri
colmi della degradazione,
anch’io più volte in
essi, l’intero discorsivo
giorno nelle relitte a riva
o in largo. Vedete ora
il distacco è
tale vicinanza. Non saprei
essere. Ma se vola
un uccello da una torre
all’altra e in mille. Saprà solo
lo spontaneo meno dell’azzurro.
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Giannino di Lieto (1930-2006)

Ragazze in bilico

Donne giovani forse
senza volto senza corpo le voci
una voce in vena di canzonare
cela l’abbaglio di una farfalla di notte
alla luce immolarsi come valore semiotico
dei balbettamenti runici o
la ricerca assidua di liberazione
da un androne semibuio della fabbrichetta:
siamo divisi da un canale di acqua livida
contenuta fra l’erba palustre e il ciglio della strada
lungo una mattinata tersa.

da Poesie e racconti. 2005-2006. Ripubblicata nell’Antologia – Giannino di Lieto Opere (Interlinea 2010)

*

Deduzione al blu

Prevedendo una nana bianca non congiunta in abbandono
decade a giochi di chilometri sotto una cinta mineraria
come affascinati raccoglie in tracce di costellazioni
un regno di bellezza senza dubbi appollaiati all’orlo
messaggi di silenzio ruotano a conforto semplici pietre
disposte in cerchio hanno misteri di comunicazione al cielo
un turno di idee per vincere uno spazio vuoto nell’oscurità
nonostante trasparenze proprie del nuotatore subacqueo
contempla eventi lontani dove strappa storie dal cuore
una raffica come un’enorme nave dai boccaporti chiusi
il tempo di prendere contatti altri angeli o dèmoni
forniscono una base per decifrare codici agli uomini verdi
viaggiatori di una grande solitudine una stella il nostro carro
sconta la popolazione delle nubi tranquillo annichilire al rosso
non è più vicino di un castello medioevale tuttavia (Lapo)
riesce ad arretrare fino a noi deduzione al blu
òvvia come una palla di fuoco corre lontano perché
il cammino degli occhi è curvo così la frombola catturando vortici
si sente stanca, appare la gravità un manubrio
in scala d’altissime velocità per una geometria di maschere.

da Punto di inquieto arancione (Nuovedizioni Enrico Vallecchi, Firenze 1972)

Ripubblicata nell’Antologia – Giannino di Lieto Opere (Interlinea 2010) Continua a leggere

Cesare Pavese, una poesia

Cesare Pavese

INCONTRO

Queste dure colline che han fatto il mio corpo
e lo scuotono a tanti ricordi, mi han schiuso il prodigio
di costei, che non sa che la vivo e non riesco a comprenderla.

L’ho incontrata, una sera: una macchia più chiara
sotto le stelle ambigue, nella foschia d’estate.
Era intorno il sentore di queste colline
più profondo dell’ombra, e d’un tratto suonò
come uscisse da queste colline, una voce più netta
e aspra insieme, una voce di tempi perduti.

Qualche volta la vedo, e mi vive dinanzi
definita, immutabile, come un ricordo.
Io non ho mai potuto afferrarla: la sua realtà
ogni volta mi sfugge e mi porta lontano.
Se sia bella, non so. Tra le donne è ben giovane:
mi sorprende, e pensarla, un ricordo remoto
dell’infanzia vissuta tra queste colline,
tanto è giovane. È come il mattino, Mi accenna negli occhi
tutti i cieli lontani di quei mattini remoti.
E ha negli occhi un proposito fermo: la luce più netta
che abbia avuto mai l’alba su queste colline.

L’ho creata dal fondo di tutte le cose
che mi sono più care, e non riesco a comprenderla.

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Pierluigi Cappello (1967-2017)

Pierluigi Cappello

Lascio la camera com’era quando era nei tuoi occhi,
incontrarti è il sapore che trattengo nel sorso di caffè.
Tra il piacere e quel che resta del piacere
il mio corpo sta come un posto dove si piange
perché non c’è nessuno.
Un giorno settembre era limpido e ventoso
il silenzio ammutoliva, la terra tornava al cielo.
da Mandate a dire all’imperatore, Crocetti Editore, 2010

Dal desiderarti al pensarti mia
sei rimasta tu, mentre entri e ti siedi.
La luce ti viene alle spalle dalla porta socchiusa,
il pruno lascia il suo bianco al mattino.
Cosí intonati, il bianco e il pruno
fermi nel sole, noi.
In questa maniera gli alberi parlano al cielo
l’ombra degli alberi cresce lungo le iridi
verde piú cielo
in questo modo di stare, precipitati.

da Mandate a dire all’imperatore, Crocetti Editore, 2010

Dal desiderarti al pensarti mia
sei rimasta tu, mentre entri e ti siedi.
La luce ti viene alle spalle dalla porta socchiusa,
il pruno lascia il suo bianco al mattino.
Cosí intonati, il bianco e il pruno
fermi nel sole, noi.
In questa maniera gli alberi parlano al cielo
l’ombra degli alberi cresce lungo le iridi
verde piú cielo
in questo modo di stare, precipitati.

da Mandate a dire all’imperatore, Crocetti Editore, 2010

Ci vuole un’estate piena e un padre calmo,
un dio non assisoin mezzo agli sconfitti
ma così in tutta bellezza lo posso immaginare
come un bambino alle prime pedalate,
reggilo, eccolo, tienilo così – adesso tiene
uniti la terra e il cielo dell’estate
non sbanda più, vince, è in equilibrio,
vola via.”

da Assetto di volo: poesie 1992-2005 Crocetti Editore, 2006 Continua a leggere