Tre poesie di Stefano D’Arrigo

Stefano D’Arrigo

Più di tutti mortale, trafelato,
tu più solo sei vissuto nel giro
degli orologi fatti a mano,
le improvvise clessidre del tuo male
donde quaggiù colava così esatta
coi granelli di sabbia raggelata
la tua noia infinita ove ti disfi.

*

Oggi tu alzi le tue mani a scudo
sul tuo petto assalito dalla luce,
alzi la voce, oh lancia che difenda
da quel drago favoloso tra di noi.
Così tu muori inerme, ti sfiguri
nei nostri gridi quando è notte o volo
di corvi notturnanti nel tuo sguardo. Continua a leggere

La parola tagliente di Jolanda Insana

Jolanda Insana, Credits photo Dino Ignani

Da: La tagliola del disamore, Garzanti, 2005.

la voce soffocata
suono vuoto
del vuoto
crea un sussulto
di tuono

Dalla plaquette: Due volte sette sono le parole, Le farfalle, 2018.

figlia di Inaco
Io desviata
due volte sette sono le parole
sale il dolore dai piedi alla testa
scende il dolore dalla testa ai piedi
ma arriverai al mare
al passo della giovenca
e farai il Bosforo
non più aggiogata alla collera
di Era ghiacciata

dio incatenato
incatena tu
l’anello che non tiene

* Continua a leggere

Stefano Dal Bianco, silenzio e volontà della parola poetica

Stefano Dal Bianco

In occasione della imminente presentazione a Pordenonelegge del volume di Stefano Dal Bianco” “Distratti dal silenzio” – Diario di poesia contemporanea – Quodlibet, 2019, (Pordenone 21 settembre), riportiamo qui la Prefazione scritta dall’autore, “Distrazione e silenzio”. “I poeti meritano ascolto?” si chiede Dal Bianco “O qualcuno sta abdicando al proprio ruolo?”. Attraverso saggi, interventi a convegni, prove di autoanalisi, interviste, il poeta analizza le questioni centrali per la poesia italiana degli ultimi trent’anni. Una rara forma di testimonianza, fra la dedizione al silenzio e la volontà di condivisione del dire, come fa la poesia.

Distrazione e silenzio

L’opera esprime senso attraverso l’ascesi nei confronti del senso. [T.W. Adorno]

Ciò che è divino è senza sforzo. [Eschilo]

«Distratti dal silenzio sono forse i poeti. Non tutti: ce n’è qualcuno, e non per forza dei peggiori, che se ne infischia del silenzio, ma questi a noi interessano poco. Quello che vogliamo è un indugio nella morte, per attraversarla con amore e arrivare di là, dall’altra parte, dove la nostra esistenza avrà un significato meno provvisorio di quello che siamo abituati a conferirle. Per farlo bisogna essere bravi, bravi nella vita e bravi nell’ascolto della lingua. È così che amare e respirare saranno per noi la stessa cosa. Una cosa per cui vale la pena di lavorare, di impegnarsi». Continua a leggere

Per Alberto Toni, in memoria

Alberto Toni / Credits ph. Dino Ignani

Piove a dirotto e là sullo scoglio
dei miei segreti c’è tutta la solitudine
del mare. Sì eccomi piccolo e solo
mentre mi giri intorno, amore. Sai
la fatica delle parole che ritornano
a frotte nei giorni della conta e del
destino segnato. Inseguo l’altra faccia
della medaglia, la lieve incrinatura
del legno.

Alberto Toni, da “Mare di dentro” (Puntoacapo, 2009)

*

Qualcosa dovevamo perdere,
un granello appena stinto,
sembra ieri. La ragione non sfugge,
no. Nell’incavo degli anni, appena
una memoria raccolta, in chiusa,
come distorta, sfilacciata. Chiedi
aiuto e ti ritrai, rimargina il viso
ogni cosa.
Ti batti per un pensiero buono,
ancora per noi, nel sentiero aspro
del margine. Che vedi? Che scomponi
con le mani in attesa di dirci: non andate?

Alberto Toni, da “Il dolore” (Samuele Editore, 2016)

NOTA A MARGINE

 

Il 6 aprile scorso è scomparso prematuramente l’amico e poeta Alberto Toni.
Le poesie qui proposte, scelte da Giovanni Ibello, sono l’occasione per ricordare un evento recente che ha coinvolto in prima persona i giovani allievi di Alberto, gli alunni dell’Istituto Comprensivo “Alberto Sordi” di Roma dove Alberto Toni ha insegnato per anni. Continua a leggere

Una “crepuscolare inquietudine”

Giovanni Pascoli


LA RICERCA DELLA PERDUTA UNITA’ IN PASCOLI

COMMENTO DI FABRIZIO FANTONI

“Il gelsomino notturno” di Giovanni Pascoli – poesia inserita nella raccolta “Canti di Castelvecchio” (1903) – è un esempio significativo della poesia simbolista di Pascoli dominata da un senso di “crepuscolare inquietudine”: la corrispondenza tra vita e morte identificata dall’autore fra gli elementi della Natura.  Ecco che una poesia come “Il gelsomino notturno” rimanda, attraverso immagini naturalistiche,  al mistero del concepimento, ma anche alla perduta unità fra umano e natura: “i petali un poco gualciti“, “l’urna molle e segreta”, la “felicità nuova”, che simbolicamente alludono al mistero della donna percepita dall’autore come Natura in perenne metamorfosi.
Compito del poeta è – come scrive Baudelaire – saper cogliere “echi che a lungo e da lontano / tendono a una profonda, tenebrosa unità.”
Analogamente Pascoli esprime l’idea di unità umana e profonda nei compiti che affida al poeta nel suo famoso testo intitolato “Il fanciullino” in cui si legge: “I segni della sua presenza e gli atti della sua vita sono semplici e umili.
Egli è quello che ha paura al buio, perché al buio vede o crede di vedere; Continua a leggere