“luce spalancata sulla febbre che siamo”

tribunale_menteSu Tribunale della mente di Corrado Benigni

Nota di Chiara De Luca

Nella sua scientifica esattezza, nella sua apparente freddezza, che adombra qualcosa d’inesorabile, fisso, immutabile, il linguaggio giuridico potrebbe sembrare quanto di più distante c’è dalla poesia, che fa della stratificazione semantica, della fluidità del dettato, dell’inesausta traduzione e riscrittura del reale il suo strumento per sovvertire le norme della comunicazione comune, rinominando di volta in volta le cose. In Tribunale della mente (Interlinea, 2012), Benigni riesce nell’impervia impresa d’impossessarsi del linguaggio giuridico, di farne poesia, piegandolo alle norme non-norme del linguaggio poetico, svelandone le debolezze, le crepe, le intrinseche contraddizioni, insite nel fatto stesso di essere linguaggio. Continua a leggere

Tommaso Di Dio, “Tua e di tutti”


Tommaso-Di-Dio (1)Recensione di Giorgio Meledandri

Che la poesia debba ripartire dai giovani è fin troppo facile da sostenere oggi, in un momento storico in cui impera la retorica della novità e della gioventù. Ma è chiaro che essere giovani di per sé non garantisce nulla. Una garanzia per il futuro può venire semmai da quegli autori che, nonostante la giovane età, sanno situarsi in un determinato spazio letterario e contribuire a trasformarlo.

Tra questi c’è senza ombra di dubbio Tommaso Di Dio (1982), e lo testimonia il suo recente lavoro Tua e di tutti (LietoColle, 2014), che segue di cinque anni  l’esordio avvenuto con l’esile ma potentissima plaquette Favole (Transeuropa, 2009) e che è inoltre il primo titolo di una nuova, interessante collana nata dalla collaborazione tra l’editore e Pordenonelegge. Continua a leggere

Paolo Lagazzi, “Light stone”

brullo.lagazzidi Davide Brullo

Non è mai troppo tardi per scrivere un buon romanzo. Paolo Lagazzi ha compiuto 66 anni a marzo 2015  e quatto quatto se ne esce con l’ennesimo colpo da illusionista, «questa piccola storia forse un po’ folle» (parole sue), che ha un titolo in inglese (Light Stone, Passigli, pp.224, 18,50 euro), è stampata da un piccolo, nobile editore fiorentino (Passigli, per cui il geniale Mario Luzi curava la collana poetica), ma si svolge, perfino, in Giappone. Lagazzi, tuttavia, che pure mantiene un cuore naif, non è esattamente un novellino: un passato inquieto da rocker e da prestigiatore di provincia, incassa la tesi con Luciano Anceschi e diventa il custode dell’opera lirica di Attilio Bertolucci, di cui cura tutto il possibile, dal “Meridiano” Mondadori ai fasci di inediti (usciti una manciata di mesi fa per Diabasis comeIl fuoco e la cenere). Continua a leggere

Ewa Lipska, il secondo tempo

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La Polonia è una terra straordinariamente fertile per i poeti”, ebbe a ricordare una volta il poeta russo, Josif Brodskij.
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Nota di Luigia Sorrentino 

Di Ewa Lipska, una delle voci più interessanti della poesia e della letteratura polacca contemporanea, non avevo mai letto nulla, qui in Italia. Ewa Lipska, è invece, una poetessa molto tradotta in varie lingue. Sulla sua vita e sulla sua poesia, i cambiamenti politici che ci sono stati in Polonia e in Europa alla fine degli anni Ottanta, hanno avuto un’influenza determinante, anche se la sua poesia, non è catalogabile come “Poesia della Polonia”, ma come poesia che travalica il confine della terra natale.

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Alessandro Pancotti, “Le iniziali”

Alessandro-Pancotti-Le-iniziali-copertinapiatta-194x280Nota di Alberto Pellegatta

«Ma noi tutti siamo senz’altro vuoti. Siamo vuoti nel momento stesso in cui ci troviamo in società oppure ci dedichiamo alla cultura. Sì, perché la cultura stessa non è certo nient’altro che l’incarnazione della vanità. La cultura deve essere vacua. E chi rinuncia in tutto e per tutto alla vanità è perduto, oppure sacrifica se stesso», con questa citazione da Robert Walser inizia il libro d’esordio di Alessandro Pancotti, trentenne milanese vincitore del Premio Maconi e del Premio Camaiore. Una raccolta, Le iniziali, che si incentra sul tema dell’identità, indagando a fondo «il rincuorato lui». La poesia di Pancotti colpisce per la sua freschezza e per la capacità di scavo sul linguaggio. Le sue immagini sanno creare attrito: parola e soggetto si fondono e provano, rischiando, a costituire un’unità. Continua a leggere