Una poesia inedita di Luigia Sorrentino

Luigia Sorrentino / credits ph. Angelo Nitti                            

 

 

Per Antonio Grasso

 

cadevi sempre nei miei occhi
sulla strada

eri capace di fissare
il fuoco per ore
come una belva uscita dalla tana

la parola umida aleggiava nell’aria
di dicembre

l’ardere muto tutto chiuso
nella fornace pettorale

facemmo un patto quella sera

io sarò la tua ombra
tu l’animale di furia
divampato
in un cuore solo

[luigia sorrentino]

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Bruno Di Pietro, da “Colpa del mare”

Bruno Di Pietro

Amici morti per il fuoco
se l’acqua è inizio
ora interrogare il dopo
conoscete lo scopo
del pensare.
la cenere ha confuso il mare
deluso il cielo.
Il nostro era un viaggio terreno
e questa è terra di ulivi
di tramonto
terra di sale
da Elea a Metaponto.

**

ora la finestra ha vetri infranti
e la ruggine assale le fontane
segnano il tempo, stanche meridiane
filari di occasioni e di rimpianti Continua a leggere

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Silvia Bre, da “Sempre perdendosi”

Silvia Bre / Credits ph. Dino Ignani

Altro sangue

C’è della grazia in voi che mi guardate
di cui so fare a meno.
Tra voi nessuno mi potrà salvare.
E non importa quello che vi dico,
ciò che dico davvero non si sente.
Lo sentite questo funebre annuncio
Che mi tiene presente?
Lo capite chi sono?
Io mi castigo in me con queste frecce.
Sono la direzione.
La voce mi reclama al mio tormento
e io rispondo, continuamente sveglio
mi lascio disperare e sogno il sonno
e grido per chi si va perdendo
un grido acuto
che subito si piega per un verso.

Dormire almeno,
dormite voi per me,
voi che potete.

Freccia

Che debole io nel mezzo
a vibrare tra la freccia e il sangue,
disarmato, sfranto, non fosse
per il fiato che mi passa,
per il disegno che lascia da ascoltare,
che trascina, non fosse per il pianto uguale
che ci tiene e vi riguarda
e chiede, e fa che io rimanga.

Ma non capisco. Ho sonno.
Non capisco.
Quello che accade non ha le sue parole.
Non mi serve una tragedia,
basta il coro,
il costante lamento del destino.
Basto io stesso che imploro.

Preso da un grido
senza un argomento da toccare
è per voi che comincio? Continua a leggere

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Laura Pugno, “Noi”

Laura Pugno / credits ph. Dino Ignani

alba

i corpi fanno luce,
sono piante
o insetti, sono

alba – vedi
che appare il giorno
portato da ogni corpo
con sé,
(se chiudi gli occhi
è ancora notte),

è l’alba,
spegni la luce
in cucina, in camera
da letto, fai tornare
(fai torcia)
ogni cosa nel buio

solo l’oro del corpo che illumina
l’acqua del lago,
il buio che tieni tra le dita, l’alba
solo se guardata,
se percepisci, percepisci il sole –

l’alba si muove sul tuo corpo,
attraversa vetro
o niente, le finestre aperte
sull’estate: il sole può toccare,
scioglie la mente dietro gli occhi

la luce batte sugli occhi e sulla mente,
tu devi andare ora,
dov’è il mondo?
farsi, là fuori, luce –

alba, e lo scialbare,
bianco, biacca
sulle tue parole,
sul corpo che

non dimentica,
apre la porta entra la luce:
è sole o stella

bianco
duro, rappreso
– è come
carne, ha la consistenza della carne –

ha preso il cielo,

poi il resto e si estende alle cose:
respirare
latte, raggrumare
tutto in un punto, prima
che l’occhio si riapra:

blu quasi nero, metà del mare invisibile

stelle di plastica
viva, in alto nella stanza,
e alzi lo sguardo
(presto sarà l’alba), non puoi dire,

quella luce
raccolta nel giorno
– la stessa
luce corvina del corpo che ti è accanto –

respiri, diffondi il fiato
nei due corpi, una
due volte,
tre:

romperai da sotto l’onda,
corpo chiaro
nel verde-buio, come prima luce,

quella che avvieni, che libera
e scioglie
da corda-ombra, allenta il fiato: così

vedrai allora la casa, da dentro
di nuovo visibile, bosco, foresta

da Noi (Amos Edizioni 2020) Continua a leggere

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8 dicembre 1980 l’omicidio di Lennon

John Lennon in uno degli ultimi scatti a New York prima dell'omicidio

John Lennon e Yoko Ono a New York negli ultini scatti di Brian Hamill

L’8 dicembre 1980, John Lennon fu assassinato al Central Park di New York, davanti al Dakota Building, sua residenza di allora. “Lo sai che cosa hai fatto?”. “Sì, ho appena sparato a John Lennon”. Fu questa la fredda risposta che Mark David Chapman diede al custode del Dakota Building dopo aver sparato quattro colpi alla schiena di John Lennon, davanti al portone del lussuoso palazzo in cui risiedeva, sulla 72ª strada, nell’Upper West Side di New York, 40 anni fa. Era l’8 dicembre 1980 e, raccontano le cronache dell’epoca, mentre Lennon moriva tra le braccia della moglie, Yoko Ono, l’assassino non scappò subito ma si mise a leggere ‘Il giovane Holden’

Un poeta inglese, molto famoso, Adrian Henri, gli dedicò la poesia New York City Blues.
Per commemorare quel tragico evento, vi proponiamo la poesia a lui dedicata dal poeta inglese nella traduzione di Bernardino Nera.

NEW YORK CITY BLUES
(for John Lennon)

You do not cross the road
To step into immortality
An empty street is only the beginning

The words will still flow through you
Even on this cold pavement,
Are heard in some far place
Remote from flowers or flash-bulbs.

In that city, on Gothic railings
Dark against the snowy park
Still a dead flower, a faded letter,
Already one month old.

“Life is what happens to you
When you’re busy making other plans”.
This empty street
Is only the beginning.

Here, in your other city,
Riot vans prowl the December dark,
Remember angry embers of summer,
Familiar ghost guitars echo from stucco terraces.

Meanwhile, in the Valley of Indecision,
We rehearse stale words, store up expected songs,
Celebrate sad anniversaries.
Flowers and flash-bulbs. Cold pavements.

You do not cross the road
To step into immortality
At the dark end of the street
Waits the inevitable stranger.

NEW YORK CITY BLUES

(per John Lennon)

Non attraversi la via
per entrare nell’immortalità
una strada vuota è solo l’inizio

Le parole ancora fluiranno da te
anche su questo marciapiede freddo,
si sentono in qualche posto distante
lontano dai fiori e dai flash dei fotografi.

In quella città, sulle ringhiere gotiche
scure a ridosso del parco innevato
ancora un fiore morto, una lettera sbiadita,
già vecchi di un mese.

“La vita è quel che ti capita
quando sei impegnato a fare altri progetti”.
Questa strada vuota
è solo l’inizio.

Qui, nell’altra tua città,
camionette antisommossa quatte quatte nel buio di dicembre,
ricordano le braci ardenti rabbiose dell’estate,
l’eco familiare di chitarre fantasma da case a schiera stuccate.

Mentre nella Valle dell’Indecisione,
recitiamo parole stantie, mettiamo da parte le canzoni più ricercate,
celebriamo tristi anniversari.
Fiori e flash dei fotografi. Marciapiedi freddi.

Non attraversi la via
per entrare nell’immortalità
in fondo alla strada, nell’oscurità
l’inevitabile sconosciuto aspetta.

Traduzione a cura di Bernardino Nera

Adrian Henri

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