Bernardo Pacini, “Fly mode”

Bernardo Pacini

Non sa più contare le volte che è salita sul tetto
per vedere sognante la via delle martore in fuga.

Quando sente i passi della figlia sulla testa
il rumore delle tegole che cedono
si ferma qualsiasi cosa / stia facendo e osserva
vetrosa come una lampada spenta
lo spazio circostante.
Consulta l’oracolo di ciò che le capita davanti
sia esso un vaso o una testa d’alce
ancora integra nella sua custodia
di infelicità greca.

Non ha senso il suo impassibile disagio
ma è questo che ha insegnato a sua figlia
a osservare dall’alto ogni posto di gioia
a diffidare della morte, anche se sta
precisa in una scatola da scarpe.

 

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Marco Pelliccioli, “L’inganno della superficie”

Marco Pelliccioli

dal capitolo Impronte, controfigure

Le impronte sugli occhiali fanno luce
(la filigrana opaca, dicono di contrabbando)
mentre pulisci con lo spray
lenti senza neppure un graffio

​(il sasso che scivola nel pozzo
​la traccia che risale
e si sparpaglia per la vite
che ora non è più:
non piangere Angiolina
il secchio con lo straccio, l’acqua lapidata
i figli sono tre, di pane non ce n’è…)

*

dal capitolo Crepe

Lontano il silenzio
pietra miliare dello spazio
onda che infrange il perimetro dei corpi:
la voragine apre al cielo vette sconfinate

(dicono poi che le sue dita
non si creparono in un giorno:
l’acqua fredda, i calli
i panni ai lavatoi, lo straccio sulle scale
a frantumare il calcio, il cuore, poi le ossa;
forse anche per quello quando lo rivide
con le sue mani intatte, sepolte per decenni,
lei si commosse ancora
come il primo istante, quando la accarezzò
dopo averle tolto la ciocca sulla fronte) Continua a leggere

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Pascoli maledetto

Giovanni Pascoli

RECENSIONE DI ALBERTO FRACCACRETA

Da quando sentiamo parlare di poètes maudits? Da sempre. Ce li immaginiamo bellocci, beoni, perennemente su di giri, con abiti lisi e sfilacciati, barboni, con cappellacci logori, dediti al gioco, sfrontati, passionali, deliranti. Un po’ sgherri e un po’ genialoidi, un po’ teppisti e un po’ incompresi. Non è detto, però, che le cose stiano sempre così. Almeno all’apparenza. Il rigido stereotipo in alcuni casi può impedirci di vedere una realtà più profonda e inattesa. E le sorprese non mancano. Ad esempio, nel nostro paese quale poeta tra tutti può essere definito a ragione “maledetto”? Uno degli scapigliati? O, peggio, dei futuristi? Campana? D’Annunzio? «Vincente — almeno per la parte di biografia che di lui si conosce meglio e su cui ci si sofferma più volentieri, perché avventurosa e trionfante — e interprete dello spirito del suo tempo, D’Annunzio non è il nostro poeta maledetto. Lo è il suo fratello “maggiore e minore”: Giovanni Pascoli». Il bonario e paffuto Pascoli? Incredibile a dirsi. Ma è questa l’intrigante ipotesi di Francesca Sensini, professoressa associata in Italianistica all’Université Côte d’Azur (Nizza), che in Pascoli maledetto propone essenzialmente una documentata rivisitazione del profilo intellettuale ed esistenziale del poeta romagnolo, sino a setacciare gli elementi più minuti della sua biografia per poter leggere in chiaroscuro il dramma interiore, le vorticose tensioni, gli eccessi (censurati dalla sorella Maria), la genealogia e parentela letteraria (con Verlaine in particolare) che lo riconduce agli orizzonti più fulgidi della grande poesia europea.
«Partiamo da qui. Lorenzo Viani, pittore e scrittore viareggino, anarco-socialista, incontra Pascoli per caso quando il poeta aveva quarantotto anni, nel 1903 a Pisa: “Un giorno del 1903, in Pisa, io insieme con un amico addentrato nelle lettere s’entrò ‘dal Garzella’; un’osteria popolare, e ci si sedette a un tavolo: a uno più in là era seduto un bell’uomo dal viso giovevole, camicia floscia, fiocco nero volante, vestito comodo, il quale, mangiando, inseguiva con gli occhi delle chimere. — Quello lì è Pascoli — mi disse piano l’amico”. Partiamo da questo ritratto dell’uomo, bello, disinvolto, seduto in mezzo alla gente e assorto nelle sue fantasie. Il resto è da costruire, decostruendo l’imponente monumento che la critica letteraria ha scolpito e la divulgazione scolastica ha contribuito a consolidare dalle fondamenta, antologizzando, schematizzando, scegliendo il taglio di lettura più praticabile ma non per questo più convincente». Continua a leggere

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Elisa Biagini, “Filamenti”

Elisa Biagini credits ph. Dino Ignani

Non c’è prenotazione
a questo viaggio:
si nasce
prenotati ed è
un continuo
fare e disfare
da valigie, controllare
che fra le mani
le carte
siano tutte

 

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Vitale, “La saggezza degli ubriachi”

Stefano Vitale

Vivere è trattenere rabbia e abbagli
chiudere loro il campo
che non facciano altro scempio
e andare oltre il vino versato
il bicchiere frantumato, la giacca macchiata,
la parola sbagliata, il mazzo di fiori dimenticato,
le mele lasciate marcire.
Siamo fatti della stessa materia dei nostri sbagli
distratti da una mano invisibile
che rovescia il respiro
nella torsione dell’attimo sgrammaticato
in cui precipitiamo trascinati per il collo
a una festa d’ubriachi. Continua a leggere

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