Giannino di Lieto (1930-2006)

Ragazze in bilico

Donne giovani forse
senza volto senza corpo le voci
una voce in vena di canzonare
cela l’abbaglio di una farfalla di notte
alla luce immolarsi come valore semiotico
dei balbettamenti runici o
la ricerca assidua di liberazione
da un androne semibuio della fabbrichetta:
siamo divisi da un canale di acqua livida
contenuta fra l’erba palustre e il ciglio della strada
lungo una mattinata tersa.

da Poesie e racconti. 2005-2006. Ripubblicata nell’Antologia – Giannino di Lieto Opere (Interlinea 2010)

*

Deduzione al blu

Prevedendo una nana bianca non congiunta in abbandono
decade a giochi di chilometri sotto una cinta mineraria
come affascinati raccoglie in tracce di costellazioni
un regno di bellezza senza dubbi appollaiati all’orlo
messaggi di silenzio ruotano a conforto semplici pietre
disposte in cerchio hanno misteri di comunicazione al cielo
un turno di idee per vincere uno spazio vuoto nell’oscurità
nonostante trasparenze proprie del nuotatore subacqueo
contempla eventi lontani dove strappa storie dal cuore
una raffica come un’enorme nave dai boccaporti chiusi
il tempo di prendere contatti altri angeli o dèmoni
forniscono una base per decifrare codici agli uomini verdi
viaggiatori di una grande solitudine una stella il nostro carro
sconta la popolazione delle nubi tranquillo annichilire al rosso
non è più vicino di un castello medioevale tuttavia (Lapo)
riesce ad arretrare fino a noi deduzione al blu
òvvia come una palla di fuoco corre lontano perché
il cammino degli occhi è curvo così la frombola catturando vortici
si sente stanca, appare la gravità un manubrio
in scala d’altissime velocità per una geometria di maschere.

da Punto di inquieto arancione (Nuovedizioni Enrico Vallecchi, Firenze 1972)

Ripubblicata nell’Antologia – Giannino di Lieto Opere (Interlinea 2010) Continua a leggere

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Bernhard, “Sotto il ferro della luna”

COMMENTO DI ALBERTO FRACCACRETA

Le 56 liriche che compongono Sotto il ferro della luna (1958), terza silloge nella breve parentesi poetica di Thomas Bernhard (dal ’63 in poi, con la pubblicazione di Gelo, si dedicherà interamente al romanzo e al teatro), nascondono alcune delle linee tematiche essenziali nell’opera dello scrittore austriaco.

Come per In terra e all’inferno e In hora mortis, troneggia la scena il paesaggio, docile e spaventoso, della provincia austriaca, simbolo o relato di una condizione egologica: paesaggio, dunque, che assume quasi le vesti di una persona loquens, che acquista sentimenti e sommovimenti umani, che si fonde con l’io autoriale nell’opaca silva del verbo per far risuonare un’ulteriore dimensione di sapienza (o anche d’insipienza) delle cose. Si tratta di una prosopopea imperfetta, ossia di un lasciare che gli oggetti immateriali esprimano qualcosa coincidente il più delle volte con lo stato d’animo del poeta, il più delle volte orientato al pensiero della morte e alle sue implicazioni psicologiche.

 

D’altra parte, i termini residuali maggiormente frequenti di questo paesaggio montano e boschivo sono «polvere», «sangue», «pietra», «cenere» (ma anche «luna», «stelle», «alberi», «foglie»). Da un lato l’«egra terra», dall’altro la «luce», le «nuvole», l’alto, l’heideggeriano Aperto.

L’evidente matrice espressionista dei testi capovolge l’idillio bucolico in un inquietante rimando di motivi notturni, al limite dell’orrore («Il bosco avvolgerà le sue ossa/ nell’irrequietezza/ e ti butterà giù/ il vento/ che dal bianco nascondiglio/ di caprioli disfatti/ colpisce.// Il sole seppellirà/ la sua piaga/ dietro i tronchi morenti»). Prosopopea, correlativo oggettivo, sintassi analogica: è chiaro sin dal titolo (a suo modo leopardiano) l’accostamento tra l’esteriore e l’interiore, quella prossimità — tipica della poesia — tra l’interno e l’esterno, lo scambio osmotico di circostanze psichiche ed eventi naturali. L’orrore del paesaggio, il presagio funesto nel «ferro lucido della luna» e «il rigido/ piede dell’uccello gigante/ cui hai confidato/ il tuo lutto/ in inverno» sono elementi che suscitano e al contempo esorcizzano la paura della morte, intesa però come non pienezza di vita, non letizia, non splendore, opacità. Continua a leggere

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Yang Lian, “Origine”

Yang Lian

Pubblichiamo in anteprima una poesia del poeta Yang Lian tratta da Origine a cura di Tomaso Kemeny (Cantos Editore) che Lian presenterà al Festivaletteratura di Mantova sabato 12 settembre 2020 alle 11.00 (Palazzo San Sebastiano, Largo XXIV Maggio, 12) ospite d’onore per la sezione poesia. Con Lian dialogherà Marco Del Corona.

1989

who says the dead can embrace? like fine horses manes silver grey
standing outside the window in the freezing moonlight the dead are buried in the days of the past
in days not long past madmen were tied onto beds rigid as iron nails
pinning down the timbers of darkness
the coffin lid each day closing over like this

who says the dead are dead and gone? the dead enclosed in the vagrancy of their final days
are the masters of forever
four faces of their own on four walls butchery yet again blood
is still the only famous landscape
slept into the tomb they were lucky but they wake again in a tomorrow the birds fear even more
this is no doubt a perfectly ordinary year

1989

chi dice che i morti possono abbracciare?
come cavalli meravigliosi criniere grigio argento stando fuori dalla finestra nella gelida luce lunare
i morti vengono sepolti nei giorni del passato
in giorni passati da poco i pazzi furono legati ai letti rigidi come chiodi di ferro
a bloccare il legname dell’oscurità
il coperchio della bara ogni giorno serrando in questo modo

chi dice che i morti sono morti e andati? i morti avvolti nel vagabondaggio dei loro giorni estremi sono per sempre i padroni
quattro loro volti su quattro mura tuttavia ancora macelleria sangue è ancora l’unico paesaggio famoso
a dormire nella tomba furono fortunati ma si risvegliarono in un domani gli uccelli temono persino di più
questo senza dubbio è un anno perfettamente ordinario

(Traduzione di Tomaso Kemeny)

NOTA SULLA TRADUZIONE INGLESE

La parola poetica di Yang Lian nasce in cinese. Il poeta in un passaggio di ritmi e sonorità, lavora al testo insieme con la sua voce privilegiata, quella di Brian Holton che lo traduce in inglese fin dagli anni ’90.

 

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Si terranno giovedì 10 settembre a Roma i funerali del giovane poeta Gabriele Galloni

 

Giovedì 10 settembre dalle 8:30 alle 9:30 il corpo di Gabriele Galloni sarà esposto per gli amici che desiderano rendergli l’estremo saluto, per un’ora, dalle 8.30 alle 9.30 presso la sede della Medicina legale al cimitero Verano di Roma.

Alle 9:30 la salma sarà portata nella chiesa di San Raffaele, nel quartiere Trullo di Roma  per la celebrazione dei funerali  che cominceranno alle 11.

Una poesia di Gabriele Galloni da “L’estate del mondo”, Marco Saya, 2019

 

Campo

Un giorno la vedremo intera, questa
stagione. Basterà
un fuoco in spiaggia a memoria di festa
e il bagnasciuga a dire l’aldilà
delle conchiglie mai raccolte:

Controcampo

così tante – ricordi? –  Che per tutta
la notte ci hanno tormentato. In sogno
maree su maree di conchiglie.
Il letto ne fu invaso; le lenzuola
ci ferirono per tutto il tragitto fino alla spiaggia.

 

COMMENTO DI IDA CICOIRA

Aveva studiato al Rossellini- l’istituto cine.televisivo- Gabriele Galloni, e in questa poesia il riferimento al linguaggio cinematografico è chiarissimo. Si tratta di due inquadrature speculari, campo e controcampo: nella prima, l’inquadratura, oggettiva, ci mostra una spiaggia, d’estate, uno dei temi a lui più cari; nella seconda introduce una soggettiva, e quelle stesse immagini si rivestono della luce malinconica della memoria, impressionando una pellicola immaginaria.

Ho scelto questa poesia per ricordare Gabriele, il poeta, l’amico, che ci manca già immensamente.

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Lutto nel mondo della poesia per l’improvvisa scomparsa del giovane Gabriele Galloni

Gabriele Galloni

Di Gabriele Galloni mi parlò per la prima volta una mia amica, Ida Cicoira nell’aprile del 2018. Era un periodo molto difficile per me, mi preparavo a un cambiamento enorme, radicale, ma questa non vuole essere una giustificazione. Oggi so che avrei dovuto occuparmi di Gabriele, prestare attenzione alla sua poesia e per questo tornerò in seguito a parlarvi di questo giovane poeta.

Gabriele, mi scrisse Ida Cicoria, a soli 22 anni aveva già pubblicato nel 2017,  la sua prima raccolta di versi “Slittamenti” con una prefazione di Antonio Veneziani e subito dopo era uscita la seconda “In che luce cadranno”. Per scrivere il suo secondo libro, mi spiegò Ida, Gabriele aveva portato avanti un lavoro di ricerca intervistando dei malati terminali.

Non aggiungo altro. Pubblico una manciata di suoi versi… ripetendo qui quello che qualcuno dei suoi amici mi ha scritto la notte scorsa su messanger: “Gabriele si è addormentato e non si è più svegliato”.

Ciao, caro Gabriele. Perdonami. Non ho saputo difenderti.

LUIGIA SORRENTINO

______

I morti tentano di consolarci
ma il loro tentativo è incomprensibile.
Sono i lapsus, gli inciampi, l’indicibile
della conversazione. Sanno amarci

con una mano – e l’altra all’Invisibile.

*

Ho conosciuto un uomo che leggeva
la mano ai morti. Preferiva quelli
sotto i vent’anni. Tutte le domeniche
nell’obitorio prediceva loro

le coordinate per un’altra vita.

*

Scappi via e ridi; lasci che la schiuma
ti evapori nel tuffo – e piena l’onda
già ti fa ruzzolare sul fondale.

Questi anni nostri non avranno male;
saranno sempre gli anni del Miracolo
per ogni luce che mi indicherai

spegnersi a basso volo sopra i campi
di Torvaianica.

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