E il fulmine si vanterà della sua opera

 

bill_manhire[1]Nella poesia “Le vittime del fulmine” Bill Manhire raffigura il processo dell’ispirazione poetica come un evento repentino e inesorabile, cui la vittima, il poeta, è esposto senza riparo, cui anzi volutamente si espone quando si verificano le giuste condizioni perché il fulmine colpisca, quando la tempesta infuria, e tutto ciò che tende verso l’alto è a rischio di essere folgorato. La lingua poetica nasce quando la realtà ordinaria prende fuoco per un’improvvisa folgorazione, si sviluppa da una combustione, alimentandosi di fiamme e di calore. La creazione è consunzione che ri-genera. L’incendio della parola poetica fa tabula rasa della realtà per ricrearla, spezza il legame consueto esistente tra il mondo e l’idea che ne abbiamo, rovescia l’aderenza tra l’involucro della parola e il suo senso immediato, illuminando a giorno l’oscurità, in una inattesa e dolorosa alba interiore, che si riverbera in nuove scintille di significati. Continua a leggere

Tamara Kamenszain, L’eco di mia madre

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“E il cuore quando d’un ultimo battito / avrà fatto cadere il muro d’ombra / per condurmi, Madre, sino al Signore, / come una volta mi darai la mano […]” scrive Giuseppe Ungaretti nella sua indimenticabile poesia alla Madre. Ed è all’Ungaretti del Taccuino del vecchio che Tamara Kamenszain chiede aiuto per cantare lo sconfinato dolore derivato dal taglio delle radici, della definitiva separazione che la lascia orfana dell’alterità che l’ha generata e la contiene.

L’eco di mia madre sembra nascere dalla confluenza di una polifonia di echi, che ne fanno canto corale, come spesso avviene nella poesia della Kamenszain. Il fiume in piena della voce della poetessa scorre verso la foce del silenzio, accogliendo in sé le voci d’altri poeti – amici e sodali, sconosciuti e distanti – condividendo il viaggio oscuro del tentativo di contenere in parole ciò che ne esonda, per pronunciare la sottrazione, la presente assenza esperita dalla figlia desmadrada dalla malattia, che l’ha privata della madre prima ancora che quest’ultima morisse.

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Pat Boran, “The Next Life”

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Anteprima editoriale

Pat Boran, poeta irlandese, sarà in libreria ad agosto 2014 nell’edizione bilingue per le edizioni Kolibris nella traduzione di Chiara De Luca. “La prossima vita”, è il titolo italiano, che esce nella collana di Poesia irlandese contemporanea.

Titolo originale del libro: Pat Boran, “The Next Life”, Dedalus Press, Dublino 2012, pp. 102; €11.50

http://www.dedaluspress.com/p/the_next_life

 

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Francesco Benozzo, “Onirico”

 

FrancescoBenozzo
Nato a Modena nel febbraio del ‘69 e attualmente residente in una piccola frazione dell’Appennino modenese, Francesco Benozzo è poeta, linguista e filologo specializzato in Lingue romanze e lingue celtiche, cantautore e arpista celtico di grande levatura.

Come poeta è noto soprattutto per la composizione orale di lunghi poemi incentrati sulla risonanza spirituale e sciamanica tra il corpo umano e il paesaggio, nei quali cioè “Benozzo, come una specie di sciamano contemporaneo, si pone, a volte per lunghi giorni, in un ascolto reale e fisico dei paesaggi e diventa, tramite la parola poetica, un intermediario tra le vite segrete e a volte invisibili dei luoghi e quelle dei suoi ascoltatori o lettori” (D. Bisutti). Continua a leggere

Chiara De Luca, “La somma di ogni ritorno”

Chiara_De_Luca_2[1]Anticipazione Editoriale

Prossimamente sarà in libreria l’antologia di Chiara De Luca, “La somma di ogni ritorno/The Sum of Each Return”  che raccoglie poesie edite e inedite della poetessa, con la traduzione in inglese di Gray Sutherland e la prefazione di Giancarlo Pontiggia.

A parte la poesia d’apertura, che è tratta da La corolla del ricordo, tutte le poesie che qui presentiamo sono tratte dalla sezione “inediti” dell’antologia bilingue.

Prefazione di Giancarlo Pontiggia

«Credo/ nel sacro di ogni incontro»: inizia così, con questa intensa professione di fede, un libro di stagioni e di fioriture, di luci e di silenzi, che non si limita a contemplare il mondo della natura, ma vuole abitarne il cuore pulsante, far proprio ogni fruscio del tempo, penetrare nell’onda assorta della notte, schiudersi come un calice al rosa di un mattino. Continua a leggere