Dario Cecchi, “La macchina della storia”

Dario Cecchi

di DARIO CECCHI

 

Mi è capitato di scrivere che una novità da subito evidente nell’attuale crisi pandemica è il fatto che la natura ha rimesso in modo la “macchina della storia”. Credo ancora che le cose stiano così, a distanza di circa tre mesi dall’inizio del lockdown. A ulteriore conferma di questa convinzione sta il fatto di aver letto altre persone – le più disparate: giovani, anziani; intellettuali, “gente comune” – pensare la stessa cosa. Se le cose stanno così, se cioè il Covid-19 ha un significato storico, mi sembra utile chiedersi quale sia.

Va detto innanzi tutto che questa idea assume una luce particolare sotto il profilo filosofico. Dal punto di vista strettamente storiografico, della storia di questa pandemia che un giorno sarà scritta, è già evidente che si tratti di un evento di svolta. Pur terribili, HIV, Ebola o SARS, solo per citare alcuni casi recenti, sono virus che siamo riusciti a mantenere circoscritti a determinate aree geografiche o che si sono potuti contenere ponendo particolare attenzione a determinati comportamenti o pratiche. Hanno colpito l’immaginario in modo diverso: erano virus di continenti lontani, oppure evocavano un rapporto “proibito” con il corpo. Il Covid-19 colpisce invece senza distinzioni: è democratico, come si ripete spesso. Inoltre questa condizione interessa anche l’Occidente ricco e industrializzato, che dopo la seconda guerra mondiale si era progressivamente abituato all’idea di aver neutralizzato gli aspetti più dolorosi della vita umana. In secondo luogo il Covid-19 ha scatenato la prima pandemia dell’epoca della globalizzazione. L’interpretazione di questa novità richiederà una lettura attenta del fenomeno. Appare chiaro però che sia le traiettorie di propagazione del virus sia la rapidità di tale propagazione sono collegate con l’accorciamento delle distanze e con la rapidità degli spostamenti che caratterizzano il mondo globalizzato.

Fin qui siamo alla rilevanza storica del fenomeno. Ma la “storicità” dell’evento invoca anche una riflessione filosofica: occorre chiedersi quale immagine del mondo ci accingiamo ad abbandonare, perché non risponde più alle condizioni politiche attuali, e quale nuova immagine del mondo si sta formando. Dal 1989, con la caduta dell’impero sovietico e la fine della guerra fredda, si concludeva quello che lo storico britannico Eric Hobsbawm ha definito il “secolo breve”. L’eccezionalità di questo evento geopolitico ha riportato in auge, in particolare negli ambienti neoconservatori statunitensi, l’idea che fossimo prossimi alla “fine della storia”: ne è testimonianza il saggio di Francis Fukuyama The End of History and the Last Man. Secondo questa teoria il conflitto tra le superpotenze, che stava abbandonando il terreno dello scontro ideologico, avrebbe visto il trionfo del liberalismo in politica e del liberismo in economia. Questa idea trovava un’eco in analoghe ipotesi, più vicine alla “sinistra” intellettuale, in special modo europea: penso alla lettura della filosofia della storia hegeliana condotta da Alexandre Kojève, secondo il quale la storia culminerebbe in un mondo gli individui avrebbero smesso di battersi per l’affermazione di idee e si sarebbero dedicati al mero “trascorrere” della vita. Ma penso anche alla, altrettanto criticata oggi, teoria di Jean-François Lyotard sul postmoderno come fine delle “grandi narrazioni” collettive: ideologie, politica, arte e così via discorrendo. Continua a leggere

Franco Rella, “Il segreto di Manet”

 

Edouard Manet, “Olympia”, 1863 – dalla collezione Musée D’Orsay Paris

Édouard Manet è uno dei pittori più apprezzati e anche uno dei più misteriosi. Le sue tele suscitarono scandalo fra i contemporanei, e tuttavia,  ancora oggi Manet non smette di provocare inquietudine e disagio in chi osserva i suoi lavori. Poeti, scrittori e filosofi (da Zola e Mallarmé, fino a Foucault) hanno cercato di penetrare il mistero che avvolge sguardi e ambientazioni dei suoi quadri. Bataille sostiene che “l’Olympia svela ai nostri occhi il segreto di Manet. E’ svelato completamente soltanto nell’Olympia, anche se una volta scoperto ne troveremo un po’ ovunque le tracce ”  e aggiunge che senza dubbio Olympia è “l’avvenimento più significativo della storia dell’arte contemporanea”.  Bourdieu definisce le opere di Manet  la “bomba simbolica” che ha aperto la strada drammatica e avventurosa all’arte del XX e del XXI secolo. Continua a leggere

Filosofia, Poesia e l’Arte di Porre delle Domande

vasilis_politis

 

Intervista di Luigia Sorrentino Vasilis Politis sul suo nuovo libro su Platone : The Structure of Enquiry in Plato’s Early Dialogues, Cambridge University Press 2015.
(Roma, Centro Rai di Saxa Rubra, 15 gennaio 2016)

Perché parlare del suo libro sul grande filosofo Platone in un Blog sulla poesia?

“Bella domanda, Luigia. Platone è in realtà un grande poeta, oltre ad essere un filosofo eccezionale.

Il dialogo drammatico che Platone inscena tra il suo personaggio preferito, Socrate, e le persone che Socrate interroga – come Protagora nel dialogo Protagoras o Gorgia, Polo di Agrigento e Callicle nel dialogo Gorgias – è potente come quello di qualunque drammaturgo della portata di Sofocle, Shakespeare o Pirandello. Continua a leggere

Dacia Maraini a Pozzuoli per testimoniare il fine-vita

Dacia_Maraini_1In occasione del Giubileo Straordinario della Misericordia voluto da Papa Francesco, la scrittrice Dacia Maraini parteciperà agli incontri di in-formazione “Il fine-vita, tra Misericordia e rispetto della persona” proposti dall’associazione Puteoli Pro Vita onlus.

L’evento si svolgerà mercoledì 16 dicembre (alle ore 18,30) nell’Auditorium della sede operativa dell’associazione, cioè il “Centro per la Vita Luigi Saccone” al Villaggio del Fanciullo, in via Campi Flegrei, 12 a Pozzuoli. Continua a leggere