Georg Heym (Hirschberg 1887 – Berlino 1912)

George Heym

Apparsa postuma nel 1913, un anno dopo la scomparsa del suo autore – annegato pattinando sul giaccio mentre cercava di salvare un amico –, ma ideata assieme all’editore Ernst Rowolth (socio di Kurt Wolff) sin dal 1911, questa raccolta di sette novelle si inserisce a pieno titolo nella bibliografia poetica di Georg Heym (Hirschberg 1887 – Berlino 1912), tra i principali esponenti, accanto a Georg Trakl, a Ernst Stadler e, sotto un altro versante, a Gottfried Benn, della poesia espressionista in lingua tedesca del primo Novecento.

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Portrait di Georg Trakl (1887-1914)

GEORG TRAKL

NOTA E TRADUZIONI DI ALESSANDRO BELLASIO

Verfall: disfacimento, dissoluzione. Se la poesia, prima ancora di dire, nomina, se cioè dice in quanto nomina, e se un poeta è anzitutto i nomi a partire dai quali dà forma al proprio dire, il mondo e la poesia di Georg Trakl (1887- 1914) prendono forma a partire da quel nome essenziale, dal Verfall. Ma il nome, in Trakl, non si sostantiva, non è substantia metafisica, né substratum logico-grammaticale; esso è, piuttosto, l’unità mobile e sempre in calando del divenire. Non essere, non fondamento, ma soglia di un trapasso. Al limite: essere come trapasso. «Io anticipo le catastrofi mondiali. Non prendo partito, non sono un rivoluzionario. Sono il dipartito, nella mia epoca non ho altra scelta se non il dolore». Verfall (come le sue varie declinazioni Untergang, Dämmerung, Neige, Verwesung ecc.) nomina l’essenza della poesia nell’epoca del nichilismo e delle catastrofi planetarie: essa è abgeschieden, congedata, dipartita; dissolta e prosciolta. Poesia scaraventata nell’abisso, nell’Abgrund, nell’assenza di fondamento. Edificata su pochi, ossessivi nomi-totem, ai quali è demandata la tenuta interna del poema. E sui colori. La nota più straziante della poesia trakliana: i suoi colori. Che non provengono né ritornano ad alcuna tavolozza, ma traggono da motivi interiori la loro vera tonalità. Trakl, che ha letto Rimbaud, si spinge là dove il francese si era limitato all’aperçu, per quanto geniale: reinventare la percezione psichica dei colori. A partire però – ed è questa la peculiarità, nonché la coerenza del poeta – da un solo tono dominante, quello del Verfall. Di qui, dalla dimensione di rovina e decadimento da cui sono attinti, i colori trakliani acquisiscono quella loro inconfondibile profondità, di modo che, per esempio, il bianco non è mai solo emanazione di una luce, l’azzurro mai unicamente superficie di un cielo, e il rosso è sempre e elettivamente purpureo. Continua a leggere

Salvatore Contessini, “Dialoghi con l’altro mondo”

dialoghi-con-laltro-mondo-128529Letture

Salvatore Contessini in queste poesie dialoga con undici poeti suicidi: Saffo, Carlo Michelstaedter, Georg Trakl, Antonia Pozzi, Anne Sexton, Cesare Pavese, Amelia Rosselli, Stefano Coppola, Nadia Campana, Salvatore Toma, Claudia Ruggeri, per alcuni dei quali è stato molto difficile accedere a documenti e informazioni, considerata la poca notorietà e il breve “tragitto terreno” che si sono assegnati.
Sono dunque diversi gli interlocutori, ma uno soltanto è presente, l’autore. E’ lui che interroga, e colui/colei che risponde, lo fa con i versi che ha scritto (riportati in corsivo). I poeti con i quali Contessini dialoga sono identificabili dalla citazione d’apertura di ogni dialogo: undici poeti che hanno liberamente scelto di porre termine alla propria esistenza terrena. Un percorso per voci, una sfida nella quale si rischia di rimanere impigliati. Continua a leggere