
Eduardo Lizalde
E la paura è una cosa grande come l’odio.
es el suyo.
Eduardo Lizalde
E la paura è una cosa grande come l’odio.
es el suyo.
Ryan Murphy
PREMESSA
di Luigia Sorrentino
Olimpia, Tragedia del passaggio (in scena al Napoli Teatro Festival Italia al Giardino Romantico di Palazzo Reale il 16 luglio 2020, h.22.30) trova la sua ragione più profonda nella distanza dell’uomo contemporaneo dal suo frammento divino.
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Questo primo testo scritto per il teatro, che riprende alcune sezioni di Olimpia (Interlinea 2013) si presenta con un altro titolo e un nuovo personaggio, Empedocle.
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Il tema centrale di Olimpia, tragedia del passaggio è il transito fra nascita e morte, un passaggio senza peso, privi di qualsiasi sostegno materiale: «Sempre di più, il morire. Fluttuando nella sostanza emotiva che preserva e cura, svanisce la memoria di ciò che siamo. La transizione nella morte da vivi, provoca spaesamento. In un grumo di forze distese, avviene lo smantellamento, lo spostamento, l’inversione. Ritorniamo arcaici, al servizio di ciò che siamo già stati.» (v. in Olimpia, “La discendenza” pag. 79, Interlinea, 2013-2019).
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Voltarsi indietro significa quindi, entrare in dialogo – nella contemporaneità – con l’elemento poetico universalmente umano che porta a toccare la divinità, il canto dell’infinito radicato nell’umano, che ha origine in antiche tradizioni preelleniche, oscure, ctonie. Il transito ci conduce, pertanto, all’origine del linguaggio, alla meraviglia di un mondo che rinasce in forma di parola. Continua a leggere
Alle porte del Sud róse dal mare
agavi e capre bivaccano covando
il sangue fatto polvere nei secoli
vecchio odore immobile del mondo.
Mezzogiorno su razze dolorose
favola sbarcata come un padre
lamento della sete dei cammelli
ogni ulivo è per te una bandiera
ogni cuore l’arancia ritrovata
ogni donna la cavalla cavalcata.
Colmate le chiese d’incenso e di gridi
come battelli di spezie e di limoni
fanciulle atroci sull’antica schiena
affogano cantando il grosso sesso
uccello starnazzante rosso e nero
in un bagno mordace d’acquasanta.
Caldo corpo di favola e fuga
tinnante del frumento dalle pietre
Scirocco spada di Dio in processione
rosa in mano alle grige famiglie
nuvola e sonno maturo sopra i tetti. Continua a leggere
Die sommerwiese dürrt von arger flamme
Auf einem uferpfad zertretnen kleees
Sah ich mein haupt umwirrt von zähem schlamme
Im fluss trübrot von ferner donner grimm.
Nach irren nächten sind die morgen schlimm:
Die teuren gärten wurden dumpfe pferche
Mit bäumen voll unzeitig giftigen schneees
Und hoffnungslosen tones stieg die lerche.
Da trittst du durch das land mit leichten sohlen
Und es wird hell von farben die du maltest.
Du lehrst vom frohen zweig die früchte holen
Und jagst den schatten der im dunkel kreucht ..
Wer wüsste je – du und dein still geleucht –
Bänd ich zum danke dir nicht diese krone:
Dass du mir tage mehr als sonne strahltest
Und abende als jede sternenzone
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Devasta una maligna fiamma i campi
Da un argine di magra erba calpesta
vidi tra il fango torba la mia testa
nel fiume bieco di lontani lampi.
Da notti folli torbidi mattini:
avvelenata neve rifioriva
fatti acri stabbi i nitidi giardini
e sgomenta l’allodola saliva.
Tu vieni lieve ora per la campagna
e ai colori che temperi schiarisce.
Insegni a coglier frutti dalla rama
e scacci l’ombra che ne buio striscia…
Sapevi tu e la tua calma spera
che io ti offrirei ghirlanda di parole:
giorni tu mi raggirasti più del sole,
più di ogni zona d’astri qualche sera.
Stefan George, una poesia da Der siebente ring (Il settimo anello) 1907. La traduzione italiana è di Leone Traverso. Continua a leggere