Carmelo Pistillo, “Poesia da camera”

Carmelo Pistillo

Oltre il sipario della parola

di Luigi Cannillo

L’evocazione di una forma di teatro, a cui si riferisce il titolo della raccolta più recente di Carmelo Pistillo, Poesia da camera (Kammerpoesie) Stampa 2009, 2020, esercita diverse suggestioni. In questo periodo, nel quale palcoscenico e poltrone restano vuoti, può anche accendere la nostalgia degli spettacoli e della condivisione tra scena e pubblico e ne rilancia il desiderio e l’attesa. Il fatto poi che si tratti di “Poesia da camera” aggiunge un nuovo motivo: quello della voce nella rappresentazione di musica e parola in un ambiente di piccole dimensioni nella tradizione del Kammerspiel e della Kammermusik, con le sottili e intime sfumature del sentimento e nei loro risvolti psicologici. E anche sotto questo aspetto la raccolta può corrispondere a quanto percepiamo in un periodo di confinamento in piccoli spazi e di socialità ridotta. Il mondo vive rappresentato e ricostruito in ambienti delimitati che diventano scenario quotidiano.

Questo è il tessuto nel quale fluiscono le sezioni della raccolta: “Fiori nel camerino”, “La voce della ragazza e dell’addio”, “Ritorno a Bolgheri”, “Una manciata di biglie”, “La sonata” e “Quartetto sulla bellezza”. I protagonisti sono personaggi, soprattutto femminili, evocati in momenti o atteggiamenti salienti, sottolineati dalla tensione del gesto. Oppure luoghi con i loro paesaggi, spazi onirici e visionari. L’autore è coprotagonista, compartecipe, narratore: “Mi sono addormentato alla stazione/ al termine della ragione pura/ con le mani di un vecchio adolescente./ Mordendomi le labbra/ ho rivisto le funi della tua partenza/ unite come cavi in pericolo/ lungo la dorsale della fuga./ Di luogo in luogo.// So dove sei. Ma dove sei?/ Quale colore ha la tua patria?/ […]”

Nella nota finale Pistillo sottolinea il filo narrativo “involontario” che attraversa la raccolta in sequenze successive, con l’evocazione delle due donne amate e dell’uomo che le affianca e insegue, con il ritorno a Bolgheri e il testimone passato alla figlia quasi erede di quell’universo scandito in una serie di visioni, forse solo immaginato o trasfigurato nella creazione letteraria, le cui protagoniste, complici nell’illusione d’amore, sono diventate creature spettrali, “forse aspetto della stessa entità”.

Poesia da camera è una raccolta di intensa generosità espressiva. Insieme alle caratteristiche più introspettive, e quasi in controtendenza rispetto ad esse, è un libro di grandi gesti, di sentimenti laceranti e distacchi, nel filo narrativo che percorre le sezioni e vi si distende. L’esuberanza della versificazione si incontra con linguaggio che si esprime spesso per sottrazione, a volte con il ricorso a sintesi enigmatiche, a simboli e metafore a formare un quadro anche allegorico della passione (amorosa, erotica, poetica, artistica), della sua sorte nelle singole vite, delle sue sfide e dei fallimenti. Su tutto domina il senso della rappresentazione teatrale, musicale e poetica, che si dispiega in scenari, personaggi, luci.

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Patrick Williamson, da “Traversi”

Patrick Williamson, credits Photo Dino Ignani

Outhouse

Open, the air chills my neck,
pare the gloom, take down
the old scythe. Papers damp.
This is the burden. Burn them.

Blinkers, halters, take them
off the hook. These boxes,
yellow with crumbling stone,
collapse at the sides. Smoke.

That clock has struck its last,
but irons still clatter, look
through a glass, darkly, love,
billowing, more acrid. Be rid.

Emerge into sunlight. Squint.
You stand there, you swish
as tracks shuffle, light up,
outstretched hands. Ask me in.

Capanno

Apri, l’aria mi rinfresca il collo,
sbuccia le tenebre, tira giù
la vecchia falce. Giornali umidi.
Ecco il fardello. Bruciali.

Paraocchi, briglie, levali
dall’uncino. Queste scatole,
gialle di pietra in briciole,
si sfasciano ai lati. Fumo.

L’orologio ha battuto l’ultimo colpo,
ma i ferri tintinnano ancora, guarda,
attraverso un vetro, oscuro, amore,
in volute, più acre. Liberatene.

Emergi nel sole. Strizza gli occhi.
Te ne stai lì, un fruscìo mentre i brani
scorrono a caso, accendi una sigaretta,
le mani spalancate. Invitami. Continua a leggere

Milo De Angelis, “L’infinito presente”

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Milo De Angelis, (Credits / Viviana Nicodemo)

di Luigia Sorrentino

Per comprendere il percorso poetico di Milo De Angelis è necessario soffermarsi sulla familiarità e sulla relazione che il poeta ingaggia tra la potenza di una voce maschile e un’altra, femminile, caratteristica essenziale e centrale dell’intero discorso poetico. Spesso questa presenza si manifesta in una fugace apparizione o in una traccia improvvisa e drammatica del verso, percepita da una lontananza, da un luogo mitico e leggendario che il poeta rivive nella modernità assoluta dei suoi versi, in un infinito presente. Continua a leggere

Itinerary inVerses

invito_percorsiDa maggio a novembre 2015, in occasione di EXPO, nel Parco Reale di Monza è stato realizzato un itinerario di poesia e arte che ha favorito la conoscenza e il suo valore antropologico e umano primario. L’armonia del linguaggio poetico e del tratto grafico di Maria Micozzi hanno promosso un dialogo di corrispondenze con il paesaggio monzese. La poesia e l’arte hanno suscitato immagini e emozioni, diventando strumento e testimonianza della natura, nel suo valore assoluto, un canto, nello spirito della fioritura dell’unità Uomo-Natura.

Trenta i poeti :
Giancarlo Majorino, Luigi Cannillo, Davide Rondoni, Laura Ricci, Franco Buffoni, Roberto Deidier, Anna Maria Carpi, Guido Oldani, Elio Pecora, Tomaso Kemeny e altri.

La Casa della Poesia di Monza, in collaborazione con la casa editrice La Vita Felice ha raccolto nel volume Percorsi diversi, le poesie e le opere disegnate dall’artista Maria Micozzi. Continua a leggere

Luigi Cannillo, “Galleria del vento”

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Introduzione

di Sebastiano Aglieco

Si potrebbe dire che il grande tema della perdita attraversi tutto il nuovo libro di Luigi Cannillo. Ne è prova, ma non solo, il primo nucleo di poesie “L’ordine della madre”, concentrate intorno ai gesti postumi del figlio in lutto e che improvvisamente deve ricostruire e capire: la morte della madre tutto è, tranne che una questione sentimentale.
Così la parola si fa responsabile, le immagini vogliono respirare dentro un ordine e sembra quasi, leggendo, che ogni parola sia dovuta per compito. I versi non si sciolgono; restano alti, chiedono al lettore un’attenzione, un essere presenti, in coro. Troviamo le ricorrenze del limite, dove le parole vorrebbero custodire ciò che resta del dolore della casa.

Più ti incammini e la materia
si esaurisce asciugata dalla luce
che resta a segnare i confini
La distanza fra le case
ogni dislivello, tutto
pulsa unito nel salto

Ecco: da una parte la distanza, la corsa verso una luce infinita; dall’altra la finitezza che ci abita e che non ci chiede la resa ma l’ordine. Ora. Qui. Perché, dopo, esiste il tempo di un altro respiro, la dispersione delle orme. Continua a leggere