Francesco Russo, da “Poesie della ricucitura”

Francesco Russo

XV

So di una catastrofe imminente
ne dicono le case, i numeri
il pane: l’angelo pende
obliquo sul filo del nascere.
Con lui s’illumina una croce
dal primo e lungo grido di madre
fino al fine ultimo dell’ultimo
silenzio di consenso.

Ai posteri mi spero nessuno
col mio segreto sogno di verità.

*

Vorrei avere il talento, comprare
il pane alla bottega della morte
dentro notti buie come la peste
e camminare per le strade
fino alle risaie innamorate
di stanchi uomini sporti sul mare.

Potremo mai scambiarci nella sorte
il segreto obliquo che ci separa
o siamo martiri opposti al raccolto
affannato di un dolore comune?

*

Il primo verso di ogni uomo è un vagito:
il poeta deve chiudere il distico.

*

La parola si sfalda in primitivo
starsene calmo al grembo.

È un silenzio negli occhi del figlio
una forza alla nuca della sposa
a fondare la preistoria del nome:
ma-mma è l’origine della casa.

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Isacco Turina, “I destini minori”

Isacco Turina

Sentirti passare nel buio
come un seme nel frutto. Prevedere
il momento in cui mancheremo, il dopo
delle piazze crollati i campanili
superbi. Ti trovo nel buio:
da una palude immensa come un occhio
emerge la pupilla che mi sfiora. Dobbiamo
amare in silenzio la terra che ama
i morti come un marmo le sue vene.

*

Mi chiedi un figlio. Ovvero: come un dono
di carta colmo d’acqua, l’animale
che non posa sui rami e non sprofonda,
lama che divide le spighe
dai gambi, e il portatore sottopelle
di radici che ignora. La creatura
che stancherà i tuoi muscoli
fino a conoscerne ciascuno
e a tramandarti viva, ma staccato
il tuo viso da te come un affresco
mentre tu diventi muro. Mi chiedi
un figlio, dici, perché questo imbuto
che sentiamo d’essere, soffocato
di sabbia bagnata e muto benché
nutrito di tutte le parole
e d’altro ancora, restituisca infine
un granello alla terra, a tutti i libri
almeno una sillaba.

Isacco Turina, due poesie da I destini minori (Il ponte del sale, 2017)

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Gerardo Masuccio, “Fin qui visse un uomo”

Gerardo Masuccio

In fondo è l’attesa perenne
che sia primavera,
è il passo tremante che segue,
fuggendo, la stasi.

Ma tra i colpi del vero sorprende
– premura inaudita –
che di là dal tempo e dai luoghi
noi siamo reciproca cura.

*

Eravamo d’accordo, la morte
ci avrebbe sorpresi,
è per sola clemenza
– la sua – che si chiudono i giorni.

Dieci volte (o dodici, forse)
avevo in vent’anni fermato
alla tua la mia mano.

Ora che l’infinito ci svela
i suoi celeri tempi,
per noi resta una degna costante
la cifra precaria dell’uomo. Continua a leggere

Antonino Nocito Alloni, “La controra”

Antonino Nocito Alloni

LA CONTRORA  (Guida2018) è l’opera prima di narrativa di Antonino Nocito Alloni , nato a Napoli il 3 marzo 1977. A Portici, dove ha vissuto fino all’età di venticinque anni, ha frequentato l’Istituto dei padri Scolopi Glicerio Landriani di Bellavista. Laureato in ingegneria aerospaziale al Politecnico di Napoli, dal 2015 lavora in Leonardo alla divisione Elicotteri, presso la sezione staccata di Philadelphia, negli Stati Uniti d’America. Nel tempo libero, come volontario, tiene seminari di storia, cultura e lingua italiana all’America-Italy Society of Philadelphia.

UN ESTRATTO DAL LIBRO

Mola di Gaeta, 11 febbraio 1861

Amata Agata,
è iniziata la trattativa pe’la resa. Nonostante questo, i cannoneggiamenti continuano senza tregua, il nemico continua a fare morti anche se à vinto la guerra. Questa è davvero l’ultima volta che vi scrivo.
Vorrei tanto che non fosse così, ma non lo è e non posso ingannarvi. Non posso farlo, me ne dispiace tanto, questa è l’amara verità.
Cercate di dare un padre a mio figlio. Non crescetelo come un orfano, è il destino peggiore che possa immaginare per lui. E questo pensiero mi avvelena quanto mi rimane.


Forse, farò ancora in tempo a ricevere una vostra ultima lettera. Non indugiate nemmeno un attimo a rispondere. Consegnate anche solo poche parole a chi vi porta questa mia. Rispondetemi che ubbidirete a tutte le mie richieste. Continua a leggere

Matthias Ferrino, “La sottrazione”

Matthias Ferrino

La figura umana ha buchi neri
nella faccia e candeline sulla torta
tombale… e fatica attorno alle ossa
per un solo giorno di caldo e sudore.
Grande Madre della notte – silenzio
di tarlo adesso – uno spazzolino sfrega contro
il tondo giallo della luna – aprici all’istante,
alla via per il sorriso del mare. Deponi tutto
questo: la miseria, il sangue, noi… nella schiuma
dell’onda che riparte e ritorna, nell’amore
che lava la riva delle nostre gracili sorti. Continua a leggere